Com’è nata la Nike Air Huarache?

Il 2021 segna il trentesimo compleanno della Air Huarache e Nike ha già dato il via alle celebrazioni con l’uscita della “Scream Green”: una release attesissima dagli appassionati poiché il modello sarà per la prima volta fedele in ogni dettaglio alla versione del 1991.

La Air Huarache fa parte di una lista molto corta di modelli che non sembrano non mostrare i segni del tempo e, anche a decenni dalla loro uscita originale, non hanno perso il loro look futuristico.

Nonostante il modello abbia perso un po’ di appeal, soprattutto tra i più giovani, a causa di una gestione terribile da parte di Nike tra il 2015 e il 2016, la Air Huarache resta un simbolo dell’innovazione tecnologica di Nike e uno step fondamentale nell’evoluzione delle calzature sportive. Molto semplicemente, senza la Huarache non ci sarebbero molte delle scarpe di oggi.

Fin dalla fondazione del brand una delle missioni di Nike era quella di creare la scarpa perfetta per ogni runner, capace di adattarsi non solo ai ritmi e allo stile di corsa ma anche alla forma del piede garantendo il fit perfetto di una calzatura su misura. L’uomo ideale per portare a termine un compito così impegnativo era Tinker Hatfield, l’unico designer dello Swoosh dotato non soltanto dell’esperienza ma anche della visione necessaria a creare la scarpa da running perfetta. Alla fine degli anni ‘80 Nike aveva già sperimentato l’utilizzo di tomaie elastiche realizzate con tessuti sintetici, come la Air Flow o la Air Current. L’episodio che portò Hatfield a prendere in considerazione l’utilizzo del neoprene, però, è quanto di più distante possa esserci dalla corsa su strada. Il designer ha raccontato diverse volte di aver ricevuto l’illuminazione durante un’uscita in motoscafo per fare sci d’acqua. Dopo una caduta si rese conto di come l’acqua avesse fatto aderire perfettamente alla sua caviglia gli stivaletti antiscivolo in neoprene che stava utilizzando e, da quel momento, nella sua testa non ci fu più posto per lo sci d’acqua: stava già nascendo la sua prossima creazione. Fin dai primi sketch Tinker Hatfield sviluppò una struttura ultraleggera mai vista prima, che vedeva l’utilizzo di un calzino in neoprene e di un esoscheletro in pelle come unico elemento di contenimento del piede. Questa soluzione garantiva totale libertà di movimento al piede senza perdere stabilità e controllo della torsione laterale, oltre a garantire la possibilità di costruire tomaie senza cuciture a contatto con il piede del runner.

Il nuovo modello pensato da Hatfield non era una rivoluzione soltanto dal punto di vista tecnologico, ma anche da quello estetico: il designer statunitense decise di eliminare completamente lo swoosh laterale e ridurre al minimo il branding, convinto che la miglior mossa di marketing sarebbe stata convincere il pubblico che solo Nike fosse capace di una tale dimostrazione di capacità e nuove tecnologie, rendendo il suo nuovo modello un simbolo riconoscibile a tutti al pari dello swoosh o del logo Nike Air.

Il nome, poi, ha un’altra storia decisamente particolare. Durante le prime fasi di sviluppo Hatfield cominciò a inviare via fax alcune bozze del nuovo modello al suo collega Sandy Bodecker che, vedendo per la prima volta quella che sarebbe diventata la Huarache, pensò a un sandalo antico e, prima di rimandare al mittente gli sketch con i suoi commenti, aggiunse a pennarello la scritta “sneaker of the gods”, tracciando un parallelo con le calzature degli Dei dell’Olimpo. Il primo nome riportato sugli sketch di Hatfield è “Harrachi Runner“, una storpiatura del nome di un tipo di sandalo piatto tipicamente prodotto in Messico che si chiamava, appunto, Huarache. Nonostante i moltissimi errori di pronuncia tipicamente europei, il nome Air Huarache divenne da subito un punto di forza che contribuì a delineare l’identità del nuovo modello: in un’era in cui Air Max e Air Jordan non erano numerate e di anno in anno mantenevano lo stesso nome, la Huarache ottenne il suo e lo conserva ancora oggi, a trent’anni di distanza.

Seppur fosse il designer di punta di Nike, Tinker Hatfield incontrò enormi difficoltà nel far approvare il suo nuovo progetto, che rischiò fino all’ultimo di non vedere la luce. Gli executives Nike bocciarono immediatamente l’assenza di uno swoosh visibile e di un branding così ridotto, e Hatfield si trovò anche a dover affrontare le enormi resistenze dei clienti del brand. I negozianti statunitensi, così come i giornali che trattavano di running, mostrarono enorme diffidenza nei confronti dei primi prototipi della Air Huarache: per la prima volta veniva loro presentato un modello in cui per la prima volta la tomaia tradizionale era sostituita da una calza in neoprene e il supporto attorno al tallone era completamente assente. Nell’autunno del 1990 la Air Huarache non raggiunse il numero minimo di ordini per entrare in produzione, mettendo ufficialmente la parola fine al progetto di Tinker Hatfield.

La svolta arrivò pochi mesi dopo, quando un agente di Nike di nome Tom Hartge, convinto dell’enorme valore della nuova creazione di Tinker Hatfield, decise di scavalcare la linea di comando e mandare in produzione cinquemila paia di Air Huarache a fronte di zero ordini, un gesto che avrebbe potuto costargli il posto, la carriera e una causa legale da Nike, ma che si rivelò come il momento “sliding-doors” che rivoluzionò per sempre l’industria delle calzature sportive. Hartge portò le Air Huarache alla Maratona di New York del 1991 e iniziò a venderle direttamente ai runner dallo stand Nike allestito a Times Square. Questo metodo inusuale creò un enorme buzz attorno al nuovo prodotto e portò nelle settimane successive la richiesta delle Air Huarache da zero a mezzo milione di paia.

La Nike Air Huarache venne rilasciata ufficialmente nell’autunno 1991, accompagnata da una serie di poster e pubblicità su Sports Illustrated che facevano il verso a una campagna sociale di qualche anno prima, recitando “Have you hugged your foot today?”. Memorabile anche il futuristico spot per la TV che vedeva protagonista Michael Johnson, fresco campione del mondo nei 200 metri a Tokyo in procinto di partire con Team USA per la spedizione olimpica di Barcellona 1992.

Nel 1992 fece il suo debutto ufficiale non soltanto il nuovo logo ma anche la linea Huarache, con l’arrivo sugli scaffali della Flight Huarache disegnata da Hatfield insieme a un giovane Eric Avar.

In un’intervista presente nel libro “Sneakers” di Rodrigo Corral, Alex French e Howie Kahn, Tinker Hatfield raccontò che dopo l’uscita della Air Huarache ricevette una lettera da una runner newyorkese. La donna gli raccontò che anni prima un taxi le passò su un piede, fratturandolo e obbligandola ad essere operata. Da quel momento fu obbligata a smettere di correre, poiché qualunque scarpa le rendeva ogni falcata molto dolorosa. La runner ringraziò personalmente Hatfield poiché indossando le Huarache, per la prima volta poté tornare a correre senza dolore.

La creazione della Air Huarache ha completamente rivoluzionato il modo di pensare e disegnare le calzature sportive e ha avuto un’enorme influenza sull’industria negli ultimi trent’anni. Il lavoro di Tinker Hatfield ha dimostrato come il “fit perfetto” non fosse un’utopia ma un obiettivo da perseguire e ha dato il via al processo di ricerca e sviluppo che ci ha regalato la Air Presto, Nike Free e tutti i modelli con tomaia knitted.

La Nike Air Huarache è nata da una caduta facendo sci nautico. Tutto il resto è storia.