30 aneddoti sulla vita di Kurt Cobain che mi spezzano il cuore

Ristampata di recente da Il Saggiatore in una nuova edizione, la biografia di Kurt Cobain scritta da Charles R. Cross – Heavier Than Heaven (Più Pesante del Cielo) – rimane ad oggi il testo più completo per cercare di “capire” una delle figure più contorte e complesse della storia della musica rock, come quella dell’ex leader dei Nirvana. Forse davvero la rockstar più famosa e – al tempo stesso – meno compresa del pianeta. 

A trent’anni dalla sua morte ecco allora trenta aneddoti sulla sua vita che ci aiutano ad annullare la distanza – temporale, fisica ed emotiva – e che ancora oggi ci strappano un sorriso amaro, quando non ci strappano il cuore.


Estratto dal fumetto Nevermind di Tuono Pettinato

1. Boddah

A due anni Kurt si crea un amico immaginario di nome Boddah, ma siccome ci si stava affezionando troppo, a un certo punto, i genitori gli dissero che era partito per il Vietnam come lo zio. È il primo di tanti abbandoni mai accettati e infatti un giorno, mentre il piccolo Kurt sta giocando con un registratore della zia, casualmente impostato su “echo”, sente un riverbero della sua voce e pensa che sia il suo amico immaginario che lo sta chiamando: “stai parlando con me??? Boddah? Boddah?” cominciò a chiamare di rimando.

2. Polpetta del mese

A dodici anni venne selezionato per un profilo del giornaletto scolastico. La rubrica s’intitolava “Polpetta del mese” e recitava così: “Kurt è al settimo anno, ha i capelli biondi e gli occhi azzurri. La scuola gli piace. Le sue lezioni preferite sono quelle di musica e l’insegnante che gli piace di più è il professor Hepp. Il suo cibo preferito è la pizza e la bevanda la Coca. La sua frase preferita è «scusati»”. 

3. Confusione organizzata

Da adolescente scopre il punk ad un concerto gratuito dei Melvins tenuto nel parcheggio di un supermercato e inizia a indossare magliette colorate da lui coi nomi dei gruppi punk. Una di quelle che portava più spesso aveva la scritta “Organized Confusion” (Confusione Organizzata), uno slogan che sperava diventasse il nome della sua prima band – che poi invece si chiamerà “Fecal Matter” (Sostanza Fecale).

4. Under The Bridge

La storia dell’essere andato a vivere sotto un ponte a 17 anni raccontata più volte da Kurt – e narrata nel brano Something In The Way – è notoriamente un falso smentito da amici e parenti. La verità, tuttavia, è forse ancora più avvilente. Dopo essere andato via di casa Kurt ha dormito in svariati posti, il più disperato fu la sala d’aspetto dell’ospedale in cui era nato, dove per poter restare fingeva di essere un parente afflitto di qualche malato, mentre la sua unica malattia era la sua solitudine.

5. Il Bidello

Dopo aver abbandonato la scuola lavorò per qualche mese come inserviente nello stesso liceo in cui si sarebbe dovuto diplomare. Anche se la scuola era quasi finita il confronto con gli ex-compagni che si preparavano per andare al college lo umiliò nel profondo. Resistette due mesi e poi mollò. Per questo nel video di Smells Like Teen Spirit, tra studenti e cheerleader, vediamo anche un bidello che muove uno scopettone per pavimenti in una sorta di riscatto-omaggio a sé stesso (si pensi che soltanto due anni prima di diventare famoso non l’avevano voluto neanche per fare le pulizie in un canile).

6. Mi manca quel non so che

Nell’estate del’85 un Cobain ancora 18enne venne colto in fragrante e arrestato per aver scritto una frase su un muro che diceva: “Ain’t got no how watchamacallit”, ovvero “Mi manca quel non so che”. Di certo non gli mancava l’ironia.


Foto segnaletiche dell’arresto di Kurt Cobain
7. Prendi l’arte e mettila da parte

Essendo particolarmente bravo a disegnare, tra i suoi tanti lavoretti giovanili tentò anche di avviare un’impresa di decorazione di skateboard, ma fu contattato soltanto da un ragazzo che gli chiese una testa che esplodeva: dopo che Kurt ebbe eseguito l’opera, con sua piena soddisfazione, il cliente non lo pagò mai e la “ditta” chiuse amaramente i battenti.

8. La signora degli uccelli

Nei primi giorni di settembre dell’86 Kurt si recò a casa della sig.ra Hilary Richrod – la bibliotecaria di Aberdeen – per portarle un piccolo piccione con un’ala spezzata che aveva trovato per strada. “È ferito e non può volare” disse. La signora rimase interdetta un istante. “È lei la signora degli uccelli, no?” chiese Kurt. In effetti la signora gestiva l’organizzazione di salvataggio dei volatili selvatici di Aberdeen, ma nessuno era mai andato direttamente a casa sua. Kurt rimase lì a guardare mentre curava l’animale. Hilary Richrod aveva in casa due rari esemplari di “Succiacapre” in cattività e vedendolo interessato gli disse che una volta erano persino finiti in prima pagina sul quotidiano locale. “Io suono in un gruppo” rispose Kurt, “Ma non finirò mai in prima pagina sull’Aberdeen Daily World. Quegli uccelli mi battono alla grande!”. Non si era mai sbagliato così tanto.

9. Gli idioti incompetenti,
anzi “incompotenti”

In quegli anni Cobain aveva passato centinaia di ore a pensare al nome giusto per il suo gruppo. Tra le varie possibilità: Poo Poo Box (Scatola della pupù), Designer Drugs (Stupefacenti legali), Gut Bomb (Bomba intestinale), Egg Flog (Frusta per uovo), Pukeharrea (Vomitarrea), Puking Worms (Vermi vomitanti), Fish Food (Cibo per pesci), Bat Guana (Guano di pipistrello) e The Incompontent Fools (Gli idioti incompotenti, con incompetent volutamente scritto male).

10. Il primo concerto

Ancora senza nome Cobain e soci tennero il loro primo concerto in un paesello di tagliaboschi appena fuori Aberdeen, una sera piovosa di Marzo del 1987, davanti a un pubblico composto principalmente da taglialegna metallari che odiavano il punk: il concerto fu un vero disastro condito da una scazzottata tra le loro ragazze, una rissa per la birra e un tizio (Krist Novoselic) che continuava a lanciarsi mezzo nudo dalla finestra, finendo poi per urinare su tutte le auto parcheggiate fuori. Ma per Kurt se la folla si era astenuta dall’impiccarlo al lampione più vicino, allora era già un trionfo! Qualcuno gli aveva persino detto “non siete tanto male”, strappandogli un sorrisone. 

11. Il problema di ingrassare

Cobain viveva male la sua eccessiva magrezza. “Voleva sembrare più grosso” ricorda la sua ragazza dell’epoca Tracy Marander. “Non portava mai pantaloni corti a meno che non facesse davvero caldo perché si vergognava delle sue gambette”. Rispondeva persino agli annunci che reclamizzavano polverine ingrassanti. Una volta per una gita in spiaggia si presentò con i calzoni lunghi, una maglietta a maniche lunghe, una a maniche corte e due felpe.

12. Dei burini con i capelli verdi

Con l’aumentare dei concerti la fissa dell’aspetto peggiorò ulteriormente. Quando fece il suo primo live davanti a un pubblico di universitari tentò disperatamente di vestirsi a tono, sperando di passare per un sofisticato studente di Olympia e non per un semplice contadinotto di Aberdeen. Ne aveva discusso anche con i compagni dicendo che se avessero avuto tutti un’aria più sofisticata sarebbero stati presi più sul serio. Soffriva molto il classismo che si era trovato a combattere in certi ambienti per non essere marchiato a vita come un bifolco campagnolo. Per questo accusò duramente il colpo quando qualcuno del pubblico prese in giro il batterista Dave Foster, che era praticamente identico al Kurt di due anni prima. Quando gli disse di darsi un aggiustata, Foster gli rispose ferendolo ulteriormente: “Tanto sembreremmo dei burini anche con i capelli verdi”. 

13. Liberarsi dai dolori
della vita

Kurt passava molto tempo davanti alla televisione e visto che faceva fatica ad addormentarsi spesso restava sveglio tutta la notte a guardare documentari. Fu così che divenne buddhista e scelse di chiamare il gruppo Nirvana. Aveva scoperto che nel buddhismo il nirvana è “il raggiungimento della perfezione”, cioè il posto in cui si arriva quando si trascende il ciclo infinito di reincarnazioni e sofferenze umane, liberandosi dai dolori della vita. In quel periodo Kurt si riteneva buddhista, anche se la sua unica professione di fede era consistita nel guardare un documentario in tv.


Foto di Kurt Cobain dentro la macchina orgonica di William Burroughs
14. L’invenzione di “Kurdt Kobain”

Dopo aver tenuto un altro pessimo concerto Cobain inventò un proprio alter ego d’che avrebbe tirato fuori ogni volta che ne avesse avuto bisogno, per prendere le distanze da azioni o circostanze o anche più semplicemente dalla realtà. In questo caso scrisse una lettera indirizzata a Dale Crover (il precedente batterista) in cui in pratica si vantava di quel concerto, distorcendo la realtà a proprio piacimento in modo da trasformare l’evento in un successo. Fu una delle tantissime lettere scritte e mai spedite, nonché l’avvio della creazione del suo massimo personaggio, il mitico “Kurdt Kobain”, come aveva iniziato a storpiare il proprio nome.

15. Pronto? Sono un fan
dei Nirvana.

Nel 1988 Kurt Cobain chiamò la radio universitaria a cui aveva appena consegnato DI PERSONA il primo singolo dei Nirvana, spacciandosi per un fan che ne faceva richiesta. Peccato che all’epoca la band era pressoché sconosciuta e, pur avendo tentato di camuffare la voce, il dj Riz Rollins non faticò a riconoscere in lui lo stesso ragazzetto che gli aveva appena portato la registrazione. In ogni caso il pezzo andò in onda.

16. Credete di poterci PER FAVORE
mandare una risposta di Vaffanculo?

Deluso dalle promesse della Sub Pop, in quello stesso periodo Cobain iniziò a spedire alcuni demo del gruppo a varie case discografiche, dicendo che erano persino disposti a pagare di tasca propria le spese necessarie per l’incisione e la stampa del disco. In una lettera inviata alla Touch and Go arrivò a scrivere la seguente implorazione: “Siamo disposti a pagare la maggior parte della tiratura di mille copie del nostro lp e tutti i costi di registrazione. Vogliamo lavorare con la vostra etichetta. Credete di poterci per favore mandare una risposta di «vaffanculo» o «non siamo interessati» così non ci toccherà spendere altri soldi inviando altre cassette?”. 

17. Cara mamma, non ti scrivo

Il giorno prima del suo 22° compleanno Kurt scrisse una lettera alla madre che diceva: “È un piovoso pomeriggio di domenica e come sempre non c’è molto da fare, così ho pensato di scrivere una letterina. In realtà, visto che piove tutti i giorni e c’è poco movimento, ultimamente ho scritto un sacco. Credo sia sempre meglio che niente. Scrivo una canzone o una lettera, e per adesso ho la nausea delle canzoni. Be’, domani compio ventidue anni (e ancora non sono capace di scriverlo)”. Non completò mai quella lettera e non le mandò mai nemmeno quel frammento.

18. L’Impresa di pulizie

Nel gennaio 1990, nonostante un vero album (Bleach) e un tour serio alle spalle, Cobain era al verde. La realtà di una band underground come la loro era quella. Allora lui e Novoselic ebbero la geniale idea di avviare un’impresa di pulizie che avrebbero chiamato «Pine Tree Janitorial». Arrivarono persino a disegnare il volantino per la nuova ditta con immagini di lui e Krist che usavano la scopa e sotto la scritta «Limitiamo volutamente il numero di uffici serviti per poter pulire di persona e senza fretta». Nonostante li avessero distribuiti in tutta Olympia non si presentò alcun cliente e l’impresa fece la stessa fine di quella degli skate.


Volantino dell’impresa di pulizie di Cobain e Novoselic
19. Ti amo così tanto da
dare di stomaco

Quando Cobain s’innamorò di Tobi Vail – attivista femminista e batterista delle Bikini Kill – disse al suo compagno di stanza di Olympia Dylan Carson, che quella era “la prima donna che lo rendeva tanto nervoso da farlo vomitare”. Era uno dei suoi tanti modi contorti di dire ti amo. Tanto che alla fine lo disse esplicitamente, o meglio lo scrisse, nel testo di Aneurysm, nel passaggio che fa: “Love you so much it makes me sick” (Ti amo così tanto che mi fa dare di stomaco). I problemi di stomaco, in realtà, lo perseguiteranno per tutta la vita. Nessun medico ha mai capito perché. Sarebbe stato bello scoprire che era semplicemente innamorato, ma purtroppo non era così.

20. Nonna portami a casa

Nel settembre 1990 Kurt incide la prima canzone contenente dei riferimenti alla sua famiglia disfunzionale e all’abbandono da parte dei genitori (Sliver). Il brano è letteralmente il grido di aiuto di un bambino abbandonato presso i nonni che vuole tornare a casa propria. Il ritornello non fa altro che ripetere in continuazione “Grandma take me home/ Grandma take me home/ (Nonna portami a casa/ Nonna portami a casa)”, finché la canzone non si conclude col bambino che si addormenta guardando la tivù e si risveglia tra le braccia della madre. Nelle interviste Kurt ha sempre negato qualsiasi tipo di riferimento autobiografico, perché si vergognava dei suoi sentimenti, ma nessuno di chi gli era vicino gli ha mai creduto. 

21. About a Girl

Anche quando scrisse About a Girl – la sua prima vera canzone d’amore contorto – dedicata alla sua prima fidanzata Tracy, non ebbe il coraggio di dirle che l’aveva scritta per lei (nonostante lei gliel’avesse richiesta esplicitamente). Non lo disse nemmeno ai suoi compagni che quando gli chiesero quale fosse il titolo e di cosa parlasse il brano si sentirono rispondere laconicamente “Boh, non ne ho idea”, “di una ragazza” – ragion per cui alla fine decisero di intitolarla proprio così.

22. Mary Lou Lord e il Giainismo 

Quando s’innamorò di Mary Lou Lord (una musicista di Boston che faceva la busker in metropolitana) non le scrisse una canzone, ma le parlò tutto il tempo del Giainismo che aveva scoperto da poco sempre grazie a un documentario. “Mi disse che avevano ospedali per i piccioni, e che voleva unirsi a loro” ricorda lei. Uno dei concetti giainisti che più lo affascinava era la loro visione dell’aldilà. Il Giainismo prevede un universo che in realtà è una serie di inferni e paradisi concentrici. “Ogni giorno passiamo attraverso il paradiso e attraverso l’inferno” le raccontò estasiato.

23. Frances “Fagiolo” Cobain

Quando Kurt Cobain infine si accasò con Courtney Love, sposandosi in pigiama su una spiaggia delle Hawaii, lei era già incinta. In quel periodo aveva la fissa dei bambini focomelici e temeva che il feto potesse sviluppare qualche malformazione fisica, per questo fecero parecchie ecografie. Quando finalmente ebbe le prove che il feto si stava sviluppando correttamente si mise a piangere. Con un’ecografia ci fece un quadro, un’altra la inserì all’interno del singolo Lithium. E quando un nuovo esame fornì un video agli ultrasuoni del feto, ne chiese una copia che continuava a guardare a ripetizione sul videoregistratore: “Conosceva ogni millimetro di quei fotogrammi” – ricorda Jennifer Finch delle L7– “Continuava a dire «guarda che fagiolino»”. Per questo quando nacque la figlia di secondo nome la chiamarono proprio così: Frances BEAN (fagiolo) Cobain.


Foto 1: Matrimonio di Kurt e Courtney alle Hawaii
Foto 2: Ecografia di Frances Bean Cobain inserita in Lithium
24. Macaroni & cheese per tutti

Una sera Kurt e Courtney, freschi sposini, scoprirono che un negozio di dischi di Seattle aveva un intero scaffale di booteleg dei Nirvana piratati. A quel punto piantarono su un casino e decisero di portarsi via tutto il materiale pirata, ma il commesso protestò dicendo che il proprietario l’avrebbe licenziato se li avesse lasciati fare. Vedendoli irremovibili, il commesso prima si fece lasciare una nota per il suo capo con su scritto: “Non deve fare soldi su mio marito perché io ho da nutrire i miei figli. Con amore, signora Cobain”, a cui Kurt aggiunse soltanto: “Macaroni & cheese per tutti”. Poi, evidentemente poco convinto, e avendo capito di avere a che fare con due tipi strani, si lanciò e chiese se per caso Kurt fosse disposto ad assumerlo nel caso in cui l’avessero licenziato. Sul momento ottenne solo la nota firmata, ma il giorno dopo il negozio ricevette una telefonata: “ehi, lavora ancora per voi quel ragazzo dai capelli lunghi che era lì ieri sera?». 

25. La paura dell’Unplugged

Può sembrare assurdo per uno che ormai aveva suonato davanti a folle oceaniche senza vergognarsi praticamente di nulla, ma il giorno in cui avrebbe dovuto tenere l’esibizione acustica per il famoso Mtv Unplugged Kurt Cobain era letteralmente terrorizzato. Dopo aver interrotto il soundcheck andò dalla storica dirigente di Mtv, Amy Finnerty, per fare una richiesta particolare che tradiva un’insicurezza quasi fanciullesca: “Puoi fare in modo che tutte le persone a cui voglio bene mi siano sedute di fronte?” 

26. Nonna Iris

A inizio gennaio di quello che sarebbe stato il suo ultimo anno in vita, Kurt apprese che la sua amata nonna Iris – forse l’unica persona della sua famiglia a cui aveva sempre voluto bene – era stata ricoverata in ospedale per un problema di cuore. Vederla in quelle condizioni fu un duro colpo. A un certo punto squillò il telefono sul comodino: era il padre di Kurt, con cui ormai i rapporti erano deteriorati da anni. Fece per uscire, ma Iris l’afferrò per un braccio e gli porse la cornetta. Anche se voleva evitare il genitore, non riuscì a non obbedire alla richiesta di una donna moribonda e così ebbe la prima conversazione amichevole con suo padre da moltissimo tempo.

Prima di chiudere gli diede il suo numero di casa e gli chiese di chiamarlo: “Bisogna che ci vediamo presto” disse mentre riagganciava, poi guardò la nonna che stava sorridendo.

27. L’ultimo “incontro” con Krist

Quando la situazione con l’eroina precipitò, l’ultimo tentativo di imbarcare l’amico su un volo che lo portasse in una clinica di disintossicazione toccò al gigante buono Krist Novoselic. Ma quel martedì sera Kurt non ne voleva sapere di partire, prima tentò di gettarsi dalla macchina in corsa, poi mentre Krist lo stava letteralmente trascinando di peso al terminal, Kurt gli tirò un pugno in faccia. Provò a scappare, ma fu immediatamente placcato da Krist. Ne scaturì così un’assurda zuffa tra vecchi amici, sotto gli occhi allibiti dei viaggiatori, finché Kurt non riuscì a divincolarsi e a correre via urlando “vaffanculo!”. Era l’inizio della fine. Una volta tornato a casa Krist disse a sua moglie che in cuor suo sapeva che non avrebbe mai più rivisto vivo l’amico. Aveva ragione.

28. Il disegno dell’abbandono

Tuttavia, il giorno seguente Kurt si convinse a partire riaccendendo qualche speranza. Quando arrivò al centro di recupero Exodus di Los Angeles – dove sarebbe rimasto solo un giorno prima di fuggire di nuovo – gli fecero fare un compito, tipo test di Rorschach, in cui doveva illustrare una dozzina di parole. Quando gli chiesero di illustrare la parola «solitudine» disegnò una stradina con due giganteschi grattacieli ai lati, per la parola «dolore» una colonna vertebrale con un cervello e un cuore attaccati. Per «sicurezza» disegnò una cerchia di amici, per «resa» un uomo con una luce accecante che gli scaturiva dal corpo, per «depresso» un ombrello circondato da nodi, per «determinato» un piede che schiaccia una siringa. E nella pagina finale del compito, per illustrare la parola «abbandono» disegnò una figurina stilizzata grande come una formica in un panorama immenso. 


Disegno di Kurt Cobain per illustrare la parola “Surrender” – resa
29. L’ultima lettera non spedita,
ma comunque ricevuta

Quella che scrisse prima di spararsi un colpo di fucile in testa la sera del 5 aprile 1994 non era neanche la sua prima lettera da suicida. Un mese prima c’era già stata quella con la famosa citazione di Amleto – “Il dottor Baker dice che, come Amleto, devo scegliere tra la vita e la morte. Sto scegliendo la morte” – scritta in una camera d’albergo a cinque stelle. Quella volta, però, nella stanza 541 dell’Hotel Excelsior di Roma c’era anche Courtney Love che fece in tempo a chiamare i soccorsi per salvargli la vita. Questa volta, nella serra della sua casa di Seattle era da solo. Come in fondo si sentiva da tempo, anche quando era circondato da persone. Sarà forse per questo che la indirizzò al suo amico d’infanzia immaginario: 

“A Boddah”, […].

Il resto se siete arrivati fin qua probabilmente lo conoscete già (in caso contrario lo trovate qui)

30. Una postfazione alla
Leonard Cohen

Una cosa è certa. La tomba di Cobain non potrà mai essere profanata. Per il semplice fatto che non esiste. Il corpo fu fatto cremare e le sue ceneri sono state sparse in luoghi e tempi diversi. Una manciata fu seppellita subito da Courtney Love sotto il salice piantato davanti a casa. Il resto lo fece consacrare un mese dopo in un monastero buddhista, dove ne presero un’altra manciata per farne un’offerta votiva scultorea. Infine, il 31 maggio 1999, cinque anni dopo il suicidio di Kurt, la madre Wendy organizzò un’ultima cerimonia per il figlio, durante la quale Frances Bean Cobain – solo sei anni – sparse le ceneri del padre nel torrente McLane (nei pressi di Olympia), dove si sciolsero e conclusero la corsa scendendo a valle. Olympia era il luogo in cui era nato il Kurt Cobain scrittore di canzoni maturo. Ma come ha scritto Charles Cross “Un altro più grande frammento di destino lega quel preciso tratto di terra e acqua a quei resti mortali”. La sorgente del torrente McLane scaturisce da una piccola catena montuosa nota come Black Hills – le Colline Nere: era proprio lì che la famiglia Cobain portava il piccolo Kurt a giocare sulla neve, quando anche lui aveva solo sei anni, e faceva tutto il giorno su e giù dalla montagna con la slitta. 

Mai più nella vita sarà così felice di salire in cima e precipitare. 

(Give me a Leonard Cohen afterworld, so I can sigh eternally).

Pace, amore, empatia.