Quando incontriamo Michele, che molti conoscono più come Wad, la prima cosa che dice per descriversi in tre aggettivi è: pugliese, caotico e daydreamer. Un mix curioso che fa subito intuire il suo spirito: radici ben salde e una mente creativa, costantemente impegnata a guardare verso il futuro, immaginando e progettando cose nuove.
L’abbiamo intervistato negli studi di Radio Deejay, di cui ormai è diventato una voce simbolo, perché coinvolto – assieme a una serie di artisti, creativi e digital creator nei campi della musica, del gaming e dello sport – nella nuova campagna Unlike Anything di HEYDUDE, che sceglie di andare oltre il semplice prodotto per indagare in profondità cosa significhi, al giorno d’oggi, essere davvero unici e autentici.
Quando, all’inizio dell’intervista, gli chiediamo se esiste un’etichetta con cui si definirebbe oggi, lui ne cita tre: giornalista, conduttore radiofonico e creativo.
«Il giornalismo è il mio background e mi dà il rigore, la creatività spero di avercela, perché poi in fondo la creatività tutti ce l’abbiamo e nessuno ce l’ha, mentre la radio è la mia vera casa, il mezzo che mi fa sentire vivo».
Viene da chiedersi perché, in un’epoca così digitalizzata, si scelga proprio la radio. Cosa può offrire in più rispetto agli altri media?
«La radio ha un fascino storico incredibile che supera tutte le evoluzioni digitali. È il mezzo più antico al mondo, eppure è ancora vivo, riesce a farsi travolgere o, a sua volta, a travolgere tutte le novità dettate dal progresso. È davvero un media liquido, fluido, che continui a trovare ovunque e che sarà sempre in grado di rinnovarsi».
Come è successo, ad esempio, con i social, che all’inizio sembravano una minaccia, qualcosa che avrebbe potuto sostituire o affossare la radio, ma che invece la radio ha assorbito e fatto propri, trasformando i contenuti trasmessi in diretta in short per TikTok, Instagram o YouTube, raggiungendo così un pubblico vastissimo.
Il pubblico è, peraltro, un altro di quegli elementi che hanno subito un’evoluzione enorme da quando Wad ha iniziato, fino a oggi. «Non è più omogeneo, ma si è segmentato tantissimo: oggi c’è chi ascolta la radio in macchina, chi preferisce vedere una versione estesa su YouTube senza canzoni, chi fruisce dei contenuti social senza nemmeno essere consapevole che provengano dalla radio». In generale, è cresciuto moltissimo, sia in termini numerici che di varietà anagrafica, anche se resta difficile misurare con precisione l’ascolto, proprio perché è sparso su molte piattaforme diverse. Ci fa notare che oggi la radio è intrattenimento per tutti, dal bambino di due anni alla nonna di ottant’anni, e il vero lavoro sta nel riuscire a coinvolgere un pubblico così ampio con temi interessanti per tutte le età.
Al di là delle evoluzioni, ciò che resta evidente è la capacità del mezzo di raccontare storie, che spesso possono essere rese uniche da uno stile e da un tono di voce ben distinguibile. Ed è esattamente questo che ha portato WAD a essere oggi una delle voci più riconoscibili della radio italiana.
Andando in onda quasi tutte le sere da anni a questa parte, ha condotto oltre un centinaio di interviste – tra le più significative ricorda, ad esempio, Dua Lipa e Roberto Saviano – eppure ci racconta che ognuna è, per lui, unica e diversa. Ciò che fa la differenza è la sintonia e l’energia che si crea con l’ospite, oltre allo studio che avviene prima di ogni puntata. «La preparazione è fondamentale. Quello che avviene live è un gioco sottile che tenta di portare l’ospite nel mio mondo o di far entrare me nel suo, facendo sembrare tutto ciò semplice e spontaneo. Per garantire questo, la ricerca e la professionalità sono imprescindibili. Così come l’autenticità».
Ed è stata proprio l’autenticità il primo valore che ha legato Wad al messaggio di HEYDUDE. In un mondo in cui è sempre più difficile essere autentici, non indossare maschere ed esporsi anche con le proprie debolezze, la nuova campagna del brand italiano – intitolata non a caso Unlike Anything – è, prima di tutto, un invito a essere se stessi, a sviluppare la propria personalità in modo autentico, creativo e originale.
«Quello che da subito mi ha convinto a partecipare è stato il fatto che non si trattava solo di “indossare una scarpa”, ma di poter raccontare storie, come quella di Fela Kuti, artista nigeriano, o del Cubatón, una nuova corrente musicale che ha origine a Cuba. Storie musicali di nicchia che difficilmente avrei avuto altrimenti l’occasione di far conoscere al grande pubblico».
Anche se oggi si punta molto sull’estetica, per Michele il contenuto rimane l’ossigeno di tutto ciò che fa, anche nelle collaborazioni con i brand. È questo che lo spinge, anche dopo tanti anni, a cercare sempre nuove sfide. «In me ho il DNA del DJ, la voglia di guardare avanti e scoprire la prossima novità musicale e magari raccontarla prima di tutti gli altri».
È un gioco, dice, che spesso non porta a vincere niente, ma è quel fuoco che accende ogni suo giorno di lavoro. «Vivo tantissimo il momento. Penso al presente, anche se a volte questo significa dimenticarsi in fretta delle cose belle». Però è anche questo mindset che lo aiuta a scoprire nuovi talenti e a continuare la sua missione: raccontare storie, scoprire il nuovo, restare autentico e farlo con passione, curiosità e un po’ di caos.