Cosa si nasconde dietro la creazione della maglia della Nazionale?

Dopo 20 anni, l’Italia ha cambiato sponsor tecnico, passando ad adidas. L’ufficialità di questa partnership è arrivata il 9 marzo 2022, mentre la prima divisa ufficiale è stata presentata il 17 gennaio, ma le prime informazioni su questa collaborazione giravano sulle pagine digitali di settore già nell’aprile del 2021. Questo ci fa porre una domanda: cosa implica per un brand diventare sponsor tecnico di una Nazionale di prima fascia? Quando parte la macchina che porta alla stesura dei contratti? E invece le maglie? Quanto tempo e quanto lavoro ci vuole per dare vita all’identità estetica di una Nazionale? Solo adidas ci può rispondere. E per questo glielo abbiamo chiesto.

«La decisione di sottoscrivere un accordo con una nuova Federazione comporta un processo complesso che può iniziare con diversi anni di anticipo rispetto all’inizio della partnership. In fondo, si tratta solo di trovare le condizioni e i tempi giusti per far incontrare le due parti e immaginare un futuro insieme». Il team di adidas inizia a raccontarci di un legame che necessita di una lunga pianificazione. Questo perché il contratto che un marchio come quello delle Three Stripes stringe con una Nazionale è per forza di cose lungo dato che il Mondiale si gioca una volta ogni quattro anni, così come l’Europeo. E sono questi gli eventi che danno maggiore ritorno allo sponsor tecnico, sia a livello di comunicazione che di vendite. Vestire una Nazionale è quindi una scelta coraggiosa che richiede una pianificazione meticolosa, specie se pensiamo che la forbice economica tra le prime dieci squadre del ranking FIFA (quindici, se includiamo anche Stati Uniti e Germania) e le altre è mastodontica. A questo punto, cosa ha portato adidas a firmare gli Azzurri? «L’Italia è una nazione unica e speciale. – fanno sapere da adidas – Ha un’influenza incredibile a livello globale: la sua cultura, il suo cibo, il suo stile di vita, la sua moda e la sua creatività sono immediatamente riconoscibili e attraggono milioni di persone in tutto il mondo. E questo è dovuto sia all’enorme quantità di italiani sparsi per il pianeta sia alla grande attrazione culturale che questo Paese è in grado di esercitare. Inoltre, l’Italia vanta una grande storia e uno dei palmarés più importanti del calcio mondiale, con quattro Coppe del Mondo e due Campionati Europei in bacheca; oltre a essere il luogo di nascita di alcuni dei più grandi giocatori e club. Aggiungere l’Italia alla famiglia di Federazioni internazionali di adidas – che comprende l’Argentina (AFA), fresca vincitrice della FIFA World Cup, la Germania (DFB), la Spagna (RFEF), il Belgio (RBFA) e molte altre Federazioni – è per noi un ulteriore gradino di crescita e un privilegio unico».

Come detto, gestire un portafoglio squadre del genere non è da poco, soprattutto perché il calendario di una rappresentativa è ormai fittissimo: non più solo Europei, Mondiali e qualificazioni, ora c’è anche la Nations League, e le amichevoli sono giocate tenendo sempre meno conto dei confini territoriali, portando i giocatori a trasferte lunghissime. Questo perché le Nazionali hanno bisogno di visibilità, e ciò va considerato anche per il prodotto che indossano, sempre più sotto gli occhi di un pubblico internazionale. «Sicuramente avremo idee per molte più maglie, ma in realtà l’aumento delle partite non influisce sul nostro processo di lavoro: di solito creiamo maglie della Federazione con un ciclo di vita di 2 anni, in occasione dei grandi tornei».

La difficoltà nel creare una jersey di una Nazionale sta in uno specifico punto: l’identità. La maglia della Nazionale, specie quella di un luogo che vive di calcio come l’Italia, non è solo una divisa, è un simbolo che rappresenta tutti, dal ricco al povero, dal bambino che gioca in oratorio, alla signora anziana che non ha mai visto una partita. Perché, a dirla tutta, le partite della nazionale le vedono tutti, perfino coloro che non guardano minimamente il calcio, perché gli Azzurri sono un momento di convivialità, di unione e di rappresentanza. Come citato precedentemente dal gruppo di lavoro di adidas, l’Italia è anche uno di quei paesi con maggiori cittadini immigrati all’estero, ovvero persone che necessitano di avere una divisa, un simbolo di riconoscimento. «La cosa più importante è il coinvolgimento di molti esperti locali, persone che conoscano a menadito l’argomento di cui si sta parlando, così da assicurarsi che la storia che scegliamo alla fine sia quella giusta. Le maglie devono essere adatte alla federazione, al Paese e al rispettivo Zeitgeist, lo spirito del tempo che quella Nazionale sta vivendo. Abbiamo esaminato attentamente ogni singola potenziale idea proposta per l’Italia e poi abbiamo deciso in modo molto collaborativo il concetto definitivo. Per l’Italia abbiamo cercato un elemento che legasse visivamente l’intero Paese e che fosse presente da Nord a Sud. Volevamo un’interpretazione moderna e artistica di qualcosa di molto italiano e l’abbiamo trovata nel marmo». Un paese come l’Italia non può che offrire infiniti spunti a livello storico, artistico e sportivo, per questo il lavoro di design è lungo, soggetto ad approvazioni e confronti. «Il processo tipico inizia con una fase di ispirazione del design – ci dice il team di designer a Tre Strisce – e di input per assicurarci di raccogliere tutte le informazioni rilevanti. Durante l’intero sviluppo di creazione lavoriamo in stretta collaborazione con le nostre Federazioni e i nostri esperti locali. Poi iniziamo a progettare e a verificare costantemente questi progetti, sia all’interno che all’esterno. Prima su base di schizzi e in una fase successiva con campioni. Le decisioni su quali maglie vedranno finalmente la luce sono prese insieme alla Federazione, ovviamente, così da assicurarci che entrambi i partner siano alla fine soddisfatti e orgogliosi del risultato». E forse non siamo più nell’era in cui i designer si presentavano direttamente a Coverciano, con le maglie in mano, pronti per farle provare ai calciatori e avere un riscontro diretto, ora l’iter è maggiormente istituzionale, ma ciò non vuol dire che non vengano realizzati test per valutare come il design, quindi il lato estetico, si mischi con l’aspetto tecnico, quindi maggiormente performance. «Siamo sempre grati per tutti i feedback che ci aiutano a migliorare i nostri prodotti. Riceviamo molti input di qualità da tutti i settori e, naturalmente, anche dai giocatori o dagli addetti ai kit. In generale, prima di iniziare una nuova stagione e la progettazione dei nuovi modelli di base, raccogliamo molti feedback dagli atleti, uomini e donne. Inoltre, testiamo i prodotti in fase di campionamento con giocatori amatoriali e professionisti».

Mai come in questo ultimo periodo siamo soliti vedere le maglie da gioco associate all’abbigliamento lifestyle. Il trend del Bloke Core ha spopolato su TikTok nel 2022, con grande interesse del fashion system. A questo va aggiunto come il mondo della musica, specialmente il filone del rap con influenza francese (e per certi versi anche inglese), utilizzi ormai le tute da ginnastica delle squadre di calcio su base quotidiana. Realizzare quindi un progetto grafico legato a una Nazionale come quella azzurra, prende in considerazione solo il campo o anche l’utilizzo che i tifosi ne fanno in contesti urbani? «Vero, gli indumenti da calcio sono diventati parte integrante dello stile di vita odierno e non vengono più indossati solo per lo sport. Pertanto sì, oltre a tener conto del DNA del paese, la cosa più importante da tenere a mente è creare una maglia che sia alla moda e indossabile sempre. Per essere sicuri di coprire la componente calcistica e di tendenza, durante la nostra fase di ricerca visitiamo, oltre agli stadi, anche fiere di moda e negozi». Anche su questo aspetto, quindi, i piani di adidas sono chiarissimi.

Abbiamo parlato di accordo commerciale, di pianificazione, di design e di test in campo. Un aspetto ancora più importante è la comunicazione. Parlare di una maglia è difficile, specie se parliamo di quella della nazionale, perché ha il pubblico più trasversale di tutti, non solo di appassionati di calcio. Travisare il messaggio che una jersey vuole dare, equivale a danneggiare il lavoro fatto in precedenza, soprattutto a livello di design. Nell’era social, il piano comunicativo diventa fondamentale, un aspetto che non abbiamo dimenticato di discutere con l’apposito dipartimento di adidas. «Ogni volta che collaboriamo con qualcuno di nuovo, sia esso un atleta, un club o una Nazionale, vediamo la partnership come una piattaforma per raccontare una storia insieme. È una strada a doppio senso e richiede sempre un impegno di collaborazione a cui entrambe le parti partecipano attivamente. Cerchiamo partner che non si limitino a fare da tramite per le nostre campagne di comunicazione globali, i nostri progetti o il nostro branding, ma che siano in grado di apportare qualcosa di nuovo, condividendo una visione e dei valori comuni, permettendoci così di raggiungere un nuovo pubblico. Con il profilo e la posizione dell’Italia, sia a livello europeo che globale, abbiamo la possibilità di lavorare insieme per ispirare la prossima generazione di tifosi italiani, in patria e all’estero, ottenendo successi dentro e fuori dal campo per gli Azzurri. Non vediamo l’ora di iniziare». Benvenuti quindi nella nuova era di maglie azzurre.