Sarebbe inutile parlare di Chris Paul solo dal punto di vista statistico o del suo rilievo sul parquet perché dobbiamo senza dubbio considerare il fatto che stiamo parlando di una delle migliori guardie della storia del basket. Anzi, uno dei migliori giocatori della storia della pallacanestro. Undici volte All-Star, dieci volte All-NBA Team, eccetera, eccetera. Ma non è questo il punto. Quello che riesce a fare Chris Paul in campo e fuori stupisce per la costanza e la normalità con cui questo “standard” (che poi è uno standard solo ed esclusivamente per uno come lui) viene portato avanti, come se non ci dovesse stupire, come se fosse normale vedere un trentaseienne di un metro e ottanta dominare su base quotidiana nella lega sportiva più fisicamente e atleticamente elitaria del mondo. Come se non bastasse l’attività in campo, CP3 è sempre più rilevante nelle sue prese di posizione politiche, nel supporto degli HBCU (i college a maggioranza storicamente nera), nel dare rilevanza a giovani stilisti emergenti facenti parte di minoranze etniche e molto altro. Chris Paul è un grande valore aggiunto e non dobbiamo darlo per scontato.
MECENATE CESTISTICO
Questa era ci ha regalato due giocatori munifici quali LeBron James e Chris Paul, due individui che andrebbero studiati per quanto sono stati in grado di dare (o ridare) vita alle carriere di compagni quantomeno derelitti. Gli scarichi di CP3, la sua gestione del pick’n’roll alto e dei raddoppi hanno permesso a fiori di centri di diventare All-Star o simil tali, salvo poi sparire dai radar alla firma del contratto della vita per altre franchigie non munite di Paul. Per non parlare dei tiratori che hanno fatto degli scarichi nell’angolo di Paul, dei capolavori che tagliano il campo come Lucio Fontana tagliava la tela, un motivo di permanenza in NBA nonostante qualità tecniche e atletiche dubbie. Si pensi solamente che tutti questi giocatori hanno mantenuto una media di oltre 10 punti a partita quando hanno condiviso il campo con Paul: Jae Crowder, Matt Barnes, Randy Foye, Marco Belinelli, Trevor Ariza, Speedy Claxton, Emeka Okafor e Marcus Thornton. Per quanto riguarda i risultati di squadra, CP3 si appresta ad arrivare alle quattordicesima apparizione ai Playoffs in carriera, un numero impressionante se consideriamo il livello della sua prima New Orleans e della stranissima Oklahoma City. Non a caso è il primo giocatore in attività per win shares su 48 minuti. Insomma, in NBA ci sono fior di giocatori dovrebbero bonificare parte del proprio stipendio a Chris Paul in segno di ringraziamento.
Nel panorama attuale, Chris Paul continua a essere efficace individualmente, utile al concetto di squadra, un mentore importante per i giovani e addirittura bello da vedere in campo. Nonostante l’età e un fisico non disumano in quella che è l’NBA più atletica ed esplosiva di sempre, CP3 riesce ancora a regalare highlights e portare a scuola giovani avversari. Un professore scolastico che ti porta in gita ma che può sempre metterti 3 nell’interrogazione, un genitore che ti prende le birrette ma sa anche ferirti nel profondo, salvo poi farti capire che lo ha fatto per il tuo bene.
LASCIARE UN SEGNO
Chris Paul è sempre stato un portabandiera dei propri ideali, una figura molto vocale negli ambiti sociopolitici, specialmente in supporto delle minoranze, attraverso discorsi, fatti e immagine. Ma andiamo per gradi. Dal 2013 ad agosto 2021 Paul è stato presidente dell’Associazione Giocatori (NBPA), fu tra le figure chiave per la promozione della WNBA, per l’allontanamento di Donald Sterling dalla NBA ed è sempre stato il simbolo per la rappresentanza di persone che socialmente sono minoranze, ma in NBA rappresentano una vasta maggioranza. Per questo motivo, una guida vocale e attiva è un valore necessario, specialmente nella federazione sportiva che, tra quelle americane, è la più internazionale, sia come forza lavoro che per pubblico.
Abbiamo visto fior di atleti costruirsi un personaggio, sia per immagine che per dialettica, ma CP3 è sempre stato quello che ci ha mostrato. All’arrivo in NBA, dopo gli studi a Wake Forest, Paul ha sempre palesato il suo modo di essere: poche parole fuori dal campo, tante dimostrazioni all’interno del parquet, decise prese di posizione su temi sociali ma anche cura della persona dal lato estetico e legame forte con la comunità locale. Paul fu il leader di New Orleans nel periodo dell’Uragano Katrina, cosa che lo ha legato a doppio filo con la città e altri grandi personaggi che l’hanno supportata come Lil Wayne.
Fondamentale nei tempi recenti fu il ruolo di CP3 in quanto simbolo per la promozione e lo sviluppo dei college storicamente a maggioranza nera, una scelta che ha voluto portare avanti non solo in quanto originario del North Carolina, casa di diverse realtà studentesche del genere, ma anche attraverso la moda. In un periodo in cui i tunnel NBA sono semplicemente un luogo per mostrare outfit particolarmente costosi e fare product placement, Paul ha deciso di lasciar perdere molti dei suoi legami commerciali e indossare principalmente felpe, magliette e accessori di HBCU così da dare a loro visibilità. Non solo quindi il playmaker dei Suns ha iniziato a indossare shorts, t-shirt e cappellini di Howard University, North Carolina A&T, Livingstone College, Savannah State University, Winston-Salem State University e molte altre istituzioni, ma si è messo a creare anche pezzi di abbigliamento di sua iniziativa sempre a tema HBCU, peraltro utilizzando sempre partner diversi: dalle grandi aziende focalizzate su un grande pubblico generalista come Bleacher Report, fino a piccole realtà locali, spesso e volentieri operate proprio da minoranze.
CP3 ha sempre matchato in maniera interessante i propri outfit e ha dato spesso rilievo a ciò che lo interessava davvero, indipendentemente dal brand. La linea CP è una signature line di Jordan Brand che ormai si protrae da un decennio, una collezione che però il marchio non ha mai particolarmente spinto fuori da Asia e Stati Uniti, così come Paul non ha mai fatto lo stesso: in passato era solito indossare modelli retro e PE di silhouette storiche del marchio Jordan in occasione delle gare più importanti, mentre quando era solito customizzare le sneaker ad esempio con i loghi delle HBCU, il focus veniva messo sul messaggio, ponendo il modello e l’iconografia Jordan in secondo piano. Portando avanti questo manifesto ideale, CP3 ha lavorato anche con marchi (e designer) di élite come Bode e altri per creare outfit minimali, precisi, lineari e a metà tra il casual e il formale. Simbolo di questa iniziativa è sicuramente la bomber Jacket con le patch di tutti gli HBCU realizzata per l’ultimo All-Star Game.
Insomma, Chris Paul, noto anche come Point God, non è solo uno dei 5 playmaker più dominanti della storia del gioco, è un dono che dobbiamo proteggere, un giocatore che obbliga i tifosi avversari a odiarlo ma che non può che riconquistarli nel vederlo dentro e fuori dal parquet senza i paraocchi del tifo. Un giocatore diverso, una figura sociale diversa, una fashion icon diversa.