Baby Gang è una voce di cui l’Italia ha bisogno

In un panorama musicale condizionato da imprevedibili algoritmi e dinamiche social, in cui le carriere degli artisti sono sempre più volatili e passeggere, il nuovo disco di Baby Gang è un grido d’urgenza che conferma un talento cristallino.

L’angelo del male, pubblicato questa notte, è un disco nato in mezzo a infinite di difficoltà. Iniziato a scrivere in comunità, è stato registrato quasi per intero nel corso dell’ultimo anno, trascorso da Baby in una condizione di obbligo di dimora, per il quale gli era imposto il divieto di allontanarsi da casa tra le 20 e le 9 del mattino. Le difficoltà legali e logistiche, si sono sommate ad altre, inevitabili, di carattere psicologico, che ogni giorno lo obbligano a pensare anche ad altre questioni oltre alla musica. Una situazione già parecchio delicata e pesante, a cui si è aggiunta la decisione dei giudizi del gennaio scorso, che hanno sostituito la misura cautelare dell’obbligo di dimora con quella degli arresti domiciliari. Nessuna promo per il disco dunque, nessun videoclip, nessuna intervista rilasciata. L’impossibilità, ancora una volta, di esibirsi live.

Il racconto delle proprie esperienze Baby l’ha potuto affidare esclusivamente alla sua musica. L’angelo del male è un disco ricco e completo, a partire dall’eterogeneità dei suoni, all’interno del quale i tanti featuring (ben 18) non oscurano mai la presenza di Baby Gang, particolarmente a fuoco nelle strofe nonché unico vero protagonista del progetto. Già al primo ascolto, le 14 tracce arrivano dritte come un pugno nello stomaco. Attraverso una narrazione cruda e un lessico essenziale, il rapper classe 01′ plasma immagini autentiche e potentissime, di fronte alle quali è difficile restare indifferenti.

Negli ultimi anni il suo nome è stato sulla bocca di tutti. Spesso si è parlato di Baby Gang con superficialità, dimenticandosi che altro non è che ragazzo di 22 anni innamorato della musica, dove racconta in rima la sua storia, la sua sofferenza e la sua rivincita. Sua ma anche di migliaia di altri ragazzi nati in Italia e segnati da una mancata inclusione, costretti a crescere in quartieri-ghetto abbandonati, in condizioni di evidente svantaggio sociale. Una generazione sottorappresentata, troppo spesso lasciata ai margini della società, di cui Zaccaria Mouhib è la voce più autentica e genuina.

Nessuno come Baby Gang in Italia racconta certe dinamiche, spesso scomode ma altrettanto reali, che tanti non conoscono e che altrettanti fanno finta di non conoscere. Di una voce forte come la sua oggi l’Italia ha dannatamente bisogno.