I muri parlano del turismo di massa

Il problema sembra più reale quando scritto nero su bianco sui muri delle città di mezza Europa: il turismo di massa è forse arrivato al massimo della sopportazione da parte della popolazione locale creando il principio di una rottura più grande annunciata proprio dalle scritte sui muri, da sempre dedicate ai problemi sociali più urgenti e bisognosi di fare rumore. 

Le proteste degli ultimi mesi nelle Isole Baleari e a Barcellona hanno fatto più rumore del solito. Arrivate proprio durante l’anno destinato a rompere i record storici dei numeri sul turismo, queste proteste sono solo parte di un malcontento più diffuso; in luoghi come il Portogallo, New York, la California e anche l’Italia sono anni che la discussione intorno al potenziale problema del turismo di massa viene portata avanti. Ma di cosa si tratta nel pratico? Ovviamente è diverso a seconda della meta ma gran parte delle preoccupazioni delle popolazioni locali sono legate agli affitti a breve termine e alle conseguenze di questi su un tessuto cittadino già minato da crisi immobiliari poco gestibili. Oltre alle case sorgono problemi legati all’aumento generale del costo della vita e alla completa trasformazione di alcune aree che diventano completamente votate al turismo, escludendo tutto il resto. Si spiegano quindi scritte come quelle apparse sui muretti a bordo mare proprio alle Canarie in cui senza nominare in alcun modo i turisti si riporta un dato fondamentale: il salario medio del luogo è di 1200€. Un messaggio che fa riferimento al sovraffollamento della zona di nomadi digitali che guadagnano spesso di più secondo gli standard economici di altri paesi ma che finiscono per tarare l’economia delle isole sul loro potenziale di spesa.

In alcune mete il problema è chiaramente anche ambientale e legato alle limitate risorse naturali del territorio; queste spesso vengono usate per costruire nuove strutture ricettive o per alimentare quelle già esistenti usando a volte il doppio o il triplo delle risorse che userebbero i locali da soli.

Le misure che sono state prese negli anni vanno dalle tasse di soggiorno imposte per esempio da Bali e pensate come soluzione possibile anche per Venezia e le isole Galapagos, fino alle pressioni messe da Amsterdam contro i giovani turisti inglesi insieme al blocco della costruzione di nuovi hotel. Anche in Giappone il turismo sta diventando un problema inserito però in un circolo vizioso come business: qui l’anno scorso il 9% del prodotto interno lordo del paese proveniva dalle spese dei turisti stranieri. Anche Barcellona e moltissime altre mete di turismo nudo e crudo si trovano nello stesso limbo: la capitale spagnola affida al settore il 14% del suo prodotto interno lordo oltre che 150000 posti di lavoro. 

Le scritte sui muri però puntano il dito in modo semplice e diretto. La frase più letta e sentita parla chiaro e dice ai turisti di andare a casa. Un approccio chiaramente provocatorio e che non tiene conto del “mal comune” di questo fenomeno in cui siamo tutti coinvolti sia come vittime che come causa del problema — nessuno può veramente chiamarsene fuori perché a questo punto della storia siamo tutti stati turisti almeno una volta. Altri slogan comuni accostano in modo intelligente il turismo di massa all’idea di “inquinamento umano”: una critica al fattore ambientale e allo stesso tempo un riferimento ad un modo di percepire le ondate di persone che “inquinano” la spontaneità e la naturalezza della vita comune di un luogo rendendo quasi impossibile al locali di goderne serenamente. 

Un aumento del turismo esponenziale che ha ovviamente aperto delle domande su come gestirlo in futuro. Tra le cause si pensano una ripresa degli spostamenti come strascico del post-Covid insieme ad un aumentato benessere economico generale che banalmente permetterebbe a più persone globalmente di spostarsi per il puro gusto di viaggiare. Alcuni paesi come il Giappone devono molte visite anche al cambio monetario favorevole che si traduce in un maggior potere di spesa per il turista e quindi un maggior guadagno per il paese — sempre rientrando in quel meccanismo vizioso di cui prima per cui il turista è diventato per molti “croce e delizia” insieme. Nel frattempo soprattutto in Grecia, Italia, Portogallo e Spagna i muri delle città sembrano essere sempre più minacciosi nei confronti dei turisti ricordandogli in continuazione di non essere i benvenuti mentre passeggiano per le strade durante le loro vacanze. Uno scenario che diventa grottesco quando sono gli stessi turisti che decidono di farsi fotografare davanti alle scritte rabbiose dei locali.