Dior x Kenny Scharf, quando la moda diventa divertimento e caos

Pensando al mondo della moda, nell’ottica di un anno difficile da diversi punti di vista, numerosi brand si sono lasciati trasportare dalla negatività, riflettendo sulle sfilate un mood quasi apocalittico. Kim Jones è invece di tutt’altra idea. Il suo obiettivo, nel ruolo di direttore creativo, è quello di allontanare il pessimismo dalle persone, anche soltanto per quei pochi minuti in cui va in scena il défilé.

L’esempio lampante è la collezione pre-fall 2021, la quale in origine doveva svolgersi a Pechino, ma poi la pandemia ha stravolto i piani e si è dunque deciso di optare per uno show a porte chiuse trasmesso in streaming sui social e su Twitch.

Lo spettacolo comincia completamente al buio, per poi illuminarsi grazie a una sorta di esplosione primordiale sullo sfondo, quasi un Big Bang pronto a inaugurare una nuova era. Escono quindi i modelli e già al secondo look spicca in modo molto evidente la collaborazione con Kenny Scharf, inaspettatamente annunciata a fine novembre. L’idea di riprendere l’eterno legame che unisce il mondo dell’arte a Dior continua a persistere e questa volta si rifà a uno dei massimi esponenti della scena graffiti degli anni Ottanta, assieme a Keith Haring e Jean-Michel Basquiat. L’unione non è motivata soltanto dal fatto che lo stilista nutra una vera ossessione per quel periodo artistico, ma soprattutto perché Kenny Scharf è l’artista perfetto per esprimere gioia, divertimento e caos.

I suoi disegni surreali raffiguranti creature immaginarie in un vero e proprio trip allucinogeno per gli occhi compaiono qua e là sui capi d’abbigliamento e gli accessori, dalle camicie alle giacche, fino ai pantaloni e alla Saddle bag, spezzando così quel clima di formalità che richiama gli archivi della maison, talvolta ispirandosi al periodo di Yves Saint Laurent.

La color palette è prevalentemente scura, ma viene sapientemente interrotta dalle strabilianti opere dell’artista, come un autentico sprazzo di eccitazione nella monotonia, perché la passerella non deve essere altro che un’espressione della vita reale.