Cosa ci comunicano i naked dresses di Lotta Volkova?

La nuova collezione di Jean Paul Gaultier in collaborazione con Lotta Volkova, basata sulla rievocazione dell’heritage del brand francese, lascia spazio a nuovi interrogativi all’interno del mondo della moda. Il tocco della stylist russa, per anni braccio destro di Demna Gvasalia, ha deciso di “resuscitare” alcuni pezzi d’archivio risalenti agli anni ’90 del brand: si tratta della collezione del 1996, che è stata rimessa in gioco da Lotta Volkova riportando una tecnica e un design che avevamo già visto, ad esempio, sulla trompe-l’œil jacket.

1996, Jean Paul Gaultier, Trompe-l’œil jacket

Quella del trompe-l’œil è una tecnica che ha calcato le passerelle negli anni ’90 e che nell’ottocento italiano ha conosciuto il periodo di sua massima diffusione, approdando in edifici nobili del calibro della Cappella degli Scrovegni. La tecnica in questione è sempre stata conosciuta per la capacità di creare vere e proprie illusioni prospettiche e questo plus è stato giocato e riadattato anche in ambito fashion. Ma per quale motivo è stata proprio Lotta Volkova a rilanciare nella mischia una tecnica in grado di donare dimensionalità creando seni e pettorali finti?

Sia Lotta Volkova che Demna Gvasalia possiedono un retaggio storico/culturale che è stato per anni lontano dal mondo del fashion e non è mai entrato nel mainstream: le loro culture, rispettivamente russe e georgiane, non hanno vissuto la fioritura della moda occidentale, che aveva già preso il via in paesi come Italia, Francia e Regno Unito. Demna Gvasalia col progetto di Balenciaga ha fatto della Russia uno dei mercati di riferimento, creando un vero senso di scoperta di una moda pop pregna di loghi che la Russia ha vissuto con grande ritardo. Proprio con questo design, che è riconosciuto con un’accezione iper pop all’interno dell’ecosistema fashion, la designer – che ha contribuito a rendere grandi Balenciaga e Vetements soprattutto in Russia – vuole continuare a spingere il piede sull’acceleratore per continuare a far scoprire la moda pop alla propria cultura d’appartenenza.

È certo che capi del genere, se comunicati quasi trenta anni dopo, possono avere un impatto differente a livello percettivo. Al giorno d’oggi spesso si dibatte su quanto i brand siano in grado di portare avanti la body positivity, ma è possibile consolidare questo concetto quando sul mercato vengono rilanciati item come i naked dresses? Un accenno simile a questi “corpi finti” ci era già stato servito nuovamente con Glenn Martens grazie all’Y/Project, che ha voluto sperimentare giocando con la nozione di genere, facendo indossare alle modelle minigonne con stampe in trompe-l’œil raffiguranti genitali maschili. Se Glenn Martens stesso ha dichiarato di aver giocato con la nozione di genere è perché ha pensato che l’argomento andasse comunicato in questa maniera: con leggerezza e un velo di ironia.

Ma, alla luce della collezione di Lotta Volkova x Jean Paul Gaultier, dando uno sguardo agli ancora più realistici naked dresses, possiamo interpretare la questione di “corpo” da un’altra prospettiva: l’intercettazione di un bisogno ancora vivo da parte del mercato, ovvero la necessità di concepire e utilizzare i vestiti come delle vere e proprie maschere. Alcuni degli abiti proposti nella collezione sono più espliciti a livello di uso della tecnica: un lavoro di fino che permette di indossare un corpo finto. Nonostante i capi in sé siano estremamente aderenti e in grado di donare sinuosità ai corpi, danno comunque l’idea di indossare un corpo idealizzato, di nascondere il proprio in favore di una versione realizzata in serie in trompe-l’œil. Oltre a segnare un vero e proprio dibattito sul valore comunicativo di un abito, la tecnica in questione entra ora ancora di più nella cultura mainstream, e non verrà ricordata più solamente per la foto che ritrae Robin Williams con addominali e six pack finti.