Ci sono calciatori a cui piace raccontarsi sui social

Se prima erano capaci di riempire soltanto le pagine dei giornali e gli spazi TV, oggi i calciatori sono riusciti a diventare i protagonisti assoluti dei social network, e lo stanno facendo sempre di più in maniera attiva e ragionata. Quelli che hanno compreso davvero le potenzialità di YouTube e Instagram, ad esempio, hanno studiato per bene nuovi format video in cui, per la prima volta, sono diventati gli autori di contenuti autentici e non vestono più i panni di semplici comparse dello storytelling organizzato da terzi. Altri invece, quelli che per primi hanno trovato dei modi furbi per utilizzare le dirette su piattaforme nuove come Twitch, sono riusciti a fare del puro home entertainment rimanendo comodi sul divano di casa, e tenendo incollati agli schermi di pc e smartphone migliaia di fan e curiosi. Il periodo del recente lockdown è pieno di esempi. 

Insomma, gli sportivi di oggi sono riusciti a capovolgere quelle vecchie dinamiche in cui, fino a qualche tempo fa, erano solamente delle figure inconsapevoli in un mondo della comunicazione troppo verticale in cui venivano utilizzati diversamente, e che talvolta sfruttava solamente la loro immagine. Quello che in tutto ciò va sottinteso è che i calciatori producer hanno la consapevolezza di avere qualcosa da dire, sono in grado di inventare dal nulla nuovi contenuti e soprattutto vogliono farlo autonomamente secondo regole nuove, ponendosi come mini brand all’interno di un sistema più grande, ovvero quello dei club e degli sponsor. In alcuni casi sono operazioni commerciali più ampie e strutturate, ma più spesso invece sono iniziative improvvisate e spontanee, nate dalla pura voglia di raccontarsi o di raccontare il loro mondo e le loro vite in maniera differente da come siamo abituati a conoscerle. Ed è proprio questo cambio di prospettiva che rende i loro racconti così originali ed interessanti.

Di questa tendenza sviluppata un po’ ovunque negli ultimi anni c’è qualcuno che si può considerare il precursore, probabilmente Ryan Babel quando iniziò a filmare quello che circondava le sue giornate ai tempi del Besiktas, quando il club turco era senza dubbio una delle realtà più interessanti d’Europa, anche grazie a delle geniali campagne social: non a caso il video inedito delle celebrazioni dello scudetto nel 2017 raggiunse una viralità talmente veloce da superare agilmente il milione di visualizzazioni.

In Inghilterra, dove negli ultimi anni c’è stata una rapida proliferazione nella produzione di contenuti inside show che hanno coinvolto intere squadre (si pensi alle docu-serie di successo come “All or Nothing” sul Manchester City e “Sunderland ‘Till I Die” sul tracollo sportivo dei Black Cats, che hanno di fatto dato vita a un genere a sé), di recente è apparso qualcosa di veramente accattivante nelle puntate di “The Cycling GK”, il vlog lanciato circa due mesi fa dal portiere del Watford, Ben Foster. Oltre a filmare quello che succede nella routine di un calciatore da dietro le quinte (le continue e frenetiche trasferte – e sin qui, causa calendario affollato, la squadra londinese ne ha affrontate già undici – le ricche colazioni prima di un match, il rapporto con i compagni di squadra e membri dello staff e tante altre cose inaspettate), l’esperto portiere britannico ha anche iniziato a posizionare la fedele GoPro all’interno della porta a partita in corso, in modo da offrire una prospettiva assolutamente unica, quella delle parate, dei dialoghi e di tutto ciò che avviene durante i match. Ma non è finita qui, perché Foster è riuscito a mettere anche qualcosa di suo, ovvero la passione per il ciclismo: nei suoi video ci sono le pedalate mattutine nella campagna inglese, lo sfoggio di assurde biciclette Specialized e completini Rapha, persino l’incontro con il recente vincitore del giro d’Italia, Tao Geoghegan Hart. Poi, per fidelizzare i suoi follower, e per ottenerne di nuovi, spesso organizza contest e giveway mettendo in palio maglie degli Hornets o altri pezzi interessanti.

Riguardo a produzioni del genere, l’universo calcistico inglese si sta rivelando molto avanti: già ad inizio del 2019 Héctor Bellerín, per cui non servono decisamente presentazioni, aveva utilizzato il suo canale YouTube per raccontare, direttamente dal letto d’ospedale, il suo rehab dopo aver subito l’operazione di ricostruzione dei legamenti del ginocchio. In seguito a questi sei piccoli episodi, dei vlog strutturati come fosse un diario, lo scorso luglio il calciatore spagnolo dell’Arsenal aveva inaugurato un podcast dal titolo More than a footballer, delle lunghe chiacchierate con figure stimolanti del mondo dello sport che, come lui, sono impegnati su tanti altri fronti extrasportivi (Serge Gnabry, DeAndre Yedlin, Tyrone Mings, Florencia Galarza, Mathieu Flamini, Alex Scott e Morten Thorsby). Bellerín ha dimostrato ancora una volta di trovarsi molto a suo agio quando si tratta di spaziare tra argomenti di attualità molto complessi (la sostenibilità ambientale, la politica, il razzismo, il futuro che ci attende) e soprattutto di poter essere considerato un personaggio a 360° e non soltanto un terzino veloce appassionato di moda e abiti firmati. 

A proposito di terzini veloci, la coppia di laterali più celebrata del mondo, quella composta da Trent Alexander-Arnold e Andrew “Robbo” Robertson, ha da poco inaugurato una serie di brevi video apparsi su Instagram, sul profilo ufficiale del numero 66 del Liverpool. In questo caso i toni sono molto meno seriosi e non vengono trattati temi profondi, ma tramite “Wingmen” i due Reds hanno comunque mostrato un loro lato inedito facendo leva sull’alchimia che li vede protagonisti sul campo: i video sono ambientati nell’auto di TAA e hanno visto la partecipazione di “estranei” come il capitano del Liverpool, Jordan Henderson. Ma se il calciatore inglese può vantare oltre 5 milioni di seguaci, il brasiliano Vinicius Jr. ha già superato quota 10 ed ha saggiamente pensato di sfruttare la sua enorme community virtuale per raccontare qualcosa di sé: mentre scrivo è da poco uscita la puntata numero 7 di “Vini for Real”, il gioco di parole perfetto per sintetizzare la parabola del funambolo appena 20enne e già stella del Real Madrid, che così facendo sta gettando le basi per raccogliere l’eredità mediatica del connazionale Neymar.