Se c’è una cosa che emerge chiaramente dal report annuale condiviso da Brand Finance, è come la pandemia abbia sensibilmente cambiato la nostra percezione della moda. Le nostre abitudini in termini di acquisto non sono più le stesse che avevamo nell’era pre-COVID e questo fa inevitabilmente sì che anche la quotazione di determinati segmenti subisca dei mutamenti.
È interessante notare infatti come l’industria del fast fashion abbia registrato un calo pari al 7%, passando da 44 a 41 miliardi di dollari. Questo è dovuto soprattutto al fatto che la maggior parte dei brand appartenenti al settore ha sofferto della chiusura dei punti vendita fisici e non è riuscita a compensare con l’online a causa dei costi di logistica e consegna troppo gravosi per prodotti a basso prezzo.
Non si può invece dire lo stesso per l’abbigliamento sportivo e il lusso, che hanno continuato a registrare buoni numeri.
Lo sportswear e l’athleisure hanno infatti assistito a un’importante crescita, poiché i consumatori che durante il lockdown trascorrevano più tempo a casa preferivano il comfort allo stile. Nike, per esempio, con i suoi 33,2 miliardi di dollari è per l’ottavo anno consecutivo il marchio con il valore più alto; e addirittura, si legge, anche aziende più piccole come Skechers e Li-Ning hanno registrato rispettivamente il +68% e +68%.
Dati positivi anche per il comparto luxury, di cui l’agenzia segnala il + 58% di Louis Vuitton, Gucci con un +16%, Armani a quota 3,3 miliardi di dollari e le new entry BOSS e Bottega Veneta nella top 50.