Castore sta continuando a crescere

A distanza di quasi tre anni da quando avevamo assistito all’ingresso di Castore nella ristretta cerchia di kit supplier delle squadre europee, raccontato in questo approfondimento, l’azienda inglese continua ad occupare un posto di prim’ordine tra i brand che producono maglie da calcio, anche se sempre sotto i Big Three: Nike, adidas, PUMA. Con la qualificazione del Newcastle alla fase ai gironi della prossima Champions League Castore avrà un’altra rappresentante nella competizione per club più prestigiosa (dopo l’esperienza di altre tre squadre che sponsorizza, il Siviglia, il Bayer Leverkusen e il Rangers Football Club) ma soprattutto ha già gettato le basi per le prossime stagioni, firmando il primo contratto di sponsorizzazione con una Nazionale, quella irlandese, e con una serie di club che gli garantiranno una grande visibilità: i campioni d’Olanda del Feyenoord, che non saranno gli unici in Eredivisie a vestire il marchio britannico visti gli accordi siglati anche con Utrecht e Twente, e poi una delle realtà più storiche del calcio spagnolo, l’Athletic. A questi affari, già conclusi, a cui si aggiungono quelli minori con i nordirlandesi del Glentoran, con gli inglesi del del Preston North End e Mansfield, e ne seguiranno con molta probabilità altri nella prossima stagione.

Nel processo di crescita che ha permesso a Castore di farsi una reputazione all’interno della scena calcistica non sono comunque mancate le defaillance e le difficoltà, in maniera legittima vista l’inesperienza del brand in un settore molto competitivo in cui i competitors sono tutti molto più navigati. Volendo utilizzare una definizione utilizzata da uno dei due founder, Tom Beahon, in un articolo di Liam Twomey su The Athletic, Castore non è altro che «a speedboat in a market of oil tankers», un motoscafo in un mercato di petroliere. Nel corso della stagione che sta per concludersi molti tifosi non hanno apprezzato la qualità delle maglie da calcio, e non hanno esitato a denunciare piccoli difetti o problemi ben più evidenti che hanno riguardato anche le casacche indossate da alcuni calciatori a partita in corso, e che hanno contribuito a costituire una pubblicità negativa per il marchio. Anche se per il maggiore dei fratelli Beahon  «Castore non ha avuto più problemi di Nike, adidas o PUMA riguardanti la qualità o la catena di distribuzione».

La formazione irlandese al debutto al Mondiale 2023, debutto anche per Castore in una Coppa del Mondo.

Nell’attesa di siglare la prima partnership con un club di Serie A, che tuttora sembrerebbe essere uno degli obiettivi del brand inglese, Castore ha dovuto anche registrare il fallimento del sodalizio con il Genoa, che ha lasciato il marchio inglese dopo una sola stagione conclusa proprio con la promozione in massima serie. A causa della rottura anticipata del rapporto ci sarebbero stati i ritardi nelle forniture del materiale risalenti ad inizio dello scorso campionato, che hanno incrinato sin da subito i rapporti con la squadra ligure, e complessivamente una user experience non molto positiva. Il debutto come supplier di una squadra di A dovrebbe essere rinviato solamente di una stagione.

La maglia di Saša Kalajdžić strappata su un fianco.

Nel frattempo Castore ha deciso di puntare al proprio coinvolgimento in altri settori, come quello dei motori, per differenziare così il proprio raggio d’azione. All’accordo grazie al quale era divenuto partner ufficiale per l’abbigliamento sportivo del team McLaren, nel 2021, adesso il marchio britannico ha raddoppiato la propria presenza in Formula 1 sottoscrivendo un contratto con il team Red Bull Racing e facendo il proprio debutto anche in Moto GP, sempre come sportswear partner, del team Repsol Honda.

Ma i grandi traguardi ottenuti negli ultimi mesi (oltre a quelli già citati, merita una menzione l’accordo con la Nazionale inglese di cricket) non bastano. Nel futuro, almeno fino a quando Castore vestirà i panni dello “sfidante” dei grandi giganti dello sportswear, bisognerà insistere sulla filosofia del “Better Never Stops”, il mantra del brand. Come rivelato in una lunga intervista a SoccerBible, l’ambizioso Tom Beahon ha annunciato di voler rafforzare il marchio dal punto di vista della presenza digitale ( «l’interesse di un tifoso per una squadra non si ferma alle 17:00 di sabato; sono altrettanto interessati il ​​lunedì mattina o il martedì pomeriggio»), offrendo loro qualcosa a cui i colossi tradizionali non avevano mai pensato. Tra gli stimoli maggiori c’è quello di voler diventare il marchio sportivo numero uno d’Inghilterra (e questo passa anche dall’approdo nel mondo del footwear, già annunciato) senza ripetere le debacle di Umbro e Reebok, e poi quello di affermarsi come realtà globale provando ad stabilirsi in quell’area di convergenza tra sport, cultura popolare, streetwear, fashion, lifestyle e musica,  «perché il calcio non è solo uno sport…va oltre, tocca la vita delle persone in un modo che quasi nulla altro può».