Dischi rap italiani che hanno definito il 2024

La fine dell’anno si avvicina ed è il momento di fare i conti. Nell’era in cui lo slogan juventino “vincere è l’unica cosa che conta” è imperante, ci sembra giusto proporvi una classifica che, al contrario, cerca di non basarsi unicamente sui numeri e sulle classifiche, ma sulla rilevanza culturale che questi progetti artistici hanno avuto. Quindi, mettiamo le mani avanti, non è una gara, ma un elenco di dischi che, secondo l’opinione di chi vi scrive, reggeranno alla prova del tempo. 

1. Vera Baddie – Anna

Non c’è mai stata una rapper italiana rilevante quanto lo è oggi Anna. Se spesso si discute – giustamente – di rappresentanza e questione di genere nel rap italiano, nel 2024 non possiamo non celebrare il successo di una artista iconica, che a soli vent’anni ha pubblicato un disco che resterà. Sì, perché Anna è riuscita già a trascendere il ruolo di rapper. Intendiamoci, non perché non sia brava a rappare – anzi, Anna è una delle migliori penne della sua generazione – ma la sua forza risiede nell’essere riuscita a creare un immaginario nuovo, inconfondibile, in cui in tante – e tanti – si sono riviste.

2. Tunnel – Simba La Rue

La rabbia che trasuda da ogni parola che dice il rapper di Lecco non può lasciare indifferenti. Simba La Rue è incazzato con la società, con le istituzioni, con tutto il mondo e anche con noi ascoltatori: è questo il motore di un disco tra i migliori usciti quest’anno. Chi è amante di un rap più tecnico non capirà… peggio per lui. Chi è in cerca di verità, di frasi taglienti, di odore di sangue (solo metaforico, si spera) non può non apprezzare. Menzione speciale per la repack del disco, Fuori Dal Tunnel. Se di un disco è bella anche la repack, allora vuol dire che c’è tanto materiale su cui lavorare.

3. Dio Lo Sa – Geolier

Mantenere il livello così alto per tre dischi di fila è davvero molto difficile. Eppure, Geolier ce l’ha fatta. Dio Lo Sa è un ottimo disco, che conferma come il rapper di Napoli non solo sia una delle penne migliori d’Italia ma abbia anche una direzione artistica solidissima. Era facile infatti aspettarsi un disco più “pop” dopo l’esperienza sanremese. E invece no. Dio Lo Sa è un disco equilibrato, in cui gli episodi meno rappati si amalgamano perfettamente con il resto dei brani. Una parola va spesa per le produzioni di Dat Boi Dee e Poison Beatz. Non è scontato trovare un tappeto sonoro così elegante nel rap italiano.

4. Trap Fatta Bene – Papa V

Nomen omen: è difficile esprimersi su un disco che nel titolo ha anche già la sua recensione. Fare street rap in maniera originale, proponendo immagini non banali, è una missione complessa in un mercato musicale che pullula di rapper che giocano in questo stesso campionato. Ma Papa V è diverso. Il suo rap è terreno e concreto, pieno di riferimenti alla vita quotidiana, senza svolazzi e voli pindarici. Niente sentimenti, Papa V è la Trap con la T maiuscola, prendere o lasciare. Tuttavia, non ci sarebbe Papa V (e nemmeno Nerissima Serpe), senza Fri2. Quanti produttori possono rivendicare un sound così riconoscibile? Secondo chi vi scrive Fri2 è in questo momento il beatmaker migliore in Italia.

5. È finita la pace – Marracash

All’ultima curva è entrato in pista Marra! Difficile parlare di questo disco, dato il suo enorme spessore artistico e il poco tempo avuto a disposizione per assimilare tutti i contenuti che questo contiene. Ad ogni modo, dal 2019 a oggi è Marra che in Italia fissa l’asticella e sono gli altri rapper a doversi adeguare. È finita la pace è un disco importante, perché Marra ha raggiunto una consapevolezza nuova nei propri mezzi artistici. Se prima qualcuno poteva storcere il naso nel sentirlo cantare, oggi ogni traccia fila senza alcuna perplessità. Ma il bello è nella sostanza: Marra è una delle voci più profonde e interessanti nel panorama culturale italiano, e lo dimostra in ogni progetto.

6. Club Dogo – Club Dogo

Il 2024 verrà ricordato come l’anno della reunion dei Club Dogo. E, dunque, come non metterli in questa top 10? Risentire Guè e Jake La Furia sulla stessa traccia ha fatto venire i brividi e scendere una lacrimuccia a tutti gli appassionati di rap italiano. Parliamo, senza dubbio, di un gruppo leggendario, forse il più rilevante dell’intera storia del genere in Italia. Il ritorno insieme non ha deluso le aspettative. Un disco solido, che ci ha fatto tornare tutti indietro con la mente ad almeno un decennio fa. Missione compiuta.

7. I Nomi Del Diavolo – Kid Yugi

I Nomi Del Diavolo è un disco completo, di un rapper completo. Kid Yugi non lo abbiamo certo scoperto nel 2024, ma l’attesa per il suo terzo progetto era tanta e mantenere le aspettative è il lavoro più difficile per ogni rapper. Ma il rapper pugliese non ha tremato. Tante parole, mai fini a sé stesse, sorreggono un disco che riesce a racchiudere le migliori qualità di Yugi.

8. The Biggest Sblao – Low-Red

Low-Red è uno dei rapper più sottovalutati in Italia. Ho trovato poche frasi nell’ultimo anno in grando di incapsulare lo spirito della nostra generazione quanto “Perché il mondo si scioglie e noi non proviamo a cambiarlo / Ma ci rifiutiamo d’affondare”. Fin dall’intro, da cui ho tratto questa citazione, Low-Red si dimostra un rapper in grado di inserire, all’interno di un contesto sonoro ed estetico che richiama all’attuale scena trap americana, dei contenuti di spessore sociale e culturale. Questa sua abilità, genera un disco super credibile, in cui si amalgamano perfettamente melodie catchy, veri e propri banger e barre che meritano un secondo ascolto.

9. Going Hard 3 – Tony Boy


Profondo, completo e unico. Il disco di Tony mantiene le note e i racconti tristi a cui il rapper ci ha abituato, ma riesce a toccare picchi differenti: da punti ancora più disillusi e malinconici ad altri invece di puro delirio, in tracce banger che ci porteremo dietro per un tempo indefinito. Tony riesce ad aprirsi senza apparente fatica, almeno non nella frequenza. “Going Hard 3” è infatti il secondo disco pubblicato quest’anno e ormai il quinto album in studio della sua carriera. 

10. Anti Anti – 18K

18K sa fare tutto e in Anti Anti lo dimostra. Maturo tecnicamente e provvisto di una direzione artistica chiara, il rapper classe 1997 ha prodotto un disco interessante in cui emerge una capacità espressiva e introspettiva che pochi possono vantare. È solo questione di tempo prima che il “grande pubblico” si accorga delle sue enormi potenzialità.

Foto di
Andrea Ariano