Evissimax è una di noi

Era all’incirca maggio quando, parlando con Miss Jay, una dj di origini rumene, era saltato fuori il nome di Evissimax, che mi era stata descritta in quell’occasione con un particolare entusiasmo, quello di chi ci crede davvero.

In una città come Milano, è facile che qualcuno ti parli di altri esaltandone le qualità, riempiendo le frasi di superlativi ed assicurandoti che le cose che fa quella persona sono le migliori di sempre. Che non ti deluderà. Fidati. Ed è quindi facile cadere in inganno, e di conseguenza non così spesso capita di dar peso alle parole che vengono spese per altri. Quasi venduti tra continui passaparola.

Ciò che mi ha colpito quella sera, però, è che Miss Jay in realtà non mi voleva vendere nessuno, mi stava dando più un consiglio da amica – nonostante ci fossimo appena conosciute -, dicendomi che se c’era un esempio da imitare in questo settore, era proprio lei: Evissimax. Questo perché è venuta dal nulla e in poco tempo – e in modo totalmente genuino – si è presa il suo spazio ricevendo non poco apprezzamento. Cercando di ordinare i miei pensieri mentre parlavamo, ho subito pensato “è una di noi”. Miss Jay mi stava dicendo che Evissimax è una di noi. E poi ho capito perché.

«È una storia comune a tutti, sentirsi un po’ persi nella vita e poi trovare quella cosa che ti piace e farla. Io ho cercato di fare il mio e guardare solo la mia strada. Lo faccio perché mi rende genuinamente felice e per nessun altro motivo. Io ho detto voglio fare questo, in questo modo, perché mi piace e basta», che dice Evissimax durante una chiacchierata.

Nata in Nigeria e trasferitasi poi in Italia, Eva si è fatta spazio tra i club di Milano (e non solo) in appena 12 mesi. Da un workshop ai dj set a Milano, dai dj set a Milano a un tour in italia. La cosa che ha funzionato, è che ha fatto quello che voleva, seguendo il suo istinto, «è molto facile perdersi nelle parole degli altri, ma ero così sicura di quello che volevo fare che ho ascoltato di base me»; la cosa che ha colpito, è che da questo ha tirato fuori dei dj set incredibilmente umani.

«Mi ritengo una persona molto empatica. Il mio setting preferito delle serate è quando la console è per terra con tutta la gente attorno. Sui palchi mi sento un po’ troppo distaccata dal pubblico, mentre il fatto di essere lì mi piace perché senti tutto molto vicino, è tutto molto immediato. Vedere subito le reazioni delle persone, vivere esattamente lo stesso momento, la stessa sensazione. Il feedback immediato è una cosa che mi piace molto». 

E spesso ci riesce a portare a casa ciò che vuole, «la serata che più mi ha gasato, e che è stato anche un passo importante per la mia carriera, è stata una serata che ho fatto a Milano, al Santeria, era One Shot. C’è stato questo momento, che a pensarci mi vengono i brividi, dove ho messo la traccia – ed ero ancora all’inizio inizio della mia carriera, che è ancora fresca, suono da un anno – e tutta questa stanza di non so quante persone, 500/600, stava ballando, ogni singola persona saltava. E quando mi sono resa conto di che cosa stava succedendo, mi sono guardata intorno e la sensazione che ho sentito è veramente indescrivibile. Quando vedo che siamo tutti presenti, siamo tutti lì a ballare, a divertirsi, io mi sento soddisfatta». 

Anche se per Evissimax vale molto, l’empatia non è fondamentale per fare questo lavoro, dipende da come ti vivi la musica. Per lei, ad esempio, non è un viaggio del tutto personale, «è una via di mezzo tra il mio percorso e il creare una situazione bella per tutti». È proprio questa la cosa che le dà particolare soddisfazione: vedere gli altri divertirsi, e divertirsi con loro. 

Ma non sempre succede, perché di fatto non è così semplice fare un lavoro in cui è necessario metterci sé stessi, in cui la riuscita della performance dipende proprio da quanto tu stessa, con la tua persona – ed emozioni, momenti, periodi -, ci sei dentro. «Ci sono delle volte che non è successo, perché nonostante io sia convinta che la perfezione non sia fondamentale, sono una perfezionista (ride, ndr)». Quello del perfezionismo e dello scendere a patti con gli errori è un discorso che più avanti riprenderemo. «Sono anch’io umana, anch’io posso avere i miei giorni no e questa cosa può influire sulla serata. Non è sempre piacevole quando la tua vita personale può intaccare il tuo lavoro».

«A fine serata la mia soddisfazione sta nel fatto che mi sono divertita al 100%. Non riguarda tanto l’essere stata tecnicamente perfetta, ci sono serate in cui ho fatto qualche errore ma mi sono divertita talmente tanto che neanche li ho contati. Per me è più una questione di essere totalmente in linea con il pubblico, di essere tutti lì e di essere tutti sulla stessa lunghezza d’onda, ci stiamo divertendo. Quelle sono le mie serate preferite».

Come dicevamo, quello degli errori è un tema particolarmente caro ad Evissimax, un tema su cui si interroga spesso, ma ci arriveremo. Prima c’è ancora un’altra cosa importante che caratterizza particolarmente la sua persona: il non sentirsi a casa in nessun posto, e forse è per questo che – almeno allo spettatore – sembra vederla a casa proprio in serata, dietro la console, con le persone intorno.

«Da piccola ho sempre fatto tanti traslochi, tanti spostamenti, di base non ritengo casa un’unica città o un unico paese, mi sento molto più legata culturalmente a un determinato luogo. Mi sento molto a casa nella mia italianità, nel mio essere anche nigeriana, mi sento a casa nella cultura in cui sono cresciuta. E il fatto di sentirmi legata più alla cultura che a un luogo fisico fa sì che, bene o male, mi trovo bene ovunque sto». 

Ed è forse proprio questa sua capacità di non legarsi a nessun luogo preciso che le permettere di entrare nelle vite di tutti quando si trova dietro la console. Perché è in sé stessa che si è ritrovata, non in altro, non in cose fisiche, non i punti precisi del mondo. In sé stessa. E questo le permette di scegliere dove sentirsi a casa, non estranea. Di fatto, Evissimax può essere a casa ovunque, e sicuramente il locale in cui suonare è uno dei luoghi in cui maggiormente capita. O meglio, non è tanto il locale. Sono le persone che fanno il locale: questo Evissimax ci tiene a sottolinearlo spesso. Sono le persone che fanno la serata, le persone che le permettono di trovare la soddisfazione alla fine del set, ed è qui che torna il fattore empatia.

Evissimax non sente alcun bisogno di legarsi a un luogo, ed è forse anche per questo che l’empatia nei suoi set è forte: perché tramite ciò che suona dice tutto. Di base, in un certo senso, la musica è appartenenza. Ciò che una persona ascolta – o in questo caso suona – rimanda molto alle sue origini. Non lo facciamo consciamente: vengono fuori in modo naturale. 

«Ultimamente sto riflettendo molto su che cosa racconta di me ciò che suono. Essendo una ragazza italo-nigeriana, non so che cosa possono pensare le persone vedendo che suono principalmente musica techno – o che potrebbe ritenere non afro. 

Credo che in quello che suono si rivive proprio il mio percorso di allegria. Perché per me la cultura nigeriana, ma anche quella italiana, è una cultura molto allegra, molto felice, e per me suonare è proprio il cercare di creare un momento di leggerezza, spensieratezza. Allora cerco sempre di fare set che siano divertenti, ti metto la canzone throwback anni 2000 perché fa ridere, è fun, ti perdi un attimo e canti le canzoni della tua infanzia».

Già, le canzoni throwback. Per chi non ha mai visto un set di Evissimax, si tratta del momento nostalgia, in chiusura del set, in cui parte una canzone random totalmente decontestualizzata e assolutamente perfetta per tutti. Ed è lì che scatta la magia. Perché quel remix di Kylie Minogue in quel momento è incredibilmente azzeccato. Lo conoscono tutti, lo cantano tutti, lo ballano tutti. 

«È il mio momento preferito. Vedo che tutti stanno rivivendo la propria infanzia, la propria adolescenza. È una cosa che un po’ ci accomuna tutti, è quel momento in cui siamo tutti collegati, è il sentirsi una comunità, tutti collegati nonostante diverse storie, diversi background. Per me questo è l’importante, quello che cerco di fare quando suono. Ho fatto una serata a Torino dove ho messo quattro ultime tracce, perché la gente non voleva che finisse, e io ero così felice perché pensavo “oddio sto facendo quattro chiusure”. Per me è proprio un ricordo nostalgico. Riguardo molto la mia infanzia, magari ne parlo con amici, magari neanche io me le ricordo. È un ritorno del mio passato, la scelta dell’ultima traccia. Una volta a Parma ho chiuso con Tiziano Ferro perché mi sembrava il pezzo giusto. È una scelta molto empatica, che faccio sul momento».

E qui arriviamo agli errori, che passano di nuovo dall’empatia e dall’istinto. In un momento in cui tutti nella musica sembrano cercare la perfezione assoluta, è necessario rendersi conto che per sentire le emozioni, le imperfezioni ci devono essere. Evissimax è d’accordo. Allo stesso tempo è facile dire “bella l’imperfezione”, ma poi è difficile averci effettivamente a che fare, perché spesso prendiamo l’imperfezione come errore, e l’errore non ci piace per definizione.

«Come qualsiasi persona, come qualsiasi artista, quando devi metterci la faccia nei tuoi errori – e ancora di più quando stai suonando, che hai un feedback così immediato -, è difficile accettarli. Li vedi subito, li senti subito. E devi gestirli anche subito. Devi lavorare perché non si facciano vedere o magari perché non si percepiscano. Perché il mio compito, in serata, è anche gestire la vibe che si crea. Credo che bisogna lasciare spazio alle imperfezioni, perché significa lasciare spazio a una situazione naturale e al divertimento. Se c’è un qualche errore nel tuo set, di base è perché ti stai divertendo, non stai seguendo il protocollo e stai andando con il flow delle cose». 

Che ne sia consapevole o meno, Evissimax sembra avere una tendenza naturale nel seguire il suo istinto e lasciarsi trascinare. «È una scelta che ho fatto inconsciamente quella di iniziare a suonare, sono andata proprio di cuore in questo percorso. E succede ancora. Cerco sempre di metterci il cuore in quello che faccio».

Tutto ciò alla costante ricerca di equilibrio. «È la parola che cerco di ricordarmi tutti i giorni: l’equilibrio tra le cose; l’equilibrio tra essere bravi tecnicamente, ma comunque darsi spazio per divertirsi». Quando Evissimax mi dice questa cosa faccio un salto indietro, a qualche giorno prima. Parlando con un amico, ci domandavano se potesse esistere una formula non tanto per stare bene, perché sarebbe una domanda da un milione di dollari, ma piuttosto per stare in equilibrio. Trovare quella giusta dose di ogni fattore capace di influenzare in positivo o in negativo la nostra vita. E non è facile, perché gli step da fare prima sono infiniti e minuziosi: primo tra tutti, conoscersi, capirsi, e scendere a patti con le consapevolezze

Per questo la domanda a tal proposito che mi ero preparata l’avevo tenuta per ultima, e proprio poco prima di iniziare la chiacchierata mi ero detta che probabilmente non l’avrei fatta. Non so perché, è un discorso complesso. Sembra una domanda potenzialmente invadente che arriva da chissà dove. Quando è stata Eva a dirmelo, quindi, mi ha sorpreso. Eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, proprio come le piace essere durante i set. E mi risponde da sé: «Io cerco l’equilibrio perennemente, non solo nella musica, ma nella vita in generale. Lo cerco in tutto, lo cerco per godermi le serata in cui suono e anche quelle in cui non suono; per divertirmi ed essere tecnicamente brava. Lo sto cercando. Non so se arriverò mai all’equilibrio al 100%, credo che sia un lavoro continuo, perenne, che farò. Ci sto arrivando, piano piano».

Photo
Antonio Giancaspro
Stylist
Luca Venturelli, Michele Rombolà
MUA
Rossella Pastore
Hairstylist
DAVEONHAIR
Hair Assistant
Serena Raso