“Circus Maximus” è un viaggio nell’utopia di Travis Scott

Quando Sir Thomas More, umanista e politico cattolico inglese, scrisse nel 1517 “Utopia”, formulò il postulato per la creazione di una dottrina che da lì in poi avrebbe contraddistinto il pensiero critico verso l’ideazione di una società ideale. Nonostante il suo pensiero si basasse sull’ideale medievale della vita contemplativa, fu spunto di numerose visioni di civiltà che ancora oggi determinano il sistema sociale corrente, dalle conformazioni abitative/architettoniche sino a moderni standard di equità stato/lavoro.

L’utopismo è infatti una filosofia che comprende una varietà di modi di pensare o di tentare di creare una società migliore. Inizia con la dichiarazione apparentemente semplice ma potente che il presente è inadeguato e che le cose possono andare diversamente. Presente nelle comunità, nei movimenti sociali e nei discorsi politici, critica la società e proietta in modo creativo la possibilità di un nuovo futuro libero dalla morsa del tempo, incarnando l’impulso umano di lunga data verso l’automiglioramento. Ma cos’è Utopia per Travis Scott?

Tra gli elementi più interessanti che hanno accompagnato l’uscita del suo nuovo lavoro, presentato per la prima volta al grande pubblico con il meraviglioso concerto tenutosi al Circo Massimo il 7 agosto, c’è il film che Travis Scott ha concepito per accompagnare il suo non luogo o posto felice, Circus Maximus, che probabilmente più dell’album stesso permette a chi fruisce della sua immagine e arte di addentrarsi per la prima volta in nuova fase artistica dell’artista di Houston.

L’opera visiva di Travis Scott, coadiuvata da cineasti del calibro di Harmony Korine, Nicolas Winding Refn, Gaspar Noé, Kahlil Joseph e Valdimar Jóhannsson, si sviluppa secondo uno schema narrativo circolare e ciclico che si suddivide su molteplici piani temporali. Un viaggio continuo che definisce la sua trasformazione, evidenziandone le paure, la contemplazione emotiva, nell’arco formativo di crescita del suo personaggio.  

L’idea che traspare, seguendo quasi un flusso di autoanalisi di Scott, è che l’artista senta il bisogno viscerale di svestirsi da quell’ideale che fino ad oggi lo vedeva erroneamente come catalizzatore della mecca dei brand consumistici americani, definito anche da Forbes corporate america’s brand, (Scott ha sintetizzato un decennio di sviluppi nel pop, trap, R&B, arte e moda in un solido catalogo di successi e collaborazioni aziendali intelligenti, perseguendo un modello ibrido in cui lavora con e all’interno di grandi marchi, ma in modi in cui dice loro cosa fare o dire, piuttosto che il contrario) riportando nuovamente la sua arte al centro di tutto.

Come raccontato dal giornalista di Vulture, Craig Jenkins, dopo i tragici avvenimenti dell’Astroworld Festival nel 2021, evento clou del suo precedente album che portò alla morte 10 spettatori, di cui tre di età inferiore ai 18 anni, Scott sentiva il bisogno di distaccarsi dalla realtà terrena che fino ad ora lo aveva legato alla sua carriera, provando a concepire un nuovo mondo dove poter ritrovare la sua integrità emotiva e psicologica.

Il suo viaggio inizia nelle lande desolate dell’Islanda, in cui il simbolismo ne fa nettamente da padrone. Nei meandri della terra, dove il flusso dell’acqua avvolge il protagonista come sinonimo di una nuova vita, l’artista di Houston cade in trance avvolto da un Kraken (figura ricorrente nella cultura scandinava), a simboleggiare i misteri delle profondità, dei desideri subconsci più profondi, così come delle proprie emozioni che possono apparire grandi e sembrare mostruose. Il tutto avviene all’interno di una caverna più buia dell’oscurità, a rappresentazione del mondo fisico, il regno dei sensi e il regno dell’ignoranza.

Distruggendo la sua precedente identità, Travis Scott comincia a navigare irregolarmente in indefiniti spazi e località, trovando riparo solamente nella tenuta di Rick Rubin, che sembra prefigurarsi nell’immagine di Caronte (o di Morte), accompagnandolo nelle fasi del suo mondo utopico. La camera diventa l’occhiello di una tela squarciata dove osserviamo i due discutere di alcune fasi fondamentali nella carriera di Scott così come dei tragici avvenimenti dell’Astroworld Festival: “Come va a casa? La casa non è più la stessa da un po’. Sento l’eco per metà della giornata”(conversazione tra Rick Rubin e Travis Scott tratta da Circus Maximus).

Nei vari corti che comprendono la totalità del film, che potremmo definire senza dubbio dei canti, il corpo di Scott diventa essenziale nel rappresentare i continui e repentini cambi tematici che lo vedono protagonista di una propria espiazione personale. Passando dalla Nigeria alla Copenaghen di Refn, perfettamente simboleggiata dalle location di Pusher, primo film del regista danese, e dal driver di Drive, sino all’house francese di Gaspar Noé e dell’ex Daft Punk Guy-Manuel de Homem-Christo, Scott ritrova la sua perfetta raffigurazione nell’anfiteatro di Pompei dove esegue un vero e proprio concerto, la cui manifestazione ha ricordato a molti addetti ai lavori la raffigurazione estetica del live show di Kanye West per Donda a Chicago nel 2021.

Travis Scott è stato eccezionale nel creare un continuum spazio-temporale intorno alla sua musica. Per Circus Maximus l’artista ha viaggiato in Islanda, Nigeria, Danimarca, Francia e Italia per dare un senso alla sua personale utopia. Quando Rubin gli chiede di parlare dell’album, l’artista spiega che il suo concetto di mondo utopico non è così bello, ma diventa il modo per trasferire la sua energia da una persona all’altra senza romperla o interromperla lungo il percorso.

Circus Maximus sembra essere la perfetta prosecuzione di una crescente sperimentazione cinematografica che da qualche anno accompagna la visione artistica ed estetica di alcuni grandi protagonisti del rap. Jesus Is King, così come Donda, di Kanye West, sono stati precursori di una nuova concezione di album visivi dove la funzione cinematografica arricchisce il significato insito nella loro narrazione, così come per Donald Glover, Frank Ocean o The Weeknd. Travis Scott prendendo spunto da film come Arrival, Blade Runner e Tenet, ci fa partecipi di un nuovo mondo, dove il suo corpo agisce come salvatore della sua vita stessa.