Che Kendrick Lamar sia un artista generazionale non c’è dubbio, così come non si discute la sua discografia. Non a caso rimane uno dei miei due o tre artisti preferiti di tutti i tempi.
Considerando questo status e la potenza di una setlist che include pezzi da “Good Kid, M.A.A.D City”, “To Pimp a Butterfly”, “DAMN”, “Mr. Morale & the Big Steppers” e potenzialmente (ma meno verosimilmente) “Section.80”, non si poteva pensare di mancare a un concerto che aveva tutto per essere una pietra miliare della musica dal vivo in un paese che negli ultimi anni, indipendentemente dal covid, fa fatica a portare i nomi più grandi del panorama hip-hop internazionale.
Le aspettative erano altissime, così come la richiesta, non a caso il concerto è andato in atto all’Ippodromo di Lotto, una location ben diversa rispetto ai Magazzini Generali del 19 febbraio 2013, in cui il sottoscritto e un migliaio di altre persone, molte delle quali anglofone, hanno cantato ogni pezzo di “Section.80” e della recente nuova uscita “Good Kid, M.A.A.D City”. Quella volta Kendrick Lamar si esibì con un DJ e riuscì a tenere il palco tra pezzi a cappella e interazioni col pubblico, creando un mood da party West Coast, non tanto da concerto. Da allora Kendrick è diventato il rapper più influente della nostra generazione, un headliner da festival, un artista da stadi, un nome da show dell’Halftime del Super Bowl. Gestire un grande palco da oltre 20.000 persone non è facile: cambia il focus, il contesto, lo spazio da occupare, il modo di relazionarsi con i compagni di set e ovviamente la tipologia di spettacolo da mostrare.
Ecco quindi che a Milano, qualche giorno fa, Kendrick arriva sul palco alle 21.30, una mezz’oretta di ritardo rispetto a quanto previsto, ma un tempo che molto probabilmente è servito alla gente per entrare, dato che gli ingressi si sono rivelati più complessi e confusi del previsto, un primo indizio di un’organizzazione non ottimale che ha pesantemente danneggiato l’esperienza del live. Il problema principale era ovviamente l’acustica, probabilmente l’aspetto più importante di un concerto, decisamente tarata su un volume troppo basso. Io, come le persone che mi hanno accompagnato, ho visto più performance in questa location e il problema dell’acustica non c’era mai stato. Che si tratti di una brutta giornata dell’organizzazione? Magari di un problema dovuto alla mancanza del soundcheck? Anche perché K-Dot si era esibito davanti al Louvre per la sfilata di Louis Vuitton fino alle 16.30, motivo per cui sarà arrivato giusto in tempo per salire sul palco. Considerando anche questa dinamica, la mancanza di un artista di apertura non è stata la scelta migliore, sia per il motivo di cui sopra, sia per dare ulteriore corpo a un live durato solo 80 minuti, seppur senza pause e con una setlist indiscutibile.
Tornando alla questione volumi, si può anche pensare che siano stati tenuti bassi volutamente, dal momento che dal pubblico non si è percepita una band, ma solo le basi in diffusione che in alcuni momenti potevano rischiare di danneggiare la performance vocale del talento di Compton. Questo è un punto molto interessante. In queste tipologie di live particolarmente grandi, si può puntare su vari elementi come la scenografia (vedi Kanye West), i riarrangiamenti (Anderson .Paak, ad esempio), la quantità di persone coinvolte sul palco e molto altro. In questo caso, Lamar ha cassato il più dei riarrangiamenti, ha puntato su un singolo outfit e si è focalizzato sull’interagire con un gruppo di ballerini. Forse l’idea non più riuscita. La performance del gruppo di ballo è stata molto intensa, potente e ha trasmesso moltissimo al pubblico, ma il fatto che in alcuni pezzi i ballerini non fossero presenti ha tolto un po’ di entertainment alla dinamica del concerto. Alcune coreografie, seppur bellissime, erano brevi e ricche di ripetizioni, forse troppe per dei pezzi da 3 o 4 minuti. Niente a che vedere con quelle viste in altri tour mondiali quali l’On the Run II Tour di Beyoncé e Jay-Z.
Questo articolo non vuole essere critico verso il concerto di Kendrick Lamar, perché la sua performance è stata ottima, di una potenza e di un significato quasi spirituali e anche commercialmente fondamentale, dato che ha portato quasi 25.000 persone di ogni età a un unico grande incontro, peraltro con una risposta da parte dei fan ben oltre le aspettative, sia per il livello di energia che per la conoscenza dei pezzi. Appunto per questo motivo, non si vuole criticare l’esibizione, ma il mix di elementi che hanno reso la serata di giovedì meno memorabile di quanto l’amore per Kendrick Lamar possa far trasparire: per significato, tematiche trattate, varietà musicale e modo di vivere la sua sfera privata è un personaggio inattaccabile e forse per questo motivo la sua esibizione è stata eccessivamente celebrata e innalzata a un punto in cui ci avrebbe fatto piacere vederla.