Non tutti sanno che esistono agenzie, anche in Italia, che si occupano sostanzialmente di eliminare o rendere praticamente introvabili determinati contenuti su Internet, perché per varie ragioni risultano essere sconvenienti per i loro clienti. Per quanto poco trattato, è un tema molto rilevante e attuale, che ha a che fare soprattutto con il trattamento dei dati personali degli utenti online e il diritto all’oblio. Quest’ultimo, in particolare, è quella forma di tutela – garantita da un apposito regolamento europeo – che dovrebbe impedire la diffusione di informazioni capaci di danneggiare la reputazione di una persona, soprattutto quando queste non sono rilevanti ai fini informativi e slegate dall’attualità. Si tratta di un diritto che, come si può immaginare, entra spesso in conflitto con quello di cronaca, e per questo è necessario valutare caso per caso – e non sempre comunque si riesce ad applicarlo. Le agenzie che invece si occupano di “ripulire” la reputazione online delle persone in alcuni casi esercitano il diritto all’oblio per convenienza e in maniera per così dire forzata, attraverso strumenti formalmente legali ma che spesso sono eticamente controverse. Più in generale, vengono adottate strategie e tecniche che toccano ambiti talmente di nicchia da non essere stati ancora del tutto esplorati dal diritto.
Uno dei metodi sfruttati dalle agenzie di web reputation punta a “screditare”, all’interno dei motori di ricerca, i contenuti contestati, facendoli quindi scendere nella classifica dei risultati forniti. Secondo i rilevamenti, oltre il 90 per cento degli utenti che navigano da desktop, e più dell’80 per cento di quelli che lo fanno da mobile, si limitano ad accedere ai soli contenuti presenti nella prima pagina di Google. In questo senso, riuscire a influenzare cosa viene mostrato qui significa di fatto determinare quel che la stragrande maggioranza degli utenti fruirà rispetto a uno specifico tema. Un altro strumento adottato dalle agenzie di web reputation è l’invio sistematico di mail di diffida in cui si intima, al proprietario del sito, la cancellazione di una determinata pagina – ad esempio un articolo – o di un preciso contenuto. Spesso non si specifica se effettivamente i dettagli relativi al soggetto coinvolto siano scorretti, ma si fa semplicemente riferimento all’aspetto temporale, senza però tenere conto del diritto di cronaca: la notizia in questione, dunque, sarebbe ormai semplicemente “superata”. In questi casi le richieste si sostanziano intimando di procedere per vie legali, appellandosi a un potenziale reato di diffamazione, mentre altre volte si fa riferimento alla semplice violazione dei dati personali connessa al diritto all’oblio.
Quando però, per varie ragioni, non si riesce a far rimuovere le pagine contestate, si cerca di farle scomparire attraverso un metodo controverso: generando moltissimi contenuti falsi. E per far scalare la classifica dei risultati di ricerca ai propri contenuti fasulli basta condividere su siti realizzati ad hoc i rimandi a quelle stesse pagine. Tra i fattori che realtà come Google tengono in considerazione per stabilire la rilevanza di un sito c’è infatti il cosiddetto backlink, ovvero quante volte un determinato collegamento viene incluso in altre pagine web. Per manipolare i risultati di ricerca si possono quindi creare backlink a portali fasulli, realizzati in maniera quasi automatica per l’occasione. In questo modo, sfruttando dunque le tecniche di posizionamento sui motori di ricerca, i contenuti legittimi vengono scalzati e finiscono solitamente nella seconda o terza pagina di Google, che per l’appunto non vengono quasi mai aperte. In genere, per arrivare a rimuovere o eclissare – attraverso queste tattiche – un singolo contenuto le agenzie di web reputation richiedono compensi che variano molto a seconda dei casi, ma in genere sono nell’ordine di qualche migliaio di euro. Tuttavia, come riporta il sito di giornalismo investigativo IrpiMedia, ci sarebbero anche persone che nel complesso hanno pagato decine di migliaia di euro per ripulire la rete dalla loro presenza. Inoltre, rimettere online un contenuto che è stato rimosso è un procedimento relativamente complesso, e spesso è proprio questo cortocircuito che determina il successo delle strategie adottate dalle agenzie di web reputation.