Belle le svendite, ma non sono sostenibili

A tutti piace risparmiare, soprattutto se si parla di abbigliamento e di capi firmati venduti a cifre da capogiro. E proprio questo è uno dei motivi – ma non l’unico – per cui nell’ultimo anno hanno cominciato a diffondersi un’infinità di video, pagine e influencer dedicati a una “pratica” non del tutto nuova: quella delle svendite, o i cosiddetti sample sale. Ma per quanto sia invitante l’idea di riuscire ad accaparrarsi la borsa o la giacca che volevamo da mesi a un prezzo molto inferiore, ciò che questi eventi rappresentano non è altrettanto positivo

Archive sale, sample sale, svendite, saldi speciali. Chiamateli come volete, il risultato è sempre lo stesso: marchi, negozi multimarca o agenzie organizzano giornate dedicate alla vendita di prodotti delle collezioni passate, ovviamente super scontati e in grandi quantità (si spera). Fino a qualche anno fa questa tipologia di eventi era qualcosa di esclusivo, spesso riservato esclusivamente ai dipendenti degli stessi brand, insieme a famigliari e addetti ai lavori, e a cui si poteva accedere solamente su invito. Recentemente, però, questa tendenza è cambiata, diventando non solo un argomento di grande rilevanza sui social ma anche momenti che effettivamente attirano centinaia, se non migliaia, di persone, disposte a invadere interi isolati nelle città in cui si svolgono. 

Visto il successo, gli archive sale stanno diventando sempre più frequenti, quasi all’ordine del giorno. Se seguite un qualsiasi marchio sui social, infatti, vi sarà capitato per forza di vedere l’annuncio della loro prossima svendita in qualche città del mondo, così come è molto improbabile che non vi sia mai comparso nel feed un vlog di una delle leggendarie svendite di Dover Street Market o una recensione riguardo a taglie, prezzi e range di prodotti di quella di The Row a New York. 

@basementapproved Dover street markets 1st archive sale in 6 years🤯 #basementapproved #doverstreetmarket #samplesale ♬ original sound – Basement Approved

Anche se nessuno è immune al potere dello sconto, ormai non è solo questo ad attrarre il pubblico: i sample sale si sono trasformati nel “place-to-be” per tutti gli appassionati, un’avventura da vivere in prima persona che si scontra con la tradizionale esperienza di shopping online. Non importa quante ore di fila ci siano da fare: i saldi sono diventati sia ciò che permette di sfamare la sete di nuovi acquisti, sia un momento di aggregazione sociale e di creazione di contenuti per i propri profili. 

Sarebbe tutto così bello se il discorso finisse così: tante persone si riuniscono in nome della loro passione per la moda (e dello shopping compulsivo), comprano ciò che avevano messo nella loro wishlist di qualche sito (spesso per noia) e nel frattempo fanno pure nuove amicizie. Purtroppo però il discorso è più complicato. I sample sale possono essere sì visti come una strategia di marketing messa in atto dai brand per attirare l’attenzione intorno a essi, generando anche introiti, ma il più delle volte sono solamente il risultato di un sistema sbagliato, basato sulla sovrapproduzione e sul consumo smodato di beni materiali.

@highsnobiety How long would you wait in line for The Row’s sample sale? #therow #samplesale #samplesalenyc #tiktokfashion ♬ Benjamins Deli – JRitt

Infatti, se oggi possiamo rovistare tra pile di vestiti e scarpe scontate dei nostri brand preferiti è perché a fare da padrone nel settore del lusso è l’economia di scala. Aumentando i volumi di produzione (quindi il numero di prodotti finiti), è possibile ridurre i costi delle materie prime e rendere più efficiente tutta la filiera, e la maggior parte dei marchi “alti” sopravvive proprio così. Questo modello di business, però, non è più sostenibile, né dal punto di vista ambientale né da quello di effettive vendite, soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo. E la dimostrazione ce l’ha data LVMH. 

Secondo i dati dello scorso anno riportati dal gruppo, la quantità di “inventario in eccesso” invenduto ha raggiunto la cifra totale di €3.2 miliardi, un aumento notevole rispetto ai €2.7 del 2022. Ovviamente bisogna fare una specifica: il termine “excess inventory” racchiude prodotti finiti, prototipi, materie prime e semilavorati considerati obsoleti, “a lenta rotazione” – quindi con un tempo di giacenza troppo alto rispetto al consumo effettivo – o danneggiati appartenenti al mondo fashion, del make-up, della profumeria e dei gioielli. Considerando ciò, è difficile stimare quale sia effettivamente il valore o la quantità di capi o accessori invenduti, ma il risultato è comunque allarmante. Dal punto di vista sempre dei dati, €3.2 miliardi è solo il 4% del fatturato complessivo di LVMH, mentre per Kering, che ha riportato un totale di €1.5 miliardi di invenduto, rappresenta l’8%. Se da un lato, come riportato da Business of Fashion, gli analisti del lusso non si spaventano perché considerano buono un tasso di vendita a prezzo pieno del 50%, forse ad allarmarsi dovrebbe essere il pubblico in generale.

@sofia.fisicaro Oggi per la prima volta sono stata alla svendita Milano sample sale, che si trova in via savona 97, facile da raggiungere dal centro di milano. Questa svendita è molto vantaggiosa se siete alla ricerca di qualcosa di sfizioso, trovate tantissimi brand da Valentino, Givency, Bottega veneta e tanti altri. Anche più di piccoli come BLUGIRL ecc… sconti dal 60% all’80%. Secondo me vale sempre la pensa farsi un giro magari si trova qualcosa di garino e si fa un po’ di girl math ✨ #samplesale #tiktokfashion #milanosamplesale ♬ Fashionable and cool Parisian accordion(892415) – ricca

A causa dei prezzi in costante aumento, infatti, è sempre maggiore la percentuale di persone che cercano l’affare e le svendite di cui parlavamo, e ad aggravare quella che potrebbe essere la prospettiva futura sono anche i dati di questa tipologia di eventi. Hermès, per esempio, riesce a incassare più di 100 milioni di euro ogni anno grazie a queste iniziative, mentre in Europa in generale, secondo McKinsey & Co, nel 2021 i saldi hanno generato €40 miliardi, pari all’11% del totale del mercato del fashion. Se davvero questi valori sono destinati ad aumentare come previsto, quindi di cinque volte rispetto alle vendite a prezzo pieno entro il 2030, le alternative non sono molte: o l’intero sistema moda dovrà essere riprogrammato per abbassare i prezzi finali – sperando nel conseguente aumento delle vendite full price – oppure le svendite non faranno che aumentare, diventando la normalità se non addirittura un elemento su cui focalizzare la propria strategia.

Gli outlet sono sempre stati un canale strategico e particolarmente rilevante per i brand di lusso, ma la speranza è che non si trasformino in quello principale. Una volta, le svendite non erano viste di buon occhio perché danneggiavano l’immagine del marchio, abbassandolo a uno qualunque, ma è ovvio che oggi la situazione sia ribaltata, per non dire quasi fuori controllo. Nessuno, infatti, sembra preoccuparsi di altro se non di trovare l’occasione perfetta, trascurando completamente ciò che si nasconde dietro alle lunghe file di relle piene di maglioni e vestiti scontatissimi. Se addirittura creator e influencer vengono ingaggiati per promuovere, o organizzare in prima persona, questi eventi “svuota-tutto”, quale sarà il futuro del retail nel mondo della moda?