Lo sappiamo che in queste settimane vi state pompando a tutto volume l’ultimo mixtape della Dark Polo Gang, ma vi siete chiesti come mai la sesta traccia di DARK BOYS CLUB si chiama AMIRI BOYS? Anzi, forse sarebbe più giusto ancora chiedersi per quale motivo AMIRI venga citato più di qualsiasi altro nome nei testi rap degli ultimi anni.
Gli esempi che ci portano a pensare che sia il marchio preferito dai rapper sono infatti pressoché infiniti: dalle citazioni di Gunna a quelle di Capo Plaza, passando per Drake e Future, fino ad arrivare alla sfida social di Sfera Ebbasta e Tony Effe su chi avesse più paia di jeans targati AMIRI, ma anche gli avvistamenti in pubblico dei Migos con indosso i capi del brand.
Insomma, come ha fatto AMIRI a riscontrare in breve tempo tutto questo successo? Per rispondere a queste domande forse dobbiamo ripercorrere la sua storia e per farlo non è necessario neanche andare troppo indietro, perché, pensate un po’, AMIRI è stato fondato nel 2014.
Innanzitutto, la prima cosa che dobbiamo capire è che c’è sempre stato un legame profondo tra Mike Amiri Pusa e la musica. Prima di debuttare nel fashion business, il designer si faceva infatti chiamare Micki Eyes ed era a tutti gli effetti un membro dei Drunken Tiger, gruppo hip hop coreano che come precursore ha contribuito a far diventare mainstream il genere K-POP.
Una volta chiusa questa parentesi, Mike Amiri trovò impiego come consulente per giovani startup e al tempo stesso cominciò a nutrire un forte interesse per la moda, così, trasportato dalle vibranti influenze musicali, si mise a produrre capi d’abbigliamento girando per i famosissimi mercatini vintage americani e utilizzando alcune tecniche di lavorazione homemade, come per esempio bucare i tessuti a colpi di fucile, per poi postare su Instagram le foto senza alcuno scopo commerciale.
L’elemento chiave che dobbiamo assolutamente considerare è però il contesto in cui l’aspirante stilista di origine iraniana decide di cominciare la sua carriera. Siamo a Los Angeles, la patria delle star e del rock’n’roll, dove sottoculture e ispirazioni di ogni genere si mescolano sprigionando creatività allo stato puro. Circondato da questi fattori, Amiri riesce ad attirare l’attenzione ricevendo commissioni da parte di alcuni cantanti che volevano a tutti costi i suoi articoli customizzati.
Dopo le prime esperienze, l’idea di fondare un proprio brand nel senso stretto della parola si fa sempre più insistente e così, una volta raccolti i soldi necessari, Mike Amiri comincia a lavorare a collezioni complete in un appartamento di Beverly Hills, dove disegna, crea artigianalmente e spedisce i propri articoli. Da quel momento il prossimo traguardo da raggiungere è vendere le propria linea all’interno di Maxfield LA, uno store che rappresenta un trampolino di lancio per i nuovi talenti della moda.
Ben presto quel sogno si realizza e da lì in poi l’ascesa è continua.
AMIRI diventa uno dei nomi più interessanti del fashion business, apprezzatissimo dai VIP e dalle personalità di spicco del settore. Nel 2018 viene nominato dal Council of Fashion Designers of America per il premio Swarovski Award for Emerging Talent e l’anno successivo addirittura come Menswear Designer Of The Year. Infine, anche il gruppo OTB di Renzo Rosso, che possiede Diesel, Marni e Maison Margiela, vede del potenziale in lui e decide di acquistare una quota dell’azienda.
Nonostante in soli sei anni dalla sua nascita sia riuscito a diventare un modello di business internazionale con un fatturato annuo pari a 60 milioni di dollari, il marchio è sempre rimasto fedele alla sua terra, mantenendo la produzione in California e ispirandosi costantemente a figure come Kurt Cobain, Mick Jagger e i Sex Pistols, pur sfilando a Parigi e guardando alle più prestigiose maison europee come punto di riferimento.
Ma tornando alla nostra prima domanda, perché AMIRI è il brand preferito dai rapper?
Forse ora vi sarete resi conto che la risposta è scontata: i suoi jeans super skinny ricamati da €1.200, le sue t-shirt tie-dye e i suoi maglioni oversize strappati incarnano perfettamente il concetto di lusso moderno e l’ideale per il guardaroba di una rockstar, figura alla quale i rapper d’oggi ambiscono più di qualsiasi altra cosa.