In Giappone esiste una vera e propria arte che consiste nell’inventare oggetti a tutti gli effetti inutili, o meglio, inutilizzabili.
Si chiama Chindōgu e si intende la pratica di dar vita a oggetti apparentemente geniali ma la cui realizzazione e utilizzo sono praticamente utopici. A dar vita a questo tipo di arte è stato l’ingegnere giapponese Kenji Kawakami nel 1980, con un pensiero di base molto semplice: non bisogna per forza inventare per vendere, si può anche solo inventare per il piacere di farlo, dando libero sfogo alla propria fantasia e genialità.
Ciò che vuole denunciare il Chindōgu è il consumismo tipico del capitalismo, comunicando ad ampia voce che certe cose si possono fare anche solo per proprio gusto, non necessariamente per un ritorno economico.
Dopo la creazione da parte di Kenji Kawakami di questa forma d’arte, che possiamo a tutti gli effetti definire corrente, sono molti coloro che si sono appassionati al tema, accostando le proprie (in)utili invenzioni a quelle di colui che le ha fatte per primo. Su Internet è presente anche il sito chindogu.com in cui viene raccontato il fenomeno, vengono raccolte alcune delle invenzioni e lì vengono riportati i cosiddetti 10 comandamenti da seguire per poter definire la propria opera Chindōgu.
Quindi, se anche voi volete dar sfogo alla vostra fantasia più pura, ecco le regole da seguire per non sbagliare:
1. Un Chindōgu non può essere di uso reale;
2. Deve effettivamente esistere, anche se non verrà mai usato;
3. Deve rispettare lo spirito anarchico;
4. Deve essere un’invenzione (in)utile per la vita di tutti i giorni;
5. Non può essere venduto;
6. Non deve essere creato per divertire, il motivo principale deve essere la risoluzione di problemi;
7. Non deve avere l’intento di mandare messaggi, l’unico scopo è creare un oggetto che abbia – tecnicamente – un’utilità;
8. Deve rispondere alle problematiche che chiunque può vivere;
9. Non può essere brevettato;
10. Niente pregiudizi, tutti devono potersi godere gli Chindōgu senza essere giudicati.