Con la sua ultima collaborazione per la primavera/estate 2021, Supreme ha riacceso i riflettori su HYSTERIC GLAMOUR, un brand con cui aveva già lavorato nel 2017, lanciando un’altra capsule collection fortemente caratterizzata da uno spirito di provocazione che si manifestava in pezzi ricoperti da scritte come “Fuck You”, “Sin”, “Hardcore”, “XXX”, “Eat Shit Die” e “Fucker”.
Per chi non lo sapesse, stiamo parlando di una vera e propria leggenda all’interno del panorama streetwear, il quale possiamo dire che, almeno per quanto riguarda il Giappone, è stato plasmato a suo piacimento.
Le sue origini risalgono al 1984, quando Nobuhiko Kitamura, poco dopo essersi approcciato alla moda piuttosto casualmente, andò a lavorare per Ozone Community, una label che supportava il talento di studenti e neolaureati per definire la nuova moda giapponese. Dobbiamo considerare infatti che le radici del noto street style nipponico risalgono soltanto al dopoguerra, quando i militari statunitensi introdussero alcuni capi nel mercato nero del Sol Levante. I giapponesi dunque abbandonarono le tradizioni e si cimentarono in una reinterpretazione dello stile occidentale, decretando così l’inizio dell’estetica Americana. I decenni che vanno dagli anni Sessanta ai primi anni Ottanta erano dunque un periodo particolarmente fertile per una rinascita economica, ma soprattutto creativa. Nobuhiko, appassionato sin dall’adolescenza del costume occidentale e in particolar modo della musica punk, rock e new wave, vi vide un’ottima occasione per investire nelle sue passioni in una forma di business e arte allo stesso tempo, ovvero un brand di moda. Così nel 1984, sotto l’ala di Ozone Community, nasce HYSTERIC GLAMOUR, il marchio giusto al momento giusto.
Da lì in poi succederanno molte cose e la sua importanza sarà davvero rilevante. Qui sotto abbiamo raccolto i cinque motivi per cui dovete assolutamente conoscere la sua storia.
È stato pioniere dello streetwear giapponese
Negli anni Ottanta il concetto di streetwear era ancora allo stadio embrionale, tant’è vero che la parola stessa nemmeno esisteva. Tuttavia era un momento di forte cambiamento per tutto il mondo in generale ma soprattutto per quanto riguardava il Giappone. Lasciata alle spalle la guerra e coinvolta in una forte ripresa economica e culturale, la nazione stava scrivendo un nuovo capitolo del suo futuro e in questo i giovani erano i protagonisti assoluti. In quegli anni, tra i ragazzi era molto diffuso uno stile preppy ispirato ai college della Ivy League, ma ben presto cominciò a serpeggiare una sorta di ribellione estetica che guardava all’Europa e all’America e alla loro vibrante realtà fatta di sottoculture e impulsi rivoluzionari. Dunque arrivarono il punk, il rock e la new wave, influenzando uno stile d’abbigliamento completamente nuovo, fatto di capi più casual e funzionali, ma allo stesso tempo vettori di un messaggio contro ogni tipo di etichetta.
Nobuhiko Kitamura rimase molto affascinato da questo movimento e così, tra un disco di Patti Smith e un altro di Blondie, decise di approcciarsi al mondo della moda supportando la creazione di una corrente chiamata per l’appunto streetwear e sì, molto prima che Jun Takahashi e NIGO diedero una scossa di consolidamento con l’apertura di NOWHERE.
Ha fatto del punk e della provocazione la sua firma
Come già anticipato sopra, la nascita di HYSTERIC GLAMOUR è stata un modo per Nobuhiko Kitamura di convogliare le sue passioni in un modello di business. Il suo intento primario era infatti di tradurre in moda la musica punk, rock e new wave nel modo più fedele possibile al loro scenario anti-establishment e controculturale, reinterpretando l’estetica Americana.
Sin dall’inizio, quindi, le prime collezioni, spesso accompagnate da campagne decisamente controverse, vantavano un tratto distintivo che si basava su un approccio piuttosto caotico di grafiche sovversive e provocatorie, con richiami espliciti alla pornografia degli anni Settanta, elementi psichedelici e bizzarri rip-off.
Come legittimo che sia, però, il risultato fu un mix di questi generi con un’impronta giapponese, e dunque le sue prestigiose tecniche di lavorazione come il punto sashiko e la tecnica boro, che vediamo comparire per esempio su jeans assieme a borchie, patch o altre iconografie audaci.
Nonostante la fascia di prezzo high-end (giustificata da una qualità eccellente dei prodotti) che può far pensare a una clientela elitaria, il marchio ha sempre mantenuto intatti i propri valori di anticonformismo e indipendenza dal mainstream in perfetto stile punk.
Non mancano poi numerose capsule collection interamente dedicate ad artisti come Bob Dylan, Mick Jagger, David Bowie, Michael Jackson e i Velvet Underground.
Ha tradotto in moda la filosofia di Andy Warhol
Nel 1984, quando HYSTERIC GLAMOUR venne fondato, non c’erano modelli di riferimento, poiché la scena streetwear era ancora ai suoi albori. Internet non esisteva e nessuno era ancora in grado di assumere il ruolo di maestro. Dunque l’unico mezzo per apprendere e trarre ispirazione erano i libri. Così un giorno Nobuhiko Kitamura si è ritrovato tra le mani un volume sulla filosofia di Andy Warhol, che fu per lui una vera e propria illuminazione da applicare al suo brand.
Nelle sue collezioni però non vediamo riferimenti troppo palesi verso le opere dell’artista, quanto invece un’influenza del suo concetto di fondo. Ci spieghiamo meglio: elementi comuni come possono essere le automobili americane, i fumetti indipendenti e le insegne pubblicitarie diventano parte integrante della cultura pop, ed è esattamente questo che affascina Nobuhiko nel suo processo creativo. Trasformare tutto ciò di più comune in arte e renderlo accessibile è infatti l’elemento che lui fa più suo.
Detto ciò, per farvi capire quanto sia importante la sua devozione verso il padre della Pop Art, non possiamo fare a meno di citare un curioso aneddoto raccontato in un’intervista dal designer.
Nel 1986 un rappresentante di una società francese che distribuiva HYSTERIC GLAMOUR andò in un club di New York indossando i capi del marchio e inaspettatamente attirò l’attenzione di Andy Warhol, che gli si avvicinò dicendo “È fantastica la roba che hai addosso!”. Quando Nobuhiko Kitamura lo venne a sapere, decise immediatamente di vendere la propria auto per potersi comprare un biglietto aereo per la Grande Mela. Una volta arrivato là si mise alla ricerca dell’artista ma non riuscì a trovarlo. Incontrando una ragazza giapponese il cui fratello del fidanzato conosceva Warhol, scoprì che egli si trovava fuori città in vacanza. Dunque rassegnato, Nobuhiko se ne tornò a casa speranzoso di incontrarlo una prossima volta. La sfortuna volle però che da lì a poco Andy Warhol morì.
Sarebbe stato molto interessante poter assistere a un confronto tra i due, e con ogni probabilità ci saremmo ritrovati davanti a qualcosa di assolutamente straordinario. Tuttavia il destino fu avverso. Ma Kitamura si consolerà comunque più avanti collaborando con Nat Finkelstein, fotografo proveniente dalla celebre Factory, e realizzando diverse capsule assieme alla Andy Warhol Foundation.
Ha collaborato con molti brand
Nel suo percorso, Nobuhiko Kitamura ha intrapreso numerosissime collaborazioni, rendendo HYSTERIC GLAMOUR una realtà molto vivace e interessante, capace di districarsi in vari settori, dall’abbigliamento per uomo, donna e bambino agli articoli per la casa, fino all’arte e al design.
La lista dei nomi che compaiono tra le partnership è piuttosto corposa e soprattutto variegata: si va da UNDERCOVER a Modernica, ma anche mastermind JAPAN, NEIGHBORHOOD e Porter, fino a Casio, Dickies e Playboy, passando per brand un po’ più “underground”, quali Revenge x Storm, WACKO MARIA e Richardson. Ma come ben saprete, sono presenti anche due colossi dell’hype, ovvero Anti Social Social Club e Supreme, con cui ha unito le forze due volte nel giro di tre anni, rendendo chiara e visibile a tutti la condivisione di una spiccata sensibilità nei confronti della provocazione.
È entrato nella cultura pop
L’impatto di HYSTERIC GLAMOUR non tardò a farsi sentire in tutto il mondo e, oltre a possedere ben cinquanta punti vendita in Giappone, il brand si allargò anche in Inghilterra con l’apertura nel 1991 di uno store che ben presto conquistò nomi del calibro dei Sex Pistols; ma non solo, nei due anni in cui un temporary shop aprì le porte nel quartiere East Village di New York, tra i clienti si annoveravano personalità come Keith Haring, Iggy Pop, Terry Richardson, Courtney Love, Kurt Cobain e Kate Moss.
Addirittura, nel 2004, nel brano “Harajuku Girls” tratto dall’album “Love. Angel. Music. Baby.”, Gwen Stefani non nascose di essere una fan con una straordinaria strofa che fa: “My boyfriend bought me a HYSTERIC GLAMOUR shirt, they’re hard to find in the States, got me feeling couture”.
Forse il riferimento più importante non lo troviamo però nel mondo della musica, bensì in quello del cinema. Nobuhiko Kitamura è infatti un grande amico di Sofia Coppola e così, nel 2003, in una scena in cui Bill Murray e Scarlet Johansson scoprono la vita notturna di Tokyo, nel film “Lost in Translation” il designer compare in un cameo direttamente ispirato al suo rapporto con la celebre regista.