L’idea di circolo va insieme a quella di aggregazione sincera e onesta. La stessa che ormai si ritrova solo in provincia ma che nelle città è sparita in favore di spazi frammentati.
I “terzi spazi”, teorizzati dal sociologo Ray Oldenburg nel saggio “The Great Good Place” del 1989, erano proprio questo: uno spazio “altro” da vivere fuori da quelli primari (casa) e secondari (lavoro). È qui che si inseriscono i circoli: luoghi di aggregazione in cui partecipare senza l’obbligo di acquistare qualcosa (come avviene invece per bar e negozi).
Un ruolo che, nella vita di quasi tutti, oggi può essere sostituito dagli spazi digitali e virtuali: dai social ai gruppi WhatsApp. Ma tornare al fisico? Sembra essere un desiderio crescente in un contesto in cui sono Starbucks e McDonald’s ad essersi appropriati di questa idea negli ultimi anni (distorcendola completamente).
Se oggi vogliamo tornare a giocare a burraco, ping pong o solo vogliamo trovare il nostro posto (fuori dall’online), forse è proprio perché mancano “terzi spazi” onesti. I circoli che hanno storicamente ricoperto questo ruolo oggi sono quasi totalmente spariti dalle zone urbane.


