Giorgio Moroder immagina ancora la musica del futuro

My name is Giovanni Giorgio, but everybody calls me Giorgio. Con questa iconica presentazione i Daft Punk, in Giorgio by Moroder, rendevano il tributo a uno dei più grandi produttori di tutti i tempi, Giorgio Moroder. Pioniere e inventore della disco music, innovatore e sperimentatore nel campo della musica per il cinema, Moroder è stato l’indubbio fenomeno della musica per film degli anni 80 dando vita a una nuova scuola di compositori che non provenivano dal mondo accademico ma sperimentavano quella che era la musica del futuro, condizionandone ancora oggi l’evoluzione. Vincitore di tre premi Oscar (Miglior Colonna Sonora Originale per Midnight Express, Miglior Canzone Originale per Flashdance e Miglior Canzone Originale per Top Gun) e altrettanti Grammy, compositore di alcuni film iconici come Scarface, La storia infinità e American Gigolò, non basterebbe una vita per raccontare tutto ciò che ha significato per il mondo musicale e cinematografico.

Dal 5 al 7 luglio Videocittà ospiterà un evento straordinario: Giorgio Moroder presenterà Nebula, la sua prima installazione artistica, in collaborazione con il duo Quiet Ensemble. Nebula (che sarà anche il nome che darà il titolo al vinile di Moroder che sarà venduto a Videocittà e che conterrà le sue musiche nel lato A e un remix delle sue musiche nel lato B) investirà il cilindro metallico più grande del complesso del Gazometro, monumento simbolo del quartiere Ostiense e della Roma contemporanea, trasformandolo in un suggestivo spazio di osservazione intergalattica. Una spettacolare esperienza audiovisiva immersiva in grado di ricreare una costellazione fittissima che avvolgerà il pubblico completamente da ogni direzione, rendendo il Gazometro una sorta di telescopio che si innalza verso il firmamento, tracciando un collegamento tra cielo a terra,  portando una porzione di cielo all’interno del cilindro. Questo progetto innovativo rappresenta una nuova frontiera per il leggendario compositore, che mai prima d’ora si era cimentato in una tale opera visuale. Abbiamo avuto l’onore di incontrarlo ripercorrendo insieme a lui la straordinaria carriera di un artista che ha lasciato un’impronta indelebile e immortale nella storia della musica e del cinema.

Il 5 luglio per Videocittà presenterà la sua prima installazione, Nebula, con il duo artistico Quiet Ensemble. Come nasce il progetto?

L’idea è partita dai ragazzi (Quiet Ensemble) che mi hanno chiesto se fossi interessato a realizzare una composizione per il loro progetto e devo dire che mi è piaciuto fin da subito, perché era qualcosa con cui non mi era mai confrontato. Sicuramente nella mia carriera ho realizzato dei progetti visual ma mai avevo fatto una composizione astratta che dovesse emulare un viaggio interspaziale, sui cui si basa il tema di Nebula. Mi è piaciuto moltissimo. Devo dire che ho iniziato fin da subito a lavorarci perché pensavo fosse molto difficile e oltretutto i Quiet Ensemble avevano bisogno della musica per realizzare il video.

E che differenza ha riscontrato tra la composizione di una colonna sonora originale e la strutturazione di un’unica composizione per un’installazione?

Devo dire che l’ho trovato molto più facile perché non c’era un regista, oppure qualcuno che mi suggerisse quello che dovevo fare rispetto anche alla narrazione specifica che ha un film. Ho fatto semplicemente quello che mi piace. Ho sentito sicuramente di avere più libertà.

La scorsa settimana presso Fondazione Prada ha riportato in scena la sua reinterpretazione sonora del classico fantascientifico muto Metropolis, a cui lavorò nel 1984. Quanto è importante per lei che la musica di un film supporti e amplifichi la narrazione visiva condizionandone anche il successo o l’insuccesso?

È sicuramente molto importante. Ad esempio pensare alla musica per Metropolis è stato da una parte facile perché sentivo di potermi esprimere artisticamente, utilizzando le sonorità a me più consone, ma allo stesso tempo è stato anche difficile perché non sapevo cosa Fritz Lang avrebbe potuto pensare per il suo film distopico del 1927. Conoscevo in parte la composizione di Goffried Huppertz ma cercai di discostarmene completamente. Invece per quanto riguarda il progetto di Nebula è stato sicuramene più facile in questo senso perché non esisteva nessun riferimento passato su cui mi sarei potuto basare, soprattutto come suoni. Ad esempio avrei potuto ispirarmi a molti brani di Brian Eno ma per la funzionalità dell’installazione sarebbero stati troppo ripetitivi. Avevo bisogno di ritmo. Ho tagliato dei pezzi della composizione rendendola sicuramente più fluida e funzionale al progetto.

Rivoluzionò letteralmente la musica nel cinema con la colonna sonora di Midnight Express nel 1978, aggiudicandosi il suo primo Premio Oscar e successivamente con Flashdance, Scarface, American Gigolò e La storia infinita. Cosa la spinse a sperimentare con suoni elettronici in un’epoca dominata dalle orchestre tradizionali, “battendo” anche lo stesso John Williams durante la notte degli Oscar?

Grazie al grande successo che ebbi con I Feel Love di Donna Summer attirai l’attenzione del regista Alan Parker che mi propose di realizzare la musica originale per il suo film. Nonostante gli rivelai che non avevo mai lavorato nel mondo della musica per il cinema lui mi volle assolutamente per ricreare quel sound che ricordasse l’iconica strutturazione sonora di I Feel Love e così realizzai Chase che divenne anche il tema centrale dello stesso film. Come notava giustamente, fino a quel momento era quasi impossibile per un compositore con il mio background poter lavorare alla composizione di una colonna sonora originale, ma fu proprio Parker a scegliere un musicista che non provenisse dal conservatorio e che fosse totalmente distante dai compositori che imperversavano nell’industria cinematografica. Credo che proprio da lì riuscimmo a creare un sound unico che rivoluzionò senza dubbio la storia della musica per il cinema. 

Nonostante anche prima del suo arrivo nel mondo della musica per immagini la canzoni avevano avuto un ruolo centrale, sia nei classici della Disney che nei musical, con le sue composizioni come Take My Breath Away in Top Gun, Flashdance…what a feeling in Flashdance, Push it To The Limit in Scarface, la canzone diventa anche il fine con cui riuscire a commercializzare un film. Come pensa che la sua musica abbia influenzato non solo il cinema, ma anche il fine che una canzone  pop può rappresentare all’interno del linguaggio cinematografico?

Ha assolutamente ragione. Credo che il primo brano che ho composto che si sia legato fortemente alla narrazione di un film sia stato senza dubbio Call Me per American Gigolò. Nella scena in cui Richard Gere guida sulla superstrada di Los Angeles e in sottofondo ascolti il brano eseguito dai Blondie, gli dà perfettamente quel senso di avventura alla conquista di Hollywood. Ci sono dei momenti dove la musica diventa veramente parte della colonna sonora e non solo un commento alla scena. Anche con Take My Breath Away riuscimmo ad ottenere lo stesso fine, ma il vero capolavoro resta dubbio Flashdance così come Scarface. Sono canzoni ancora oggi iconiche.

Recentemente ha vinto il David di Donatello alla carriera. Nonostante abbia lavorato a un solo film in Italia,  Mamba di Mario Orfini, che futuro vede per la musica nel cinema nel nostro paese?

Credo che il problema per cui non si riesce ad esportare il nostro cinema, e quindi a far conoscere gli stessi compositori che ci lavorano, è la qualità degli stessi film e soprattutto il genere. Molti dei film che vengono prodotti in Italia sono commedie e per un limite linguistico sono anche difficilmente esportabili. Sono film prodotti unicamente per l’Italia. Credo che il problema sia da ritrovare nel linguaggio ma anche e soprattutto nelle tematiche che vengono trattate. Pochissime produzioni acquistano film italiani, forse adesso un pochino di più con l’avvento delle piattaforme, ma oggi mi sento di dire che non si producono più grandissimi film e la musica ne risente notevolmente.

Fotografo
Guido Gazzilli