Doppia Effe – Il legame tra calcio e moda

Il calcio è sinonimo di identità perché in grado di unire (o dividere) qualsiasi tipo di persona sotto gli stessi colori, e forse è anche per questo che per lungo tempo questo sport ha ripudiato l’individualità estetica. I calciatori sono sempre stati costretti in tute di rappresentanza, divise sociali e abiti con il logo del club che li impiega, al punto da essere sempre considerati lontani dal ruolo di icone stilistiche o simboli del mondo fashion. Football e Fashion, una “Doppia Effe” che avrebbe potuto avere un significato importante nella storia dello sport. In un certo senso lo ha anche avuto, ma non abbastanza.

Di icone stilistiche ne abbiamo viste tante nel calcio, ma parliamo di giocatori la cui nomea di influencer-ante-litteram partiva dal campo, e solo con anni e anni di ritardo abbiamo visto una riconsiderazione della loro iconografia quotidiana. Johan Cruijff, Diego Armando Maradona e George Best, per dirne alcuni, hanno costruito la propria immagine sul rettangolo verde, solo successivamente il pubblico ha associato uno stile estetico che fosse il più verosimile possibile a quanto espresso nello stile di gioco, come se l’immaginario umano di un calciatore non potesse in alcun modo staccarsi dalla sua versione dotata di calzettoni, scarpini e pallone.

Poi è arrivato un periodo che calcisticamente potremmo chiamare “l’era David Beckham”, o forse potremmo semplicemente dire che ci stavamo avvicinando agli anni 2000, un periodo particolare in cui la bramosia di un futuro impossibile si mischiava al timore per il Millennium Bug, un’epoca in cui nacque anche il desiderio di esprimere una maggiore individualità. Dall’altra parte dell’oceano Allen Iverson obbligava la NBA a istituire un dress code, mentre da questa i calciatori diventavano sempre più protagonisti della cronaca rosa e di discorsi da ombrellone che, per una volta, si allontanavano dalle solite tematiche di tattica, fantacalcio e calciomercato.

A cambiare tutto sono stati ovviamente i social media, ovvero l’arma che ha permesso a molti sportivi di mostrare come potesse incredibilmente esserci qualcosa di più rispetto ad allenamento e partite, una variabile che spesso manda fuori giri tifosi e giornalisti che non capiscono come un giocatore possa postare qualcosa di extra calcistico sul proprio feed a pochi giorni da una partita importante.

Facendo un rapidissimo salto in avanti, in pochi anni siamo arrivati all’estremo opposto. In NBA troviamo giocatori che si lamentano quando i fotografi non sono presenti nei tunnel che conducono agli spogliatoi per non perdere l’occasione di immortalare e condividere i propri outfit. Nel calcio, invece, siamo ancora in una terra di mezzo Tolkieniana in cui i calciatori sono sì soldatini vestiti con l’uniforme di rappresentanza ma, quando i professori non guardano, si possono concedere il lusso di mostrarsi con le proprie passioni e i propri look.

Ogni trend porta alla nascita di leader, followers e imitatori, così anche il piccolo mondo dell’originalità stilistica legata ai calciatori ha i suoi capostipiti, i detentori della verità, coloro che hanno scritto la Stele di Rosetta della moda calcistica. Ci sono cinque calciatori (sei, se consideriamo la coppia della Premier League), uno per ciascun campionato considerato di élite, che rappresentano questo identikit. L’unicità dell’ex modello di Off-White™ Héctor Bellerín colora La Liga, l’eleganza di Serge Gnabry dà identità alla Bundesliga, mentre i vistosi look di Presnel Kimpembe sono una perfetta definizione dell’attuale Paris Saint-Germain, e conseguentemente della Ligue 1. Lo stile hypebeast di Moise Kean ci ricorda che in Serie A siamo ancora liberi di divertirci, mentre la coppia dell’Everton Dominic Calvert-Lewin e Thomas Davies rappresenta l’evoluzione della moda Made in UK, da sempre distaccata da quella vista nell’Europa mediterranea. “Doppia Effe”, Football e Fashion, un binomio che è cambiato drasticamente in questi pochi anni, e che è solo destinato ad evolversi ulteriormente. In quale direzione accadrà, è ben difficile da prevedere.

Illustrazioni di
Macello Martinelli