Gioielli da uomo: dai pirati, all’hip-hop, alla vintage mania

I gioielli da uomo non sono niente di nuovo. I primi ad indossare e ad appassionarsi a questi accessori centinaia di anni fa sono stati proprio loro, al contrario di quanto si possa pensare. Che fossero portafortuna, protezioni, simboli religiosi o di status sociale non importa; ognuno nei secoli ha avuto motivo di indossare gioielli più o meno vistosi, o più o meno opulenti. Dalla rivoluzione industriale in poi l’elemento decorativo si è perso per la sfera maschile e si è ridotto a funzionale, con la passione per gli orologi. Oggi, proprio come avevano fatto gli antichi egizi, i pirati o i nobili inglesi, gli uomini tornano al gioiello come puro elemento decorativo

Questa passione, che ha sopravvissuto a guerre, cambiamenti sociali, crisi e nuove mode, è figlia di classi sociali e della loro volontà di dimostrare la propria appartenenza a una di esse. Ma come si è passati dall’orecchino d’oro dei pirati, a collezioni di gioielli da milioni di dollari di rapper o pugili come Floyd Mayweather? Le tradizioni reali di molte popolazioni del mondo — dagli zar russi ai reali francesi o inglesi — mettevano al centro i gioielli come status simbolo a dimostrazione della propria posizione sociale. L’anello chevalier — o anello da mignolo, in italiano —  è spesso simbolo nobiliare e pratico “marchio” di riconoscimento: riportava il sigillo familiare e veniva infatti utilizzato per imprimere nella ceralacca a chiusura delle lettere un certificato di autenticità del mittente. Oggi gli anelli chevalier con camei o monete antiche sono tornati soprattutto sulle mani di uomini figli di un’era lontana dalle lettere sigillate con la ceralacca. Anche gli orecchini d’oro dei pirati avevano la funzione pratica di garanzia nel caso in cui la morte fosse avvenuta in terra straniera, il gioiello sarebbe servito a pagare una degna sepoltura. Oggi è più facile vedere questo tipo di gioiello sulle orecchie di artisti e cantanti come i Måneskin che non viaggiano su galeoni in terre sconosciute. Eppure perché questi accessori — che hanno un fascino così ancestrale — sono tornati prepotentemente ad adornare i corpi di uomini del XXI secolo

Chiaramente oggi il gioiello ha perso ogni tipo di funzionalità ma rientra nella tendenza contemporanea all’estrema cura e attenzione per l’estetica della propria persona. Il gioiello in molti casi non simboleggia lo status sociale, ma la nicchia estetica dentro cui ricadiamo come individui. Dalle pagine inspirational su Instagram che mostrano le ultime tendenze di gioielli, ai mille small businesses che si occupano di questi — dall’oro made in Italy, ai gioielli sostenibili fino alle perline colorate, le declinazioni e definizioni di gioiello oggi sono più ampie di un anello con stemma nobiliare o un ciondolo familiare da tramandare al prossimo. 

Nella maggior parte dei casi si parla di gioielli genderless, che siano anelli, spille o ear cuff ogni brand ha proposte che possono soddisfare veramente tutti. 

L’estetica del gioiello maschile si divide in tre macro aree: i gioielli vintage, quelli moderni super organici e fluidi, i gioielli status che vengono dall’estetica hip-hop e quelli irrimediabilmente pop e giocosi. Ognuno di questi ha il suo perché e la sua estetica correlata, da @vincentvintage_bijoux, @alancrocetti a @danslesrues.

Proprio come il monarca inglese Enrico VIII aveva una collezione che comprendeva 234 anelli, 324 spille e svariate collane ricoperte di diamanti e altre pietre, così i protagonisti — più o meno famosi — della scena hip-hop hanno messo insieme negli anni delle collezioni da milioni di dollari. Inizia tutto negli anni ’80 quando LL Cool J comincia a spingere il trend delle catene, Eric B. e Rakim indossano gioielli sulle cover dei loro album, e Big Daddy Kane lancia un’estetica monarchica fatta di troni, scettri e corone d’oro, nella massima opulenza. Pendenti d’oro come quello creato da Tito the Jeweler per The Notorious B.I.G. raffigurante un distorto volto di Cristo incastonato di diamanti diventano negli anni delle vere e proprie icone, un po’ per la loro storia — questo fu l’ultimo gioiello indossato da Biggie — un po’ per lo status che rappresentano. È solo all’inizio del XXI secolo che il mondo dell’hip-hop, tra collaborazioni, pubblicità e linee commerciali, si inonda veramente di guadagni e lo status cresce, insieme ai gioielli. Così il bling diventa simbolo di riscatto sociale, di successo e di fuga dai problemi del passato ormai ben superato. Molti rapper — e non — si rifanno, se non a questa idea, almeno a questa estetica ancora oggi e danno vita a collezioni come quelle di, Pharrell Williams, Westside Gunn e Floyd Mayweather.

Dall’altra parte, esistono appassionati di gioielli delicati, con una storia e dal fascino antico. I gioielli vintage non sono simbolo di status come i precedenti, ma sono pur sempre simbolo di appartenenza a una certa cultura. L’attenzione al dettaglio, l’amore per il difetto e l’usura e il fascino di un tesoro dal passato, è quello che accomuna gli amanti di gioielli vintage. Gli anelli chevalier che finiscono nelle mani di questi appassionati potrebbero veramente imprimere il loro cameo sulla chiusura in ceralacca di una lettera scritta a mano e impazzirebbero per un vero orecchino d’oro appartenuto a un pirata. 

Qui il clash degli stili: dai raffinati gioielli di altri tempi, alla modernità ed esplosività dei gioielli pop come quelli di Dans Les Rues. Questi accessori urlano contemporaneità, sono assolutamente genderless e puntano al divertimento. Anelli, orecchini e collane che prendono da un’estetica anni ’90, tra i materiali plastici, i colori accesi e i finti brillanti a forma di cuore. I gioielli creati dall’art director Giorgio Ciccone ricadono perfettamente nel trend del momento: le lacche neon si fondono con cristalli colorati e finiscono su personaggi come Giuliano Calza, Mahmood e Dualipa. Non si tratta certo di alta gioielleria, ma gli accessori sono anche — e soprattutto — divertimento e i gioielli pop lo sono senza alcun dubbio. 

Gioielli come quelli disegnati da Alan Crocetti sono invece il presente e il futuro della gioielleria genderless. Le forme organiche, fluide e sensuali  in materiali preziosi si distaccano dalla mascolinità tossica di questo secolo, che lega l’uomo alla forza e la donna alla fragilità, e puntano a mettere il gioiello sul piedistallo, non solo da accessorio ma da vero protagonista. “L’anatomia è di solito il punto di partenza del mio processo di progettazione. Amo lo studio l’ergonomia delle parti del corpo; sono forme e deformazioni; in questo modo mi sento come se i miei gioielli fossero l’estensione del proprio corpo” spiega Alan Crocetti in un’intervista. “Voglio che il mio lavoro metta in evidenza una serie di esperienze legate all’amicizia, all’amore familiare e romantico e al sesso”. 

Il futuro della gioielleria da uomo è nebbioso ma sicuramente variegato. Tra status symbol diamantati, controculture vintage ed erotismo lo scenario è più che mai divertente e aperto all’esplorazione. Il fascino arcaico della decorazione corporea, dell’elemento decorativo e dell’amuleto torna ad adornare i corpi maschili, lontani da pregiudizi e mascolinità tossica.