“A Kid from Coney Island” – ritratto di Stephon Marbury, leggenda di due continenti

Il 10 Marzo esce in alcune sale cinematografiche americane “A Kid From Coney Island”, il documentario che racconta la storia di Stephon Marbury, un personaggio unico. Marbury ha trasceso l’ideale di superstar passando dal successo al fallimento, per poi redimersi in Cina. Divinità underground, il talento newyorkese si è costruito un immaginario immortale che va dal modo di trattare il pallone fino alla scelta delle scarpe indossate.

Marbury non è un normale ragazzo di Coney Island. Steph era già venerato in tutta Brooklyn a 15 anni, quando iniziava a trascinare Abraham Lincoln High School diventando così il nuovo futuro fenomeno che da Brooklyn avrebbe dominato la NBA. Già all’epoca fu uno dei soggetti di The Last Shot, il libro di Darcy Frey.

La pellicola di Coodie Simmons e Chike Ozah (i Coodie & Chike dietro a vari video di Kanye West, Wale e molti altri) racconta di come Marbury sia cresciuto a New York identificando perfettamente la città in un mix di talento e aspettative. Le interviste a parenti, amici e personaggi illustri come Ray Allen, Fat Joe e Cam’ron aiutano anche a contestualizzare la New York dell’epoca, legata a doppio filo con la diffusione del crack.

“A Kid From Coney Island” vede nomi grossi anche tra I produttori: Kevin Durant e Forest Whitaker. L’avere un premio Oscar e un giocatore NBA dietro la lavorazione ha sicuramente aiutato a dipingere entrambi gli estremi della carriera di Marbury, fatta di successi ma anche di enormi delusioni. Le lacrime, le critiche, il passare da un massimo salariale all’esclusione totale dalla NBA in circa un anno. Tutto questo fa parte di Marbury.

Marbury allenatore, in Cina

Elemento chiave del documentario è anche il suo legame con la Cina, paese in cui ha giocato e che tuttora allena. Molti colleghi dell’ex talento di Georgia Tech vedono la Cina come un’ultima spiaggia in cui staccare un sostanzioso assegno prima di tornare negli USA. Marbury invece si è accasato in Cina, diventando portavoce di un movimento intero e ponte tra due culture politicamente e storicamente agli antipodi. Starbury, per rispolverare un soprannome storico, ha compiuto così bene questa missione che ora ha una sua statua a Pechino, come l’icona culturale che merita di essere.

Parte dell’appeal di Marbury deriva anche dall’estetica. Starbury fu tra i primi a mostrare tatuaggi sul collo e sulla testa, in pieno stile Brooklyn. Fat Joe e Cam’ron spiegano proprio questo nel documentario. Un’altra grande parte dell’estetica di Marbury sono le sneakers. Già dal suo arrivo in NBA decise di firmare con AND1, marchio che all’epoca aveva tre anni di vita e nessuna esperienza in NBA. Il legame con il quartiere e la strada era sempre fortissimo, essendo AND1 lo stesso brand dell’AND1 Mixtape Tour, praticamente la versione street degli Harlem Globetrotters.

Starbury in AND1, al suo primo anno in NBA con i Minnesota Timberwolves

La “cosa più Marbury” fatta da Marbury è senza dubbio l’aver creato il suo stesso brand di scarpe. Anno del Signore 2006, nasce Starbury. Dal marchio nacquero diversi modelli, primo dei quali fu la The Starbury One, ma tutti con una singola idea di fondo: il prezzo di retail doveva essere estremamente basso, inferiore ai 15 dollari, per permettere ai ragazzini delle famiglie povere di comprarle senza tirare la cinghia o peggio, iniziare a intraprendere attività criminali.

Il progetto di Marbury trovò subito molti consensi anche da parte dei suoi colleghi cestisti, tanto che il suo amico e compagno di squadra Steve Francis ha più volte usato diverse paia di Starbury per giocare sui parquet NBA. Quando fu il momento di scegliere un uomo immagine per il marchio, però, Steph decise di non cercarlo in NBA, ma scelse l’icona dello street basketball Luis Da Silva, noto ai più come Trikz, “il miglior ball-handler del pianeta”. Sempre per il legame con le strade di cui sopra, Marbury riuscì a trovare anche un uomo immagine in NBA. Ben Wallace infatti giocò le ultime porzioni di carriera con ai piedi un paio di Starbury Big Ben, la propria signature line marchiata Starbury.

Il ragazzo di Coney Island nella sua New York, con Starbury ai piedi

Dopo un primo anno utilizzato quasi come test, Starbury passò a produrre oltre 200 modelli originali tra scarpe, abbigliamento e prodotti non perfomance nel 2007, senza mai tradire la politica aziendale secondo cui un prodotto non poteva mai superare i 15 dollari. Dal 2009 l’azienda si bloccò e non produsse quasi più nulla, anche se Steph ha dichiarato che a breve dovrebbero arrivare alcune retro. Da quando è in Cina, Marbury è diventato il volto di 361°, colosso asiatico che vanta nel roster anche Aaron Gordon degli Orlando Magic.

Sempre unico e originale questo ragazzo di Coney Island.