Per il terzo anno consecutivo la SDA Bocconi ha accolto all’interno del proprio ateneo milanese la NBPA – il sindacato dei giocatori NBA – per una due giorni incentrata su business e marketing.
Sulla sirena della seconda decade del 2000, il game plan NBPA è quello di accompagnare i propri assistiti verso una realtà non limitata dal 28 x 15 in parquet. “More than an athlete” vuol dire anche questo.
Il programma “Branding in the Global Economy” diretto dai professori Dino Ruta e Emanuela Prandelli, con talk da parte di Carlo Rivetti (Stone Island) e Marcelo Burlon (NGG Group) e gli interventi di Zachary Estes (professore in marketing) e Matteo Zuretti (Chief International Relations & Marketing della NBPA) ha voluto dare spunti di riflessione ai tredici giocatori provenienti da nove nazioni diverse, tornati dietro i banchi per alcune ore. Zaza Pachulia, Josè Manuel Calderon, Bogdan Bogdanovic, Al-Farouq Aminu, Evan Turner, Rudy Gay tanto per citarne alcuni.
Il tema fondamentale e ricorrente è quello della costruzione e del consolidamento del proprio brand personale riuscendo a bilanciare attenzione verso il proprio pubblico e autenticità, mantenendo salda la propria identità. Loghi, frasi, concetti semplici e diretti possono definire la grandezza di un marchio segnando profondamente la percezione del pubblico.
Indipendenza e solidità sono dunque due valori fondamentali condivisi da tutte le figure che si sono succedute alla prestigiosa cattedra milanese, concetti rincorsi e conquistati nell’annoso ed interminabile braccio di ferro silenzioso tra NBA e giocatori sempre più attratti dal lato imprenditoriale della propria carriera.
Le opportunità per gli atleti ambasciatori di una lega che cresce del 25% anno dopo anno (YoY growth 2017-2018) di certo non mancano. Tetto salariale in ascesa costante, super max deal per le super star volti delle franchigie NBA e contratti record firmati anno dopo anno da sempre più giocatori rendono fertile il terreno per investimenti e successi conquistati senza canottiera e pantaloncini.
Forte e chiara la connessione tra il Bel Paese e i cestisti della lega più spettacolare al mondo. Tappa quasi obbligata quella Milanese, fulcro indiscusso del fashion che tanto coinvolge gli States e che domina per regular season e playoffs le “sfilate” nei tunnel delle arene NBA prima della palla a due.
Tra i presenti Rudy Gay e Evan Turner, sicuramente i più coinvolti dai talk. L’ala piccola Spurs, stilisticamente figlia dell’era dei Big Three di Miami, ha vissuto con emozione l’opportunità di incontrare il creatore delle tee County of Milan rese celebri negli US grazie anche alle numerose apparizioni di Lebron James mentre indossava i capi di Burlon (LBJ realizzò una capsule collaborativa col brand italiano nel 2014, ndr.)
Turner, seconda scelta del draft 2010, proprietario di uno store streetwear a Columbus (Ohio), ha invece approfittato della presenza di Carlo Rivetti per approfondire temi legati alla distribuzione del marchio affascinato dalla decennale storia del brand di Ravarino.
Intervento degno di highlights è proprio quello del Direttore Creativo e Chairman di Stone Island capace di rapire per un’ora l’attenzione dell’aula con la sua spontanea e viscerale passione per il business di famiglia. Volti affascinati dalla storia di un marchio nato per innovare, innamorato della ricerca e grande discepolo delle sfide impossibili.
Nel racconto districato lungo i 37 ricchissimi anni del brand, il dott. Rivetti ha regalato aneddoti e consigli catturati e conservati gelosamente dai tredici presenti. Il nostro preferito? La reazione alla domanda incentrata sull’importanza degli influencers per un’azienda: “I believe in the importance of influencers… but I don’t use them”