
Negli ultimi 15 anni la produzione globale di abbigliamento è raddoppiata, vengono comprati più capi di bassa qualità e le persone li indossano il 40% in meno. Si stima inoltre che nell’anno corrente circa il 5% degli articoli pubblicati su Vestiaire Collective provenga da marchi di fast fashion come Boohoo, ASOS e PrettyLittleThing. A farne le spese sono soprattutto i Paesi dell’Africa come il Ghana, dove il mercato Kantamanto di Accra ogni settimana vede arrivare quasi 15 milioni di prodotti tessili che spesso vengono dispersi nell’ambiente come rifiuti.
A partire da questa settimana, però, le cose non saranno più così. Seguendo il mantra “compra meno, compra meglio”, la piattaforma di resale ha infatti deciso di mettere gradualmente al bando tali brand.
L’azienda con sede a Parigi si avvarrà quindi dell’esperienza di un’agenzia esterna per stilare un quadro di criteri che definiscano cosa significhi fast fashion, tra questi la bassa qualità dei prodotti, le condizioni di lavoro e l’impronta di carbonio generata.
L’iniziativa rappresenta uno dei punti del manifesto sulla sostenibilità che il sito ha pubblicato, il quale evidenzia numerosi sforzi per ridurre l’impatto ambientale attraverso azioni concrete e condivise.
Abbiamo un ruolo da svolgere nell’ecosistema e abbiamo spinto fin dal primo giorno affinché l’industria diventasse più sostenibile, il che significa che spingiamo per far sì che i marchi si uniscano al movimento della circolarità. Proponiamo articoli di qualità con un catalogo curato. Mettiamo in evidenza l’artigianato. Proponiamo moda desiderabile e di fascia alta. Lottiamo contro il fast fashion.
Sophie Hersan, Fashion Director e cofondatrice di Vestiaire Collective
Vietare la pratica del second hand potrebbe però anche essere un’arma a doppio taglio ed è per questo che Vestiaire Collective ha preso due ulteriori provvedimenti: il primo è quello di fare pressione a livello governativo insieme a The Or Foundation per una responsabilità estesa del produttore, il secondo invece si traduce nella ricerca di soluzioni pratiche per gli articoli di fast fashion che la sua community già possiede, come per esempio il riciclo, l’upcycling e strategie di donazione costruttive.