Baby Reindeer non è stato capito fino in fondo

Baby Reindeer è la serie del momento. Rilasciata lo scorso 11 di aprile, occupa stabilente da settimane la posizione numero uno nella classifica delle serie TV più viste su Netflix.

Apparsa sulla piattaforma senza preavviso lo scorso 11 di aprile, Baby Reindeer è una miniserie composta da sette episodi e presentata come una storia di stalking. Si basa su una storia vera, che l’autore e attore protagonista Richard Gadd aveva già raccontato in un suo spettacolo teatrale dal titolo Monkey See Monkey Do, che nel 2017 vinse l’Edinburgh Award per la miglior commedia durante il Fringe di Edimburgo, in Scozia, uno dei più grandi festival di teatro al mondo.

Sebbene risulti presentata come tale è tutt’altro che una serie comica, che affronta in maniera brillante i pregiudizi di genere, trattando di stalking, abusi e relazioni complesse con sé stessi e con gli altri e indagandone le difficile conseguenze psicologiche.

Se da un lato il fatto che si tratti di una storia vera è stata una componente fondamentale per il clamore raccolto dalla serie, dall’altro ha provocato un effetto boomerang, il cui slancio è stato impossibile da fermare. Negli ultimi giorni infatti, lo scrittore, gli attori e tutte le persone reali ritratte in Baby Reindeer sono stati oggetto di centinaia di articoli, speculazioni e ossessioni, che stanno coinvolgendo anche avvocati e polizia.

Nelle interviste rilasciate Richard Gadd assicura di aver cambiato molti dettagli per tutelare la sua stalker nel renderla non riconoscibile. Sul suo account Instagram l’attore e comico ha inoltre esplicitamente chiesto ai followers di trattenersi nel fare speculazioni su chi potrebbero essere i personaggi nella vita reale, sottolineando come non fosse questo il vero scopo dello show.

La richiesta è stata però in gran parte ignorata. Mettendo assieme gli indizi rilasciati lungo tutta la serie, ben poco tempo ci ha messo infatti l’universo dell’Internet a identificare la reale donna che ha ispirato il personaggio di Martha Scott, risalendo a un profilo X, ancora oggi pieno di messaggi deliranti.

Una donna scozzese, di cui non si conosce il nome, è stata identificata come la Martha della serie. Nei giorni scorsi la donna in questione ha rilasciato un’intervista in forma anonima in cui sostiene di essere la vera vittima della storia, di conoscere a malapena il “comico fallito” e di essere stata negli ultimi giorni “attaccata da pazzi stalker su internet”. Ha aggiunto di essere stata in compagnia di Richard Gadd in alcune occasioni, ma di non averlo mai perseguitato come la serie racconta, nonché di non vederlo da 12 anni, accusando la serie di essere una grave intrusione nella sua privacy e affermando di star valutando se intraprendere azioni legali contro il comico che ha ideato la serie.

Oltre alle ricadute legali, una lite morale infuria da giorni, fra chi attribuisce la colpa al perverso il popolo di Internet e chi invece attacca autore e produttore televisivi, reputandoli i veri e unici responsabili dell’accaduto. Il dibattito che ne è scaturito, tanto legale quanto morale, porta con sé importanti riflessioni sull’etica di ogni forma d’arte, destinate a cambiare il modo in cui l’autobiografia romanzata viene intesa, qualunque sia la sua forma espressiva.