Sei a Parigi: il cielo è un po’ grigio, ma non un grigio triste, piuttosto malinconico, romantico. Imbocchi un vicoletto col pavimento segnato dal tempo, e vedi un’insegna al neon che dice Caveau de la Huchette. Con curiosità decidi di entrare, e quando scendi giù ti ritrovi negli anni ’20. Luci soffuse, atmosfera rustica, vissuta, strumentisti jazz, ballerine con un calice di vino in mano e giovani che si guardano negli occhi per innamorarsi.
Sei a Berlino, hai fatto serata con i tuoi amici, senti la libertà, la voglia di una notte irripetibile, fin quando vedi le luci del Berghain e trepidante speri di riuscire ad entrare. Un’esperienza di follia e trasgressione, ai limiti del credibile.
Ma in Italia è possibile fare lo stesso?
Le immagini create raccontano di due location simbolo dei movimenti culturali più in voga in queste due capitali, su Tiktok infatti spopolano i video dei jazz club francesi, dove è possibile fare un tuffo nel passato e godersi l’atmosfera di un tempo lontano. In Germania invece, non solo a Berlino, c’è una cultura dei rave e della techno ben radicata, tanto che la gente spesso viaggia solo per godersi un weekend “total rave”.
Partendo da questi due vividi esempi, sorge un interrogativo in merito all’Italia, dove queste due tendenze sono sicuramente arrivate, ma con tempi molto più lenti e con meno profondità e convinzione. Il nostro paese, nonostante sia famoso per il proprio patrimonio culturale, fatica rispetto alle altre potenze europee ad adottare e far sì che si affermino dei trend contemporanei, perché?
Per quanto riguarda la Francia, Parigi fu un centro culturale molto forte già a partire dagli anni ’20, quando tantissimi artisti afroamericani arrivarono dagli Stati Uniti, in cerca di un ambiente più tollerante dove diffondere la propria arte. Il jazz divenne la manifestazione musicale del modernismo, secondo Picasso. La città si riempì di café, clubs, teatri, dove questa tendenza si affermò, sfornando personaggi del calibro di Josephine Baker, che ispirò altre artiste afroamericane a trasferirsi in Francia.
In Germania invece, dopo la caduta del muro di Berlino, la città divenne un vero e proprio melting pot di culture. Molte fabbriche e bunker lasciati abbandonati, soprattutto nella zona est, si trasformarono nella location perfetta per ospitare rave techno underground. Paul Kalkbrenner, prendendo ispirazione dalle influenze di Detroit, iniziò a suonare nei primi club, gettando le basi per diventare un’icona techno. La città celebrò la libertà ritrovata con uno spirito ribelle e rivoluzionario, e la techno divenne il simbolo di questa conquista. Tra i principi alla base di queste feste ci sono la libera espressione di sé, l’inclusione e il superamento dei limiti. Da qui la capitale tedesca è diventata “la mecca” per i fan della musica elettronica.
Spostandoci verso la nostra realtà, l’Italia è un paese legato alla tradizione, simbolo di una cultura storica, maggiormente incline al passato che a movimenti contemporeanei o avanguardistici. In parte questo è dovuto all’influenza della chiesa, che ha stabilito un clima conservatore, meno disposto ad accettare nuove tendenze culturali, o per lo meno con una velocità minore.
La cultura italiana di massa è dominata dalla televisione, che fruisce contenuti popolari, lasciando meno spazio alla sperimentazione, come invece accade in altri paesi più aperti, grazie alla presenza di un ambiente multiculturale. Le istituzioni italiane sono più avvezze a dare priorità a forme d’arte storiche, invece di focalizzarsi sui trend contemporanei.
Di conseguenza, da un punto di vista economico, i finanziamenti statali sono finalizzati per lo più alla preservazione del patrimonio artistico, ritagliando poco spazio per la promozione di movimenti underground. I club techno, così come quelli jazz, necessitano di investimenti, che specialmente al sud non vengono supportati. In molte regioni mancano i fondi per ristrutturare degli spazi adatti. Gli imprenditori parallelamente spesso preferiscono investire su dei locali mainstream, piuttosto che cogliere il rischio di cavalcare un’onda sperimentale che potrebbe non essere colta.
Questa tendenza al radicarsi alla tradizione si manifesta anche nel sociale, dove la natura legata ad una tradizione più classica fa sì che le forme d’arte più moderne siano meno significative o quasi invasive nel panorama culturale. Le generazioni più grandi tentano di resistere al cambiamento che sfida le norme stabilite, guardando con riluttanza alle correnti sperimentali, viste come ribelli.
In grandi città come Parigi o Berlino, si trovano tantissime subculture, che contribuiscono alla creazione, diffusione e affermazione di diversi paesaggi culturali. In Italia invece, fuori dalle grandi città come Milano o Roma, si trova tendenzialmente un ambiente più statico, vicino ad uno stile di vita domestico, ad un contesto regionale. Le cittadine non offrono infatti un grande livello di diversità o supporto per queste realtà, più affermate nelle grandi metropoli.
Storicamente l’Italia è sempre stata più lenta a recepire il cambiamento e ad aprirsi alla globalizzazione, in parte per una barriera lingustica, ma anche per una chiusura che ha portato la società ad assorbire passivamente e con riluttanza la novità. Il jazz, così come la techno, hanno sicuramente preso piede, ma solo dopo essersi affermati da tempo in altre nazioni. Da un punto di vista culturale, andiamo sicuramente ad un passo più lento, mostrando un divario soprattutto tra Milano e tutte le altre città. La capitale lombarda infatti sembra essere quella che più cerca di emanciparsi e seguire le tendenze, somigliando più ad una città europea che italiana, grazie alla presenza di un ambiente multietnico.
Questa forza conservatrice tuttavia sta perdendo gran parte del proprio potere grazie all’impatto delle ultime generazioni: anticonvenzionali, curiose, gender free e multi culturali. Il nostro paese sta accelerando il passo, aprendosi alla modernità, sicuramente grazie alla potenza dei social. Tra video virali, piattaforme streaming e social network, la gen-z è consapevole della realtà al di fuori della nostra penisola, e per questo più spinta verso la novità. Per altro, anche una maggiore conoscenza dell’inglese, ormai seconda lingua quasi per tutti, contribusice al fiorire di una cultura internazionale.
Fortunatamente la situazione quindi sta mutando: tanti festival, musica e idee, ma sopratutto tanta voglia di sperimentare, ideare e aprirsi ad una cultura trasversale, che possa davvero ampliare la mente ed abbracciare nuovi orizzonti. La gen-z sarà in grado di far galoppare l’italia affinchè sia al passo coi tempi?