Un “attacco massiccio”, ma non come quelli a base di missili e droni che capeggiano in questi giorni in cima alle notizie. Al contrario, un attacco massiccio ma non violento proprio a quei leader politici e a quelle dinamiche legate a potere, controllo e denaro che fanno dell’attualità un tragico teatro di guerra, sfruttamento e rabbia sociale.
Possiamo definirlo così, in poche righe, il nuovo tour con cui i Massive Attack hanno recentemente girato l’Italia toccando luoghi come Milano, Ferrara, Napoli, Taranto e infine Gorizia, piccola città al confine con la Slovenia che è stata nominata quest’anno come prima Capitale Europea transfrontaliera della Cultura assieme alla “gemella” Nova Gorica. Una scelta probabilmente non casuale, quest’ultima, visto il forte messaggio contro i conflitti fra terre vicine che il collettivo capeggiato da Robert “3D” Del Naja e Grant “Daddy G” Marshall si sta impegnando a portare avanti spettacolo dopo spettacolo attraverso uno storytelling di grande impatto.

Ma andiamo con ordine. L’iconico gruppo di Bristol padre del genere trip hop nasce sul finire degli anni Ottanta, affermandosi nel decennio successivo con un connubio sonoro ancora inedito: texture sonore dense e fumose spesso contraddistinte da un importante uso di campionamenti, ritmi rallentati e linee vocali quasi ipnotiche che vengono improvvisamente squarciati da intermezzi distorti o abrasivi di chitarre elettriche e sintetizzatore. Tuttavia la musica è solamente uno degli ingredienti della proposta artistica che ha reso il duo una sorta di culto alternativo nel corso dei decenni. L’interesse e l’impegno su tematiche sociali e politiche sono infatti un elemento di primo piano nella loro narrazione fin dagli esordi e anche oggi, nel 2025, a quindici anni di distanza dal loro ultimo lavoro discografico, i due musicisti riescono a raccontare e criticare l’attualità con toni di aperta denuncia e con uno sguardo lucido e mai banale.

Le immagini della distruzione causata dalle guerre a Gaza e in Ucraina, lo sfruttamento delle risorse naturali nelle nazioni più povere del mondo e le facce dei più discussi Capi di Stato del momento si alternano quasi senza sosta a filmati realizzati in computer grafica ed effetti stile codice informatico all’interno dei collage video che accompagnano nel maxischermo le performance dei brani. Non mancano poi momenti in cui le didascalie testuali lanciano messaggi rivolti direttamente al pubblico: le teorie della cospirazione potrebbero essere un ulteriore strumento di controllo attraverso la diffusione del sospetto, il flusso di notizie e le regole degli algoritmi generano apatia e rabbia sociale. Mentre la band di Bristol suona il loro pezzo del 1991 “Safe from Harm”, infine, sui ledwall appaiono dati e numeri sulle vittime del conflitto in Palestina e sul supporto dei governi occidentali alla leadership di Israele. E tutto questo magistralmente abbinato alle sonorità delle loro canzoni, da quelle provenienti dall’iconico album “Mezzanine” all’inedita cover di “In My Mind” di Dynoro e Gigi D’Agostino.
Uno scossone all’establishment diretto, un flusso di parole e immagini capace di spazzare via ciò che loro identificano come l’inerzia strisciante in cui il “sistema” sociale e politico ci vuole tenere assuefatti per prevenire una forte messa in discussione delle sue fondamenta. È questo l’ammirevole, interessante e coraggioso messaggio che il gruppo vuole trasmettere senza limitarsi a passare in revisione i suoi successi su un palco come qualunque artista o gruppo di consolidata fama potrebbe fare, bensì usando quest’ultimo come pulpito per tirare uno “schiaffo di realtà” a chi vive ancora nell’indifferenza.

Questo approccio rappresenta inoltre uno degli “indizi” a sostegno di una teoria circolata sui media e nel web già anni fa secondo cui dietro l’identità di Banksy si cela nientemeno che il fondatore del gruppo Robert Del Naja. Lo dimostrerebbero una serie di coincidenze fra le date dei live e le comparse delle opere del noto street artist, la gaffe di un dj radiofonico inglese e il già citato interesse condiviso per le tematiche sociali di stringente attualità. Insinuazioni, queste, che però lo stesso Del Naja smentì presto, pur non negando un’affinità. Ciononostante, vista la forte somiglianza tra il modo in cui Banksy e i Massive Attack usano la propria arte per affrontare i temi delicati del mondo contemporaneo, ci piace continuare a pensare a un crossover tra queste figure.