Il 2024 del rap italiano si era aperto idealmente così: “Le strade fanno il tifo / Torno a grande richiesta perché il rap oggi fa schifo / Club Dogo is for the people”. La prima barra della più attesa reunion nella storia del genere in Italia – quella dei Club Dogo, ça va sans dire – già racchiudeva quel senso di nostalgia di un passato glorioso, in cui il rap non faceva schifo, che è stato quanto mai presente nel corso di quest’anno. Il nuovo disco dei Club Dogo è infatti arrivato subito dopo la pubblicazione del sequel di XDVR di Sfera Ebbasta, avvenuta nel Novembre del 2023, e a pochi mesi dall’attesissima reunion dei Co’Sang nell’estate del 2024. Da qualche anno uno stato d’animo di rimpianto rivolto al passato, alimentato dai media di settore e dall’industria discografica, si è impossessato del pubblico. Già nel 2021 l’anniversario dei dieci anni del disco L’erba cattiva di Emis Killa aveva portato il rapper non solo a proporre una repack del disco, ma anche a organizzare un concerto dedicato e a pubblicare il terzo capitolo della sua serie di mixtape Keta Music. Qualcosa di simile è avvenuta per molti anniversari di dischi importanti come Il ragazzo d’oro di Guè e Marracash di Marracash. Nel frattempo si sono moltiplicate le richieste di reunion tra gli ascoltatori che, dai Dogo alla Dark Polo Gang, fino a una versione 2.0 di Bimbi, hanno manifestato un gran bisogno di far tornare indietro le lancette dell’orologio.
Va detto, questo sentimento negli ultimi anni non ha riguardato esclusivamente la musica. Se la nostalgia è stata per secoli appannaggio degli adulti, ossia di chi aveva vissuto abbastanza da avere ricordi di un passato effettivamente lontano, con l’avvento dei social media questa viene percepita anche dai più giovani, che spesso si trovano a idealizzare un tempo che non hanno mai vissuto. Questa nostalgia moderna sarebbe dovuta all’enorme mole di contenuti che la nostra società è in grado di produrre da ormai vent’anni e alla facilità con cui a questi si può accedere. In sostanza se prima questo stato d’animo doveva passare attraverso ricordi e racconti, oggi è a portata di click. Il passato, narrato sempre migliore di come fosse, ci perseguita su Instagram e TikTok, alimentando un’immagine distorta di ciò che è stato. La facilità con cui noi utenti cadiamo in questa trappola è carpita dagli algoritmi, che tendono dunque a premiare questi tipi di contenuto.
Questa dinamica, tradotta nell’ambito musicale, ha conseguenze sia nella produzione che nella percezione dei brani. Molti studi hanno, per esempio, rilevato quanto oggi la ricerca della hit mainstream abbia ridotto le variabili timbriche e sonore all’interno della musica pop contemporanea. Sempre di più i brani tendono ad assomigliarsi perché il nostro orecchio si è abituato a determinati suoni piuttosto che ad altri. In sostanza, se la produzione di successi futuri si basa su quelli precedenti, la musica tenderà ad essere sempre più passatista e meno sperimentale. A livello empirico, è possibile invece osservare quanto nel rap il tasto della nostalgia sia facile da premere per un’industria spesso a corto di idee. Un caso evidente è stato quello di J. Cole, che, dopo essersi fatto da parte nel dissing dell’anno tra Kendrick e Drake, ha cercato di rialzare la testa caricando sulle piattaforme i suoi primi progetti discografici e lanciando la repack del disco Forest Hills Drive per il decennale della sua uscita. Tentativi come questo, sono di fatto la trasposizione musicale dell’algoritmo di TikTok che ci imbriglia nella nostalgia. Riproponendo i suoi primi di dischi, J. Cole raggiunge infatti due obiettivi: riportare i suoi ascoltatori storici con la mente indietro nel tempo e far sentire agli ascoltatori più giovani la miglior versione di sé, dando loro la sensazione di assaporare i fasti di un periodo storico che non hanno avuto l’opportunità di vivere in prima persona.
Nel rap italiano durante il 2024 sono state toccate esattamente le stesse corde. Che siano stati prodotti genuinamente o sulla spinta di esigenze discografiche, i progetti che hanno puntato sulla nostalgia sono stati premiati dal pubblico, che ha ottenuto esattamente ciò che voleva. Eppure, questa ricerca di sensazioni passate avviene in una fase storica in cui il rap italiano gode di una delle sue stagioni più floride artisticamente. Come non mai, oggi la scena rap è varia e può accontentare le diverse esigenze del pubblico. Dall’alternative rap di Ele A ai banger di Anna, dal gangsta rap di Simba La Rue fino al conscious rap di Marra: la scelta non è mai stata così varia a livello di gusti musicali e di storie rappresentate. È infatti, al di là di questo clima nostalgico, che il rap contemporaneo funziona, e anche molto bene. Verrebbe dunque da chiedersi se questa stagione nostalgica in Italia sia più una moda, un qualcosa che ci piace raccontare all’esterno piuttosto che una nostra reale esigenza. Riproponendo un vecchio detto secondo cui “tutti dicono che i politici fanno schifo ma poi li votano”, oggi sembrerebbe che nel segreto delle proprie cuffiette gli ascoltatori siano molto meno schizzinosi di quanto dicano a parole.
@outpump #sferaebbasta ha portato a San Siro “Bimbi” quasi al completo con #rkomi , #tedua e #izi ♬ suono originale – Outpump
Questa impressione non sembra discostarsi molto dalla realtà, tanto è vero che sono stati tanti i dischi rilevanti usciti quest’anno, e pochi sono quelli dei “vecchi” big. Infatti, i numeri non vanno solo contati ma anche pesati. Se “Persona” di Marracash nel 2019 fu un disco fondamentale, perché rappresentò una nuova fase per il rap italiano dopo anni di dominio della generazione del 2016, oggi non si può dire lo stesso dei dischi nostalgici, che per loro stessa natura guardano più al passato che al futuro. Non si parla dunque del dato anagrafico. Guè, e lo stesso Marra, riescono ancora a essere rilevanti perché mettono in gioco il loro passato, non perché lo celebrano. C’è dunque da augurarsi, per il bene stesso degli artisti che amiamo, che il 2024 nostalgico nel rap italiano sia concluso.