Tra poco più di un anno, il 26 giugno 2021 per l’esattezza, saranno trascorsi esattamente venticinque anni da quello che in molti considerano il Draft NBA migliore di sempre. La “Classe del 1996” si è subito imposta come il principale termine di paragone per ogni annata precedente o successiva con dieci All- Star scelti nelle prime venti posizioni, quattro di questi già selezionati per la Hall of Fame.
Complice il record di 18 vittorie e 64 sconfitte registrato nella stagione ’95-’96, i Philadelphia 76ers ottennero la prima scelta al Draft successivo, contemporaneamente una fortuna che può cambiare la storia di una franchigia e una responsabilità enorme vista la profondità della Classe destinata al debutto l’anno successivo.
Con la prima scelta assoluta al Draft NBA del 1996, i Philadelphia 76ers scelsero Allen Iverson, da Georgetown University. La scelta oggi può sembrare quasi scontata nonostante l’enorme concorrenza, facile ragionare conoscendo i capitoli successivi della storia. Erano in tanti, però, gli analisti e gli esperti che nel 1996 consideravano Iverson una mela marcia, una scelta che avrebbe portato a chiunque più rischi che benefici. Nonostante due impressionanti stagioni trascorse a Georgetown sotto Coach Thompson, sul curriculum di Iverson pesavano i problemi fuori dal campo: a seguito di una violenta rissa il giocatore venne giudicato come adulto e finì per trascorrere quattro mesi in carcere a Newport News, prima che gli fosse garantita una grazia dal Governatore della Virginia. Durante gli anni trascorsi a Hampton alla Bethel High School, Iverson riuscì invece ad affermarsi come un prospetto di prima fascia a livello nazionale sia nel basket che nel football, finendo per mettere a grave rischio l’interesse dimostrato dalle Università di tutto il paese proprio con la famigerata rissa al Bowling.
Come detto, in tanti avevano paura che in assenza di un’importante figura paterna come John Thompson i problemi fuori dal parquet si sarebbero riproposti rapidamente in NBA, amplificati dai guadagni derivanti da una buona scelta al Draft e dall’attenzione delle classiche “cattive compagnie”. Oltre a tutto ciò, in tanti nell’NBA consideravano Iverson e il suo (forse) metro e ottanta sottodimensionati anche per il ruolo di guardia. Le squadre NBA erano ancora strutturate attorno ai lunghi: nelle prime cinque scelte del Draft 1994 sono presenti Joe Smith, Antonio McDyess, Rasheed Wallace e Kevin Garnett, mentre con la prima scelta al Draft 1997 i San Antonio Spurs avrebbero scelto Tim Duncan.
La storia ci ha insegnato che i rischi assunti da Philadelphia pagarono. Quel giovane giocatore da Georgetown, troppo magro e troppo basso, avrebbe rivoluzionato per sempre la pallacanestro creando nel primo decennio della sua carriera un legame con i tifosi dei 76ers che ha pochi eguali nello sport. Nacque così la leggenda di “The Answer”, la risposta.
A puntare tutto su Iverson nel 1996 non furono soltanto i Philadelphia 76ers, ma anche Reebok. Nella primavera del 1996 il marchio inglese decise che era giunto il momento di trovare un nuovo volto in NBA. Fino a quel momento il principale testimonial di Reebok Basketball era stato Shaquille O’Neal, ormai da tempo però circolavano voci riguardo un possibile addio del centro agli Orlando Magic e l’estate ’96, complici le Olimpiadi di Atlanta, segnava un punto di svolta anche nel rapporto tra Shaq e Reebok. Così il brand decise che avrebbe trovato il suo nuovo volto tra i giovani della “Class of ‘96” mettendo un rookie al centro della propria comunicazione, proprio come accadde con Shaq nel 1992. Il progetto per una nuova “signature shoe” venne affidato a Scott Hewett ancor prima di sapere chi le avrebbe indossate o quali giocatori sarebbero stati scelti al Draft del giugno successivo. La scelta di Reebok ricadde su Allen Iverson. Come abbiamo visto non era assolutamente scontato che la star di Georgetown sarebbe finita alla prima scelta, ma la personalità e le prodezze di Iverson impressionarono Reebok al punto che lo staff del marchio formalizzò una proposta per il giocatore ancor prima del Draft, qualunque fosse la squadra in cui sarebbe finito.
La scelta di Iverson da parte di Reebok rappresentò anche una grande sfida a Nike: lo Swoosh sponsorizzava da oltre un decennio i Georgetown Hoyas e fin dall’inizio degli anni ’80 John Thompson era legato all’azienda di Beaverton. La presenza di Nike nei più importanti programmi di College Basketball della nazione gli garantiva una corsia preferenziale per firmare molti dei grandi campioni in uscita dall’NCAA prima del loro arrivo in NBA. L’offerta di Reebok doveva quindi essere competitiva, abbastanza da convincere Iverson ad allontanarsi dallo Swoosh per firmare con un brand che in quel momento aveva come principali esponenti in NBA Shawn Kemp e Nick Van Exel, oltre al già citato Shaq in uscita.
Mentre Iverson affrontava i suoi primi allenamenti da Sixer indossando le Reebok Blast di Nick Van Exel, furono prodotte le prime paia della scarpa disegnata da Hewett, una versione grezza di quella che in pochi mesi sarebbe diventata la Reebok Question, il primo pro model di Allen Iverson.
La Question sarà ai piedi di Iverson durante tutta la sua prima stagione a Philadelphia, in cui nonostante non ci sia un miglioramento dal punto di vista del record (soltanto quattro vittorie in più) saranno molti i traguardi raggiunti dal numero 3: ventitré punti di media in settantasei gare disputate e il trofeo di Rookie dell’Anno, oltre a quello di MVP del Rookie Challenge all’All Star Game 1997 nella Eastern Conference guidata dal leggendario Red Auerbach. Il momento della stagione ’96/’97 che tutti ricordano, però, è il cross over ai danni di Michael Jordan nella partita contro i Chicago Bulls del 12 marzo 1997. Ai piedi, ovviamente, le sue Reebok Question.
La prima release della Question venne fissata da Reebok per l’autunno del 1996. Le due versioni in pelle bianca con punta “pearlized” rossa e blu divennero immediatamente un must-have per i tifosi di Phila, andando rapidamente sold out. In pochi, però, sanno che sempre nel 1996 Reebok realizzò soltanto 2.600 paia di una versione speciale della Question con una punta in suede rosso, una delle più ricercate dai collezionisti.
Negli anni successivi Reebok avrebbe lanciato con successo la linea “Answer”, una delle più longeve nella storia delle scarpe da pallacanestro. Contrariamente a quanto accade normalmente, Reebok decise di non togliere mai la Question dalla produzione, realizzando nel corso della carriera del giocatore a Philadelphia oltre cento diverse colorazioni tra Low e Mid. All’inizio degli anni ’00 Reebok realizzò diverse edizioni speciali della Question: la più celebre è senza dubbio quella con la toe box nera utilizzata da Iverson durante la performance che gli è valsa il titolo di MVP all’All Star Game del 2001 a Washington, meno conosciuta quella realizzata per l’edizione precedente a Oakland in versione giallo-blu.
Nel 2003 Reebok scelse la Question come modello da far indossare ai migliori talenti delle High School statunitensi durante il tradizionale McDonald’s All American, a cui prese parte anche LeBron James per il quale Reebok realizzò anche un PE con i colori della sua St. Vincent St. Mary’s High School nella speranza di potergli proporre un contratto anche al suo arrivo in NBA nell’estate dello stesso anno. Sempre nel 2003 Reebok realizzò delle Player Exclusives per Kobe Bryant con i colori dei suoi Los Angeles Lakers, perché potesse indossarli durante la stagione ’03/’04. Bryant aveva da poco rescisso il suo contratto con adidas ed era ufficialmente uno “sneaker free agent”, nonostante fosse obbligato da una clausola di non competizione con il marchio tedesco a non indossare scarpe dello stesso brand per più di tre partite consecutive. Proprio la versione “home” della Question di Kobe Bryant era destinata a tornare sugli scaffali durante l’All Star Weekend di Chicago, release in seguito sospesa da Reebok a causa del tragico incidente in cui Bryant ha perso la vita insieme alla figlia Gianna e agli altri sette passeggeri dell’elicottero su cui stavano viaggiando.
Nelle scorse settimane Reebok ha annunciato l’inizio di un programma di lanci speciali che termineranno nell’estate 2021 per celebrare i venticinque anni trascorsi dal lancio ufficiale della Question. Il primo step vedrà il ritorno delle “Suede Toe”, oltre alla release di una collaborazione realizzata con Eric Emanuel e la pubblicazione di una fanzine intitolata “Beyond Question: the legacy of Allen Iverson”. Soltanto settantacinque copie fisiche della fanzine autografate da Iverson saranno disponibili in raffle, mentre la versione digitale può essere letta e scaricata qui.
Quel contratto da 50 milioni di dollari in dieci anni firmato nel 1996 da Allen Iverson con Reebok si è trasformato in un contratto a vita. Il rapporto con Reebok è stato una delle poche costanti nella carriera di A.I., soprattutto nella difficile fase finale. Se chi ha potuto vedere Iverson all’opera a Georgetown e nei suoi primi anni ai Sixers può giurare che era prevedibile che quel ragazzo troppo basso e troppo magro avrebbe lasciato un segno profondo sul basket NBA, nessuno avrebbe potuto prevedere l’impatto di Iverson sulla storia di Reebok e sulla sneaker culture in generale. Un’icona di stile dentro e fuori dal campo.