Prima le sonorità afrobeats in Popolari di Rhove (dove spicca il featuring di Oxlade, l’artista nigeriano conosciuto in tutto il mondo grazie alla hit Ku Lo Sa), poi il successo amapiano con Paprika di Ghali (che occupa stabilmente la top 10 in FIMI e in radio) e ora il format “Afro Combination” di Real Talk che mette in luce una nuova scena di artisti afro italiani. Se è vero che 3 indizi fanno una prova, allora forse è arrivato il momento dell’afrobeats anche in Italia.
Facciamo un po’ di chiarezza. Con afrobeats si intende tutta la musica africana che negli ultimi anni ha conquistato le classifiche Billboard negli Stati Uniti e in giro per il mondo. Si tratta principalmente di artisti nigeriani come Burna Boy, Wizkid, Davido, CKay, Tems e Rema. Questo perché l’industria musicale africana è concentrata principalmente a Lagos, in Nigeria.
Ci sono però due aspetti importanti da sottolineare. Il primo riguarda la “s” finale che differenzia l’afrobeats – più moderna e disimpegnata – dall’afrobeat – più old school e politicizzata – che fu inventata dal rivoluzionario Fela Kuti negli anni ’70. Il secondo riguarda l’utilizzo che si fa della parola afrobeats che, negli ultimi anni, ha finito per diventare un termine ombrello che comprende al suo interno diversi generi di musica africana, inclusa l’amapiano sudafricana che dal covid in poi è esplosa nei club di Londra. È un discorso che riguarda più che altro la discografia, che cerca di impacchettare un prodotto finendo per semplificare un po’. Per capirci, è un po’ come quando si parla di musica urban includendo il rap e le sue mille sfumature.
Fatte queste doverose precisazioni torniamo all’Italia. Già da qualche tempo le cose si stanno muovendo nel nostro paese ma fino ad ora si è trattato soprattutto di casi isolati o di artisti che hanno spaziato su più generi, certamente non di una scena unita con un sound e degli obiettivi condivisi. Un esempio su tutti è Tommy Kuti che da parecchi anni, probabilmente in anticipo sui tempi, mescola il suo rap con le sonorità afro e che ora si sta ritagliando un ruolo centrale all’interno della nascente scena afrobeats. Ma l’artista di Afroitaliano non è stato l’unico ad avvicinarsi al mainstream in questi anni. Un altro buon esempio è Epoque che, dopo aver attirato l’attenzione con Boss (io & te), ha collaborato con big del calibro di Irama, Ernia e Villabanks. Oppure Axell, rapper della scuderia di Ghali, che ha flirtato con l’afrobeats in brani come Energia.
Chiaramente non è tutto qui: gli artisti di seconda generazione che si stanno muovendo per creare un movimento afrobeats italiano (che spesso si mescola anche con la dancehall e la musica caraibica) aumentano di giorno in giorno, e il nuovo format di Real Talk ne è la chiara dimostrazione. Nel primo episodio, oltre a Tommy Kuti, trovano spazio Jeezus – originario della Nigeria – che con il suo mix di italiano e napoletano “spiega l’afro negli uffici delle label”, Jesse The Maestro – che con il suo flow elettrizzato ben rappresenta Sicilia e Ghana – e Benrucito – direttamente dalla Guyana Francese ma cresciuto tra Torino e Parigi – che con il suo timbro profondo regala un bellissimo ritornello dove l’italiano e il patois giamaicano si alternano alla perfezione.
La formula alla base di “Afro Combination” è semplice ed efficace, ed è ben racchiusa nel gioco di parole contenuto nel nome del format: combinazioni di artisti di diverse nazioni che si ritrovano a spaccare insieme su un beat afrobeats, in questo caso prodotto da Parker Wave, Miror B, BEF1 & JeTwist. Tra l’altro il “comb” – i più attenti lo avranno notato guardando il logo o il microfono – è anche il pettine a denti larghi che si usa per i capelli afro.
Questo primo episodio di “Afro Combination” è solo la punta dell’iceberg. Se si guarda un po’ più in profondità si scopre un mondo ancora inesplorato dove il profilo Instagram di @marteh.djay può essere una buona bussola per cominciare a farsi un’idea. Ci sono molti artisti di seconda generazione come WadeLeVrai, Wado, Justinowusu, Yusbwoi, Million, Boosie Man, Adriana, Sina Tekle, Abe Kayn, Em, Paco, ma anche molti altri che sono affascinati dall’afrobeats pur non avendo origini africane come Dallas Carter, Papikein, Gojardi e Germo67 (appena uscito con Naturale EP). Anche i producer che si stanno specializzando sono parecchi: Gmayer, Madfingerz, Offstrive e Vigan solo per fare qualche nome. Stesso discorso per le serate e i format che stanno nascendo in tutta Italia: da Lit a Napoli fino a AfroWave a Milano.
Insomma, questo non vuole essere un elenco esaustivo ma la semplice dimostrazione che qualcosa di nuovo in grado di abbracciare le diversità sta finalmente nascendo anche in Italia. E perché tutto ciò cresca c’è bisogno tanto del successo di Paprika quanto di un format come quello di Real Talk. Ora manca solo l’esplosione di un artista afrobeats nel mainstream. Poi tutti i nodi verranno al pettine, o meglio al comb.