Cosa c’è dietro a uno dei festival più cool d’Europa

Per certi versi, quella in cui a Torino si svolge il festival – quest’anno dal 31 ottobre al 3 novembre, tra Lingotto, OGR e Combo – è davvero la “settimana santa” dell’elettronica più intelligente, del pop dell’ultra-futuro, di chi insomma crea o cerca una sfera musicale coraggiosa, particolare, visionaria. Ma attenzione: non si resta circoscritti a questo. Di solito, infatti, queste coordinate musicali sono il culto di selezionati appassionati, di nicchie specifiche, ma nell’arco di vent’anni e passa il festival torinese (nato originariamente come Club To Club, quando nei primi anni aveva una identità più marcatamente “dance”) è riuscito a fare un lavoro davvero incredibile e raro: da un lato di affinamento ed intensificazioni delle componenti di ricerca e sperimentazione artistica, dall’altro di aumento della popolarità. Una quadratura del cerchio piuttosto rara. Con una serie di mosse coraggiose ed anche un po’ a sorpresa, si è guadagnato infatti uno status altissimo fra appassionati ed addetti ai lavori, e fin qui va bene; ma lo ha fatto a tal punto da diventare uno di quegli eventi a cui “non si può mancare” anche per un pubblico trasversale (ma comunque sensibile ed attento a trecentosessanta gradi). 

A ciò si aggiunge l’ormai consolidata partnership con adidas Originals, che va avanti ormai da diversi anni. Non sono allineamenti di pianeti che avvengono per caso: il festival torinese ha una lunga storia e una affilata attenzione a tutta una serie di aspetti per niente scontati, per niente facili, cosa che gli ha permesso di diventare col tempo – ed anche con la giusta fatica ed impegno – uno dei festival più ambiti e rispettati d’Europa; adidas Originals ha una lunga tradizione di legami con la musica e con realtà in grado di dettare le regole dello stile mantenendo l’autenticità. È per questo che anche quest’anno il marchio tedesco ha deciso di diventare main partner della XXII edizione del C2C Festival di Torino, con una serata esclusiva targata adidas dedicata alla musica avant – pop che si terrà il 3 novembre.

Ormai da molti anni le presenze a C2C si contano nell’ordine delle decine di migliaia ad ogni edizione: e a questo si è arrivati senza aver mai svenduto un’oncia della propria anima e del proprio DNA. Un DNA lo ripetiamo appunto non facile, non mainstream, non immediatamente accessibile. DNA originariamente patrimonio solo di un segmento molto particolare di appassionati di musica, che ben si sposa con quello di adidas Originals, forte di un legame con la musica sperimentale e l’innovazione sonora.

Abbiamo fatto una chiacchierata con la direzione artistica del festival per capire come tutto questo sia stato possibile (e difficile), e come riesca a ripetersi ogni anno, cercando di indagarne i punti forti e le specificità del “fenomeno C2C”; e abbiamo scambiato un po’ di parole anche con una delle presenze più interessanti di questa edizione 2024, dove il video-artista inglese Weirdcore (a farla breve: quello che da qualche anno a questa parte ha creato l’incredibile immaginario luci ed immagini dei live show di Aphex Twin) ha creato appositamente per adidas Originals una versione inedita di una performance e installazione a cui sta lavorando già da tempo, in esposizione presso il Lingotto di Torino fino al 2 novembre.

La parola, prima, a Guido Savini, direzione artistica di C2C.

Oggi, l’ecosistema della musica live – anche quello più legato all’avanguardia o all’elettronica – si muove processi molto lineari e, verrebbe da dire, quasi cinici nella loro ricerca della massima efficienza: se sei un artista vieni bookato, vieni pagato in anticipo, fai il tuo show così com’è e amen, finisce lì. Una delle caratteristiche di C2C invece è di essere riuscito spesso a volentieri a creare dei rapporti speciali con alcuni artisti, andando molto al di là di questa dinamica inappuntabile ma arida. Jeff Mills e Kode9 sono degli esempi perfetti, e a quanto pare ora sta accadendo lo stesso con Weirdcore, anche lui coinvolto in progetti “on purpose” per il festival: quanto è difficile oggi, in questo contesto così altamente professionalizzato ed efficientista, riuscire a ricreare questi “rapporti speciali”, che sono effettivamente un notevole valore aggiunto? Qual è il vostro segreto per riuscirci?

Ci sono artisti che arrivano al nostro festival con cui fin da subito scatta una speciale affinità, che poi si sviluppa in legami più profondi: questione di visioni comuni su ciò che è la creatività, su un’attitudine che in qualche modo si sente condivisa. Molti artisti negli anni hanno definito C2C “Il festival ideale”, e il fatto di tornare più volte nel corso delle varie edizioni permette loro di entrare in contatto con persone che sentono veramente vicine come approccio, come visione. Con Weirdcore comunque è stato amore a prima vista: abbiamo collaborato con lui per la prima volta nel 2018, in occasione dello show di Aphex, e da quel momento è venuto spontaneo dare vita a tutta una serie di progetti in comune. Quando c’è una base di rispetto reciproco, di affinità di visione e di voglia comune di spostare un po’ più in là i confini della performance e della creatività, è facile che si vada molto al di là della mera relazione professionale per un singolo concerto.

Come è nata la partnership con adidas Originals? Come avete descritto il festival al brand – e come ha reagito il brand a questa descrizione?

Noi collaboriamo unicamente con brand con cui sentiamo di poter creare qualcosa di autentico. Più volte le nostre strade e quelle di adidas Originals si sono intrecciate, questo ci ha permesso di conoscerci sempre meglio reciprocamente, di capire sempre più le rispettive visioni, i rispettivi valori, le rispettive filosofie. È fondamentale che da parte del brand ci sia una totale comprensione di cosa sia C2C, e cosa rappresenti: e nell’esserci, c’è quindi una totale fiducia nei nostri confronti.

Come avete costruito la line up della serata targata adidas Originals?

Per ADIDAS ORIGINALS X C2C FESTIVAL abbiamo cercato artisti che rispecchiassero in pieno lo spirito forte e senza compromessi del brand, rispettandone le profonde connessioni con tutto ciò che sono le community musicali più autentiche e la urban culture più vibrante. Isabella Lovestory, evilgiane, John Talabot e Miss Jay, rappresentano perfettamente l’energia creativa dell’underground – qualcosa che adidas Originals ha sempre supportato al massimo. Isabella Lovestory è un’artista reggaeton in grande ascesa, fiera delle sue origini centroamericane ma anche dalla spiccata sensibilità pop; evilgiane è probabilmente la figura più significativa nell’rap americano underground; Miss Jay è una figura molto interessante nella nuova scena elettronica di Milano, molto vivace e stimolante. Poi John Talabot: non ha bisogno di troppe presentazioni, è un maestro della scena clubbing catalana e da tempo un protagonista assoluto a livello globale, grazie al suo approccio privo di barriere mentali e stilistiche su tutto ciò che è musica da dancefloor e alla sua capacità di mettere in campo di continuo nuove sfide artistiche – non è un caso che già da 15 anni sia uno dei dj preferiti in assoluto per tutto il team che cura la direzione artistica di C2C. Si tratta insomma davvero di artisti che, esattamente come nel DNA di adidas Originals, cercano ciascuno nel suo campo di spostare un po’ più in là le convenzioni dei contesti a cui appartengono sfidando i luoghi comuni, restando al tempo stesso autentici al cento per cento. Per adidas Originals supportare le individualità di talento è importante tanto quanto rispettare l’autenticità delle subculture da cui questo talento nasce, e in cui questo talento si è nutrito.

Pensate che la definizione “arty” sia appropriata per un festival come C2C?

Non ne siamo sicuri. Non è una definizione che amiamo tantissimo, però è innegabile che molto di quello che facciamo spesso è in qualche maniera collegabile anche al mondo dell’arte contemporanea. Non fosse altro perché c’è questa coincidenza temporale con la Art Week torinese: se arrivi a Torino per la Art Week e poi ti ritrovi ad andare a C2C, o viceversa, è molto facile che ti verrà ancora più voglia di tornare a Torino gli anni successivi per goderti di nuovo entrambi gli eventi assieme.

Se passiamo in rassegna gli oltre vent’anni di storia del festival, quali sono i live o dj set che secondo voi sono stati cruciali nel definire l’identità del festival, e magari anche nel fargli fare un salto di qualità?

Più che singoli live o dj set, c’è stata davvero una fase in cui alcune cose davvero uniche hanno iniziato ad accadere a C2C: pensiamo alla presenza in line up di Frano Battiato nel 2014, a quella di Thom Yorke l’anno successivo, ai Kraftwerk nel 2017, il già citato Aphex Twin nel 2018. Ogni anno era come se riuscissimo a tirare fuori un incredibile coniglio dal cilindro! Questa fase è stata fondamentale per darci grande visibilità trasversale ed anche per consolidare la nostra reputazione. Oggi C2C è un festival solido, da cui la gente si aspetta sempre tanto – e questo può anche diventare una forma di pressione, un surplus di responsabilità. Chi arriva al nostro festival crede molto in noi, nelle nostre scelte (non a caso, le ultime tre edizioni sono andate tutte sold out), e questo significa che ogni singola scelta che facciamo deve essere attentamente soppesata. Se parliamo di line up, per costruirla nel modo che vogliamo ci mettiamo dai 12 ai 18 mesi di lavoro per edizione, tanto per dare un’idea: ogni tassello deve essere non solo prezioso di per sé, ma deve dare un’idea di coerenza e consistenza artistica complessiva.

Ora è il momento di passare a Weirdcore. 

Per l’edizione 2024 di C2C, hai preparato per adidas Originals un’installazione speciale, qualcosa creato appositamente per il festival: di che si tratta? Quali sono gli stimoli e le idee che l’hanno fatta nascere?

Il concept originario nasce dalle grafiche e dei poster che circolavano nel periodo dei rave storici inglesi. Quello che vedrete a Torino è la terza versione di questo mio progetto, a nome “RGB²CMY”: è però la prima volta che in esso incorporo sia parti testuali che elementi UV, quindi è davvero qualcosa di abbastanza inedito. Lo scopo è quello che di ricreare un contesto che ti faccia in qualche maniera “sentire” le sensazioni forte e intense che puoi provare dopo aver speso tutta una notte a ballare – il tutto in maniera naturale, senza trucchi, senza addittivi.

In generale, in che modo descriveresti la tua estetica, i suoi fondamenti?

Di grande impatto visivo, fisico, con un’attitudine punk. Cerco di capire cosa vuole la gente, e cerco sempre di darglielo – ma non nella maniera in cui se l’aspettano. 

Quali sono le tue fonti d’ispirazione?

Tutto quello che mi circonda. Tutto quello, ad esempio, che mi capita di vedere mentre cammino, corro, vado in bici… Per questa installazione specifica, per dire, l’ispirazione arriva dalla maniera in cui secondo me percepiamo i poster sulle mura una volta che siamo usciti da una lunga nottata in un club. Capite? Mi fisso su questi particolari… Anche se la mia estetica non ha di per sé una spiccata componente narrativa, mi baso infatti più su sensazioni che sullo sviluppo di una storia specifica e strutturata, c’è comunque sempre una scelta di contesto ben precisa, nel momento in cui cerco di restituire la realtà delle cose attraverso una prospettiva particolare.

Com’è lavorare con Aphex Twin?

Beh, è incredibile. Se potessi scegliere un’unica persona con cui lavorare, di sicuro quella persona sarebbe lui. Lui spesso si prende delle lunghe pause, che è il motivo per cui non posso permettermi di lavorare solo per lui, non sarebbe sostenibile per me, ma questo significa anche che ho sempre il tempo di sviluppare a modo anche altri progetti. Lavorare con lui crea un unico problema: che faccio fatica ad appassionarmi all’idea di lavorare con altri artisti nel campo della musica elettronica. Devo infatti trovare qualcuno di cui ammiro davvero lo stile e che trovo effettivamente unico nel suo campo – il che è abbastanza difficile! Ecco allora che non è un caso che mi capiti di operare spesso al di fuori del campo della musica, con progetti legati magari al mondo della moda o ad altri campi creativi ancora. 

Foto di
Fabiana Amato