
Dopo mesi trascorsi a lavorare forzatamente da casa in postazioni improvvisate, la vita sta lentamente tornando alla normalità in tutto il mondo e con lei anche le giornate in ufficio. Questo rientro nei luoghi che fino all’anno scorso sembravano una gabbia rappresenta ora una vera e propria boccata d’aria fresca. Abbandonando la routine da lockdown è possibile riscoprire i numerosi vantaggi di lavorare in uno spazio adatto. Soprattutto in ambito creativo, infatti, la possibilità di avere un’area confortevole, sia a livello fisico sia mentale, è indispensabile per sentirsi a proprio agio ed esprimere al meglio la propria immaginazione.
Unendo questo aspetto pratico all’estro dei designer, diversi marchi e direttori creativi hanno deciso di creare uno spazio personale che non sia solamente un’estensione della loro visione ma anche un ambiente perfetto per accogliere e soddisfare le proprie esigenze e quelle degli altri lavoratori.
LA TANA DI VIRGIL ABLOH, PARIGI
Gli interessi di Virgil Abloh oltre alla moda sono molteplici. Dalla musica allo skate passando per l’arredamento e l’architettura, negli anni il creativo ha dimostrato il suo incredibile talento nel reinventarsi e nel lasciare il segno in ognuno dei diversi ambiti in cui si è cimentato. Non sorprende quindi che anche il suo ufficio negli headquarters di Louis Vuitton a Parigi possa essere considerato un esercizio creativo e l’ennesima espressione di una personalità anticonvenzionale.
Il suo spazio di lavoro, diametralmente opposto a quello che ci si immagina pensando a una maison di lusso, è stato infatti trasformato in un hub culturale all’interno del quale si sono visti Lucien Clarke skateare o Playboi Carti “imbrattare” delle borse firmate Louis Vuitton con bombolette spray. Tutto ciò descrive perfettamente i tanti modi di essere di Virgil Abloh e in particolare la capacità di rendere proprio ogni contesto.
Tra i numerosi oggetti presenti nello studio, i più personali sono sicuramente la sedia “Alaska”, disegnata dallo stesso Virgil nel 2019 e parte della collezione “Acqua Alta” creata insieme a “Carpenters Workshop Gallery” e la scultura a colonna arancione realizzata in collaborazione con l’artista Ben Kelly: questi due elementi rappresentano infatti il percorso che Abloh ha fatto all’interno di un mondo che unisce design e arte e che lo ha portato poi a collaborare con giganti del prodotto come Ikea, Vitra e Braun.

Il culto per il mondo dell’arredamento si manifesta anche in altri pezzi rarissimi come il divano bouclé “Lara”, disegnato dagli italiani Roberto Pamio e Renato Toso, e il “Pumpkin Sofa” di Pierre Paulin, messi accanto a oggetti più street e contemporanei come un gigantesco impianto audio Pioneer e il “$1m Foot Stool”, uno dei prodotti preferiti di NIGO.
La rivoluzione che Virgil ha portato nel panorama fashion ha colpito quindi anche uno degli uffici più antichi del settore e così un tavolo arancione fluo, realizzato dal designer Max Lamb esclusivamente per Virgil, svetta al centro della sede di Louis Vuitton circondato dalle iconiche sedute “Shop Lounge” disegnate dall’amico Tom Sachs.
LA “FASHION SCHOOL” DI ACNE STUDIOS, STOCCOLMA
Le origini di Acne Studios risalgono al 1996, quando l’attuale direttore creativo Jonny Johansson fondò il collettivo ACNE, riunendo graphic designer, produttori cinematografici e pubblicitari. Nonostante poi nel 2006 il gruppo si divise in più società specializzate, Johansson non ha mai abbandonato il suo lato più eclettico, facendo dell’acronimo che dà il nome al brand (“Ambition to Create Novel Expression”) una vera e propria missione.
Collezione dopo collezione, questo approccio multidisciplinare ha fuso fotografia e cultura contemporanea con arte e architettura. Riunendo tutte queste fonti d’ispirazione, nel 2019 venne progettato il nuovo quartier generale del brand, “FLORAGATAN 13”.
Ex sede dell’ambasciata cecoslovacca eretta nel 1972, il palazzo di stile brutalista scelto come location è stato riportato al rigore originale ma allo stesso tempo trasformato grazie a un dinamico senso di calore e creatività collettiva. L’obiettivo dell’architetto Johannes Norlander e di Jonny Johansson, infatti, era quello di dare vita a un terreno fertile per il fiorire di idee: per fare questo, secondo il team, era necessario incoraggiare i dipendenti di diversi reparti a socializzare e conoscersi. Aree come la libreria, situata al piano terra, e la mensa, ricavata dalla zona in origine destinata alla sala cinematografica, fanno esattamente questo: stimolano lo staff a ritrovare la propria fantasia e ispirazione.

Lo spazio interattivo e olistico, quasi da “fashion school”, che è stato creato si sviluppa su 10 piani, 4 dei quali dedicati al design e alla produzione, e per arredarli Johansson si è affidato ad artisti e amici che avevano già dato forma alle sue idee e che erano quindi in grado di raccontare la storia del brand e la sua vera essenza. Tra tutte le opere presenti, le più appariscenti sono senza dubbio le sedute monolitiche di basalto e granito realizzate da Max Lamb (quello del tavolo arancione di Virgil Abloh) che, progettate per ricordare un cimitero vichingo, provocano un effetto surreale e da “galleria d’arte”. All’interno dell’ex residenza privata dell’ambasciatore, ora trasformata in sala riunioni, è collocato un altro elemento disegnato dall’artista inglese e ispirato alla storia dei paesi del Nord: il tavolo rotondo in legno, infatti, è stato definito “vichingo” dallo stesso Johansson e rappresenta un tributo alle forme semplici ma robuste dell’antico artigianato locale.
Un altro contributo importante è stato dato da Daniel Silver, il quale ha decorato gli interni di diversi ambienti dell’edificio creando una serie di enormi collage, astratti e coloratissimi, incorporando i tessuti di scarto del brand. Nonostante il grande contrasto di queste opere d’arte con i muri di cemento e le rigide sedute di pietra, esse aggiungono un ulteriore punto di vista che fonde l’identità del brand con l’ambiente circostante. Proprio il concetto di “identità” è stato rafforzato anche dalle scelte riguardanti le luci: le lampade disegnate da Benoit Lalloz, infatti, sono colorate del rosa distintivo di Acne Studios e donano leggerezza agli spazi brutalisti che illuminano, costruendo uno scenario che aiuta a dare libero sfogo all’immaginazione.
GLI UFFICI MEDITERRANEI DI JACQUEMUS, PARIGI
Tramite il suo profilo Instagram, Simon Porte Jacquemus ha saputo raccontarsi al pubblico senza filtri, facendosi amare proprio per il suo modo di essere così naturale e spensierato. I numerosi video condivisi, spesso senza alcuna scritta o voce, ci hanno rivelato un ragazzo partito “senza soldi, contatti o esperienza ma con tanta determinazione”; un ragazzo molto legato alla famiglia, in particolare alla madre scomparsa quando lui aveva 19 anni, e alla sua terra d’origine, la Provenza. Proprio per celebrare i suoi primi 10 anni di carriera e i successi raggiunti, Simon ha deciso di ricreare un pezzo di Sud della Francia nel XVIII arrondissement di Parigi con l’inaugurazione de “Les Bureaux”.
Grazie all’aiuto degli studi parigini Samuel Bégis e Till Duca, l’edificio storico nel centro della città è stato riadattato in pieno stile Jacquemus, il quale ha potuto finalmente costruire una versione permanente degli scenari bucolici a cui ci ha abituato. All’interno dell’edifico, infatti, le linee moderne di iconici elementi di design donano un po’ di vita a immense stanze lasciate quasi deserte: questi ambienti onirici e surreali trasmettono proprio lo stesso sentimento di nostalgia e calma che caratterizza ogni sfilata del designer.

All’ingresso, Simon ha voluto rendere omaggio agli artisti Hans e Wassili Luckhardt inserendo un tavolo in acciaio incorniciato da due colonne che lasciano intravedere il logo del brand, oltre all’inconfondibile sedia “MR” del designer Mies van der Rohe. Da quello che Jacquemus ci ha mostrato sul suo account, poi, è possibile notare come sculture in terracotta e vasi artigianali decorino stanze dominate da pezzi unici come i divani “Mississipi” di Pierre Paulin e “Camaleonda” dell’italiano Mario Bellini ma anche le sedute “n2” e “n24” progettate da Rei Kawakubo. Il risultato è quindi un connubio tra sentimento e matericità che riassume il cuore e la mente di Simon.
IL CENTRO CREATIVO DI SUNNEI, MILANO
Così come per Jacquemus, anche il brand italiano SUNNEI è stato in grado di creare un’estetica unica e ben definita ma soprattutto di comunicarla in maniera chiara e d’impatto. Ironia, spontaneità, freschezza e libertà sono solamente alcune delle parole che Loris Messina e Simone Rizzo utilizzano per descrivere ciò che significa “essere SUNNEI”.
Per incentivare la formazione di una comunità locale e di un vero e proprio culto legato a SUNNEI, il marchio ha più volte mostrato lati inediti della città di Milano fino alla creazione, nel 2019, di “Bianco Sunnei”, una galleria a cielo aperto dedicata a iniziative artistiche e culturali ma anche volta a riqualificare il quartiere Rubattino. Questo viaggio nella zona metropolitana della città ha fatto un ulteriore passo in avanti nel 2020, con l’apertura di Palazzina SUNNEI, la nuovissima sede centrale del brand. Realizzato insieme allo “Studio Mare” in un vecchio studio di registrazione, il progetto ha permesso al team di rispondere alla crescita del marchio e di riunire tutte le sue attività. Con questa idea è stata quindi realizzata una sorta di piccola realtà autosufficiente in grado di soddisfare qualsiasi tipo di esigenza, sia personale sia creativa: è nato così un luogo che comprende non solo aree di lavoro e sale riunioni ma anche zone relax, una cucina, un giardino e molto altro.
A livello estetico, tutte le aree dei due edifici che compongono la “Palazzina” sono caratterizzate da un look completamente asettico e bianco creato appositamente per essere riempito dalle idee del team. Gli interni minimalisti sono però arricchiti da opere create da amici e collaboratori, sottolineando l’approccio multidisciplinare del brand. E così mobili in marmo creati da “Bloc Studios” si alternano a pezzi in acciaio di “NM3”, come il tavolo da esterno realizzato grazie al taglio laser di fogli di alluminio, o a vere e proprie opere d’arte, come quella verde pistacchio realizzata dall’artista Anton Alvarez o i vasi organici del designer sudafricano Ben Orkin. All’interno della seconda palazzina, invece, l’iconico divano “Superonda” (disegnato dal gruppo Archizoom e prodotto da Poltronova) e un tavolo in legno disegnato da Carlo Scarpa riempiono lo spazio centrale dello showroom, lasciato vuoto affinché la marea creativa che ruota intorno a SUNNEI possa dilagare.
IL PRADA-COSMO, MILANO
L’ultimo luogo di culto per gli amanti del fashion si trova ancora a Milano, in particolare in Via Bergamo 21 dove 10 mila metri quadri sono occupati dalla sede del Gruppo Prada. Inaugurato nel 2000 dopo un lavoro di ideazione e realizzazione durato quattro anni, il quartier generale dello storico brand italiano rappresenta uno degli stabilimenti più grandi nel mondo della moda. A livello architettonico, il progetto era orientato al mantenimento delle caratteristiche dell’esterno del palazzo ma allo stesso tempo alla creazione di uno spazio interno essenziale, funzionale e privo di qualsiasi elemento decorativo, che potesse essere adatto alle necessità di tutti i reparti presenti. Per sfruttare al meglio tutte le possibilità e per coinvolgere ogni dipendente nelle numerose attività del marchio, all’interno della struttura è stata realizzata anche una zona dedicata alle sfilate, utilizzata fino al 2018 quando vennero definitivamente trasferite nella zona “Deposito” della Fondazione Prada.
Grazie alla lente del fotografo Juergen Teller e alla rivista System, nel 2016 Miuccia Prada aprì le porte anche del suo ufficio personale. Nonostante lo stile industriale e quasi “anti-glamour” dello spazio, l’elemento che più attirò l’attenzione di tutti fu uno scivolo personale. Il rapporto tra arte e moda è sempre stato uno dei punti fondamentali della visione creativa di Miuccia Prada e, a riprova di questo, l’artista tedesco Carsten Höller fu incaricato di creare uno dei suoi caratteristici scivoli in metallo e plexiglass che partisse proprio dall’ufficio della padrona di casa fino ad arrivare, tre piani più sotto, nel cortile interno dello stabilimento.
In ogni parte del mondo, quindi, i brand di moda hanno saputo tradurre il loro punto di vista “sartoriale” in uno “architettonico”: chi per passione personale, chi per marketing e chi per pure necessità di spazio, tutti questi uffici sono stati messi a punto in ogni minimo dettaglio fino a sintetizzare perfettamente l’immagine dei vari marchi.