Se per i fan più accaniti di “How I Met Your Mother“, la frase iconica da dire a perdifiato era “Ehi, lo conosci Ted?“, per gli amanti della Corea del Sud tutto potrebbe essere ridotto a un semplice “Ehi, li conosci i BTS?“. Ma è davvero solo questo?
Assolutamente no! L’onda coreana, o hallyu (한류), è un termine di recente coniazione che si riferisce all’enorme crescita dell’interesse globale verso la Corea del Sud, iniziato negli anni ’90 ma che ha visto, a partire dal 2010, un aumento esponenziale senza precedenti, attirando su di sé l’attenzione di tutto il mondo.
Se prima l’espansione della cultura coreana passava soprattutto dai K-Drama e K-Pop, rispettivamente serie TV e musica popolare, è con l’avvento dei social media che è diventato un fenomeno a 360°, coinvolgendo molti altri aspetti, a partire dalla stessa cultura coreana, dalla sua storia ma anche i suoi modi di fare, la cucina e la sua lingua.
Cos’ha di così speciale questa onda coreana da diventare un caso studio delle più grosse università mondiali? Secondo Aaron Han Joon Magnan-Park, professore dell’Università di Notre Dame, nell’Indiana, Stati Uniti, il successo di questa improbabile strategia di marketing (sicuramente in un primo momento non voluta, ma poi perseguita fino in fondo, una volta compreso il potenziale) può essere ricercato nel fatto che l’onda coreana sia “esteticamente fresca, economicamente redditizia, culturalmente avvincente, tecnologicamente sofisticata e ideologicamente introspettiva”.
In effetti, quello che l’hallyu propone si allontana quasi totalmente da ciò che siamo abituati a vedere quotidianamente, soprattutto in occidente. Non è quindi un caso che “Gangnam Style” nel 2012, e “Parasite” nel 2019, siano stati gli apripista a tutta una serie di prodotti che, mantenendo la loro unicità, sono riusciti a cogliere l’attenzione degli spettatori.
Il Pop è nato, per definizione, come musica mainstream, come figlio della cultura di massa, in grado di coinvolgere persone di tutte le età e provenienza, permettendogli di ballare e scatenarsi senza pensare troppo ai problemi della propria vita, e il K-Pop è riuscito in un’impresa ancora più grande, affidando questo compito a boy o girl groups con un concept ben preciso, un obiettivo e un messaggio da inviare a chiunque fosse all’ascolto. Artisti come BoA, i TVXQ e i SUPER JUNIOR sono i genitori di tutti i gruppi che, adesso, vediamo sempre più presenti sui palcoscenici americani ed europei: pensiamo all’esibizione dei TXT al Lollapalooza del 2022, all’esibizione di J-Hope dei BTS al medesimo festival, alla presenza delle aespa alla Macy’s Thanksgiving Day Parade e chi più ne ha più ne metta.
Notizia degli ultimi giorni è proprio l’annuncio delle BLACKPINK, gruppo della YG Entertainment – una delle BIG dell’industria musicale coreana – che ha debuttato nel 2016, come headliner dell’edizione di quest’anno del Coachella che si terrà dal 14 al 16 aprile 2023 nel deserto del Colorado. Le BLACKPINK sono le prime artiste coreane ad esibirsi come headliner sul palco del Coachella e la loro presenza era più che richiesta da ormai qualche anno dai tanti fan (chiamati “BLINK”). Non solo loro porteranno la voce del K-Pop al festival, ma ci saranno infatti anche artisti come Jackson Wang (solista e componente del gruppo Got7), DPR Live e DPR Ian.
Il K-Pop però è anche moda, tanta moda. Proprio oggi Dior ha annunciato che JIMIN dei BTS sarà il suo nuovo brand ambassador e in generale moltissimi idol (questa la denominazione delle star del K-Pop) vengono scelti come volto di grandi marchi come Prada, Chanel, Gucci e Saint Laurent. Loro stessi sono modelli e hanno anche dato vita al fenomeno della “moda dell’aeroporto”; Quando le celebrità coreane vanno in aeroporto, ci sono centinaia di persone ad attenderle, e loro ovviamente non possono farsi cogliere impreparate, quindi, anche se con uno stile più sporty, ogni outfit è studiato nei minimi dettagli.
Le celebrità hanno fatto avvicinare moltissimo i fan anche ad altri aspetti della cultura coreana, come la lingua. Curioso è ad esempio l’utilizzo, quasi esclusivo, della lingua coreana: l’inglese è ben accetto, sì, ma soltanto in modiche dosi, così come il giapponese, questo perché il primato assoluto spetta al coreano. Che siano canzoni, serie tv, programmi televisivi, tutto viene trasmesso rigorosamente in lingua originale e, solo raramente, viene doppiato (tra i pochi casi “Parasite” e “Squid Game”, dovuti all’imponente fama che ne ha reso necessaria la divulgazione in più lingue): questo ha spinto numerose persone a interessarsi alla lingua coreana, a provare a studiarla, incentivando così il sistema dei viaggi-studio, delle scuole di lingua e delle app di scambio linguistico volte ad aiutare i neofiti del coreano a migliorare le proprie competenze.
Ma in Italia, ci sono così tanti fan? Sì. L’effetto dell’onda coreana in Italia ha iniziato a farsi sempre più presente negli ultimi anni, fino a portare sempre più artisti nelle città italiane, che sia per un tour o per partecipare a eventi relativi alla Fashion Week: pensiamo al concerto di Eric Nam, solista coreano-americano, a Milano, al concerto di Loopy sempre nel capoluogo lombardo, o ancora alla presenza di Hwasa, membro del gruppo MAMAMOO, alla sfilata di Valentino a Roma, o alla presenza di Sana, membro del gruppo TWICE, alla sfilata di Prada, o infine il gruppo ENHYPEN che sarà presente il 15 gennaio 2023 alla sfilata di Prada per la Milano Fashion Week.
Milano e Roma si stanno facendo spazio anche tra le città europee come sedi di numerosi ristoranti coreani: spesso a conduzione familiare, questi ristoranti cercano di ricreare, in un contesto storico, artistico ma anche culturale, l’atmosfera tipica dei ristoranti coreani classici. È toccato alla cucina giapponese, poi quella hawaiiana… che sia arrivato il momento di fama per la cucina coreana?
Italia e Corea del Sud, geograficamente così lontane, sono in realtà legate da numerosi fili, che negli ultimi anni stanno portando a un progressivo avvicinamento tra i due paesi e a una sempre più stretta collaborazione.
L’hallyu è un tornado che ci trascina senza che si possa avere la possibilità di resistere: tutti quelli che hanno iniziato guardando un K-Drama, convinti di “dargli una possibilità”, si sono ritrovati senza neanche accorgersene a cantare a squarciagola canzoni in una lingua straniera, tentando disperatamente di azzeccare almeno uno dei suoni e cercando corsi di lingua coreana a buon prezzo.
Non passa solo da gesti o movimenti eclatanti, l’hallyu non è solo K-Pop, non è solo K-Drama, non è solo K-Culture o K-Food. In una società in cui siamo passiamo sempre più tempo soli, l’hallyu è la risposta giovane, estremamente giovane, fatta su misura per chi, adesso, fa fatica a trovare il suo posto e che invece con questa può sentirsi compreso e a casa, almeno per qualche momento.