C’è una consuetudine, ormai consolidata, che in epoca moderna accompagna passo a passo le settimanali uscite discografiche. Una pratica che, a tratti, coinvolge ognuno di noi.
Accade il giovedì, quando aspettiamo la mezzanotte per ascoltare un nuovo album, che ci apprestiamo a giudicare in fretta, condividendo pareri estremamente polarizzati sui nostri canali social al fine di ottenere qualche futile interazione. Dopodiché, ci immergiamo in qualche playlist abilmente aggiornata con le ultime uscite, che, dopo aver eliminato dal proprio catalogo tutto quello che è vecchio (ovvero tutto quel che è uscito settimana scorsa), conduce l’ascoltatore in un vortice frenetico di distratto ascolto. O in altre, di playlist, che riproducono brani sulla base dei gusti dell’ascoltatore stesso, attraverso dati accuratamente raccolti durante le ore di navigazione web di ognuno di noi.
La musica che esce dalle nostre cuffie è così il risultato dell’incontro tra algoritmi e editori specializzati nel curare playlist. Pare un controsenso, ma in un sistema simile, spesso, a rimaner danneggiata è la musica stessa, che si trasforma gradualmente in un prodotto istantaneo, usa e getta, capace di raggiungere in poco tempo le vette delle classifiche più importanti, ma destinato a uscirne con la stessa velocità.
Di tanto in tanto però, arriva un disco che suona in maniera diversa. Che sopravvive alla prova del tempo, e anzi lo segna. Un disco che origina nell’ascoltatore un certo tipo di vibes ed emozioni del tutto indipendenti rispetto al tempo trascorso dalla sua uscita.
È questo il caso di Cristi e Diavoli, il primo album ufficiale della LoveGang 126, di cui parliamo a ben sei mesi di distanza dalla sua uscita ufficiale, datata 21 aprile 2023.
Il posse album della formazione capitolina contiene diciotto tracce, è indipendente e auto-prodotto. Un disco rap auto-prodotto, nel 2023, oltre che fuoriuscire da ogni logica di mercato, comporta una serie di difficoltà, musicali e di contorno, non indifferenti. Tanto più se per realizzarlo si sono dovute mettere d’accordo sette menti diverse, con carriere soliste già affermate e diramate in direzioni piuttosto diverse fra loro.
Nonostante questo, Franco126, Ketama126, Pretty Solero, Drone126, Asp126, Ugo Borghetti e Nino Brown hanno deciso di metter prima la famiglia, raccontando senza filtri cosa significa vivere insieme in un momento in cui condividere relazioni autentiche sembra sempre più difficile, senza nascondere qual è il prezzo che questo comporta e perché vale la pena pagarlo.
Cristi e Diavoli suona come un tributo al rap italiano anni ’90 che trova nel sound classico quel terreno comune in grado di accomunare gusti e attitudini di ogni membro del collettivo. A un primo ascolto, alcune tracce suonano totalmente underground che pare siano registrate in casa. Il sound è sporco, quasi amatoriale. Un tripudio di boom bap e scratch old school, con incursioni funk e soul, la cultura del campionamento come statement e un gusto cinematografico per la dinamica delle canzoni.
Una dichiarazione d’amore autentica a quella musica che ha unito i sette artisti, sin dall’inizio. L’unica musica che si ascoltava sui 126 scalini che collegano viale Glorioso a via Dandolo, sulla rinomata “Scalea del Tamburino” dove i membri del gruppo si ritrovavano da ragazzini. Là dove ogni cosa è iniziata.
Come un moderno Wu-Tang Clan tutti i rapper si intercambiano su beat classici e malinconici seguendo ognuno il proprio stile, flow e metodo di scrittura. Le strofe si intrecciano nel sound come altrettanti flash di vita vissuti all’altezza del marciapiede, segmentando la lirica e proiettando l’ascoltatore in una prospettiva musicale unica. Si gioca tanto (e bene) con il dualismo fra bene e male, paradiso e inferno. Al centro della narrazione, Roma, città ambivalente per natura, dove convivono assieme cristi e diavoli, opere bellissime e monumenti gloriosi, ma anche realtà disperate e degrado urbano.
La città capitolina domina lo scenario, e non è solo una questione di contenuti. Certo, a leggere le strofe è tutto un susseguirsi di racconti, storie di amicizia e “fattacci” che scorrono via fra i vicoli di Trastevere. La rivendicazione dei testi è manifesta: alle sbruffonate della trap, l’auto-celebrazione, la fissa per le marche e i soldi, la LoveGang preferisce celebrare l’estetica romantica del collettivo e delle esperienze di vita che ne hanno plasmato ogni membro.
Ma poi ci sono le influenze musicali, gli omaggi, diretti o più nascosti, – ben riconoscibili in questo senso i props ai Colle Der Fomento e al TruceKlan-, i featuring. Gli ospiti del disco, tutti di Roma, scattano una fotografia della scena capitolina che unisce mondi e generazioni diverse. Artisti quali Federico Zampaglione, cantautore e frontman dei Tiromancino, Danno e Side Baby si ritrovano a convivere pacificamente nella stessa tracklist. Perché non esistono schemi o formule musicali impacchettate, ma la sola volontà di stare assieme, con la musica a fare da collante. Senza l’ansia di voler per forza piacere a tutti.
Infine, un’estetica, chiara e ben definita ormai in tutt’Italia, che mescola l’immaginario street dei TruceKlan con le atmosfere anni ’70 di Franco Califano e la romanità rionale di Gabriella Ferri, come fossero un patrimonio privo di copyright.
Cristi e diavoli invita l’ascoltatore a immedesimarsi, in qualche modo, in quello che viene raccontato. Chiunque tu sia, qualunque sia la tua vita, qualunque sia il momento in cui metterai play. Anzi, è possibile, forse probabile, che a distanza di mesi, o di anni, potrai identificati in una traccia differente, magari in una di quelle che al primo ascolto avevi considerato lontana da te, ma che ora descrive benissimo il tuo stato d’animo.
Tutto questo è possibile perché, seppur materialmente realizzato in otto mesi in studio, Cristi e Diavoli ha avuto bisogno di oltre 10 anni per essere scritto. Oltre 10 anni di amicizia e vita trascorsa assieme. Il tempo minimo necessario per accumulare esperienze che possano autenticamente ispirare/determinare un’esigenza di scrittura. Nell’epoca della musica trattata come prodotto, dove i frenetici tempi della domanda conducono a offerte altrettanto frettolose, il valore di un simile progetto genera estrema soddisfazione in ogni amante dell’hip hop.
Basterà questo per trasformare il primo disco della “gang dell’amore” in un classico per il genere?