In oltre quarant’anni di storia, le silhouette prodotte da Nike sono state moltissime, ricordarle tutte sarebbe davvero un’impresa impossibile.
Ma quali sono i modelli che un vero appassionato del brand dovrebbe assolutamente conoscere?
Così come è nata se ne vedono poche in giro ormai. Disegnata nel 1985 da Peter Moore, lo stesso ideatore delle Air Jordan I, la Nike Dunk venne creata per soddisfare le esigenze dei giocatori di basket collegiale in America.
Sedici anni più tardi, nel 2001, l’azienda dell’Oregon si trovò davanti all’esigenza di creare una nuova scarpa da skateboard e Bodecker, ai tempi direttore generale di Nike SB, vide una possibile soluzione nella riprogettazione della Dunk.
Il risultato? Una scarpa con un’imbottitura aggiunta nelle insole per ridurre l’impatto, con una suola modificata per garantire un maggior grip e caratterizzata dalla cosiddetta “Fat Tongue”, un dettaglio che ancora oggi rende questa silhouette unica.
Se avete un debole per la Air Jordan I non potete permettervi di non conoscere la storia delle Air Ship.
Prima delle celeberrime AJ I, Michael Jordan scese in campo con questa scarpa, ideata nel 1984 da Bruce Kilgore, lo stesso designer che solamente due anni prima rivoluzionò il mondo delle calzature sportive con la Air Force 1.
Dietro la Air Ship si nasconde un alone di mistero che ancora oggi fa storcere il naso a molte persone. Nel 1985, precisamente il 18 ottobre, Nike e “His Airness” vennero a conoscenza, tramite una lettera spedita dalla NBA, di aver violato la politica di “Uniformity of Uniform”. La prima Air Jordan I ufficialmente utilizzata da Michael, invece, risale al 17 novembre 1985 e quindi sembrerebbe che la NBA bandì le Air Ship e non le AJ 1.
Ancora oggi esiste una petizione per far sì che Nike torni a produrre la Air Ship.
Correva l’anno 1985 quando Tinker Hatfield, giovane architetto inizialmente assunto da Nike per costruire alcuni uffici, si mise all’opera per creare la scarpa che due anni dopo passò alla storia come Air Max 1.
Non tutti sanno però che prima della AM 1 del 1987, così come la conosciamo tutti, Nike produsse alcuni sample che furono scartati a causa della forte instabilità della scarpa dovuta all’enorme bolla d’aria presente nell’intersuola.
Dopo alcuni mesi, il team di design del brand capì che la soluzione era quella di produrre una suola in un pezzo unico (inizialmente venne creata in più step per poi essere assemblata) caratterizzata da una bolla d’aria molto più piccola rispetto ai primi prototipi.
Il resto è storia!
La maggior parte delle persone sicuramente conosceranno la Nike Cortez, ma forse non tutti sanno la storia che si cela dietro questa scarpa.
Chi ama Nike deve amare per forza anche Bill Bowerman. Senza Bill probabilmente oggi non staremmo parlando di Nike ed è proprio a lui che si deve la creazione di questo modello.
Erano gli anni ’60 quando un giovane Phil Knight, forte della partecipazione dell’allenatore di atletica Bowerman, diede vita alla Blue Ribbon Sport, una piccola azienda self-made che aveva come scopo quello di importare le Onitsuka Tiger dal mercato giapponese.
Un punto di svolta si ebbe nel 1969, in occasione dei giochi olimpici del Messico, quando Kihachiro Onitsuka commissionò a Phil e Bill la creazione di un nuovo modello che potesse permettere agli atleti sponsorizzati Onitsuka Tiger di spiccare. Unendo la tomaia e la suola di due delle Tiger più performanti del momento, Bill Bowerman diede vita alla Onitsuka Tiger Corsair.
Allo stesso tempo però, la Blue Ribbon Sport stava continuando a crescere in maniera esponenziale e sia Bowerman che Knight vedevano sempre più vicina la possibilità di iniziare a produrre sneakers.
Ma all’inizio degli anni ’70 cominciarono i problemi. Onitsuka Tiger aveva iniziato a produrre le Corsair, mentre la BRS, all’insaputa del partner giapponese, era pronta a mostrare al mondo quelle che pochi mesi dopo sarebbero diventate le Nike, producendo una silhouette identica alla Corsair.
Mancava sempre meno alle Olimpiadi di Monaco del 1972 e a complicare ancor di più le cose arrivò anche adidas. Le scarpe prodotte da Nike sarebbero dovute uscire con il nome di “Aztec”, ma nello stesso periodo il brand tedesco fece uscire le “Azteca Gold”, minacciando di svolgere un’azione legale contro il marchio americano a causa del nome.
All’ultimo momento, Nike cambiò il nome da “Aztec” in “Cortez”. Il perché? Semplice, Cortez fu colui che sterminò gli Aztechi.
Alla fine, si decretò che sia Onitsuka Tiger che Nike potevano produrre la stessa scarpa vendendola però con appellativi diversi.
La storia dell’evoluzione dell’unità Air visibile che caratterizza le Nike Air Max ha davvero dell’incredibile. Dal 1987 con la Air Max 1, fino al 2019 con la Air Max 720, la suola più famosa di sempre ha percorso molta strada.
Non tutti sanno però che durante i primi anni ’80 i designer Nike fecero dei primi esperimenti che sfociarono nella creazione della Air Mariah, un sample caratterizzato dalla tomaia della classica Mariah con una Air sole completamente visibile in poliuretano.
Naturalmente questo prototipo era impossibile da utilizzare per via della sua fragilità, ma dopo circa trentasette anni, nel 2017 con la Air Vapormax, il brand di Beaverton ha celebrato il sogno di una vita creando la prima scarpa con unità Air senza nessun elemento strutturale aggiuntivo, mettendo così il piede a contatto direttamente con la bolla.