Hello Kitty: alla scoperta del simbolo dell’estetica kawaii

Esistono alcune cose che, anche inconsciamente, sono presenti nella nostra vita quotidiana al di là di quale sia la nostra età o il nostro background. Una di questa è sicuramente Hello Kitty, immagine che almeno una volta avete finora incontrato, magari girando per città o addirittura nelle vostre stesse case. È talmente riconoscibile, onnipresente e inconfutabilmente dolce che la prendiamo ormai per una certezza, probabilmente senza sentire il bisogno di approfondire le sue origini e la sua rilevanza culturale. In realtà Hello Kitty è un personaggio che merita assolutamente di essere analizzato, andando alla ricerca di quale sia il segreto del suo successo e di tutti i miti che ruotano attorno a essa.

Per comprendere al meglio l’entità di questo personaggio è però prima necessario partire dalla nascita dell’azienda che lo inventò, o meglio, dal contesto temporale e culturale. Dobbiamo quindi trasportarci nel periodo di rinascita del Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale, momento storico in cui il Paese si apriva inaspettatamente a nuove prospettive con un grande fascino verso l’Occidente e una voglia di combinare la tradizione alla contemporaneità della cultura pop. È in questo scenario che nasce la cosiddetta estetica kawaii, un termine che si può tradurre in “carino“, che in realtà simboleggia una diffusa serenità e un mondo di leggerezza che ogni giapponese sentiva la necessità di tenere stretto di fronte al boom economico e alla formalità dell’impegnata vita lavorativa.

È in questo immaginario che prende vita Sanrio, un’azienda specializzata nella creazione di personaggi inventati e della relativa commercializzazione fondata nel 1960 da Shintaro Tsuji con il nome originale di Yamanashi Silk Company. Inizialmente, quando la società si dedicava alla distribuzione di tessuti e articoli da regalo nella prefettura di Yamanashi, i profitti erano alquanto scarsi, fatta eccezione per una precisa gamma di sandali caratterizzati da un motivo floreale. Accortosi di questo fattore, il fondatore capii che lo stile basico non pagava e per questo motivo decise qualche anno più tardi di ingaggiare alcuni fumettisti in grado di creare una varietà di disegni che riuscissero a catturare l’attenzione dei clienti. Tra questo gruppo di creativi vi era anche una certa Yuko Shimizu, che nel 1974 ideò personalmente il personaggio di Hello Kitty, il quale fece il suo debutto l’anno seguente seduto tra una bottiglia di latte e una boccia con un pesce rosso su un portamonete in vinile venduto alla cifra di 240 yen (circa €2). Fu immediatamente un successo, a tal punto che di lì a poco assumerà il ruolo di mascotte della Sanrio, diventando il suo prodotto maggiormente conosciuto e solo due anni dopo verrà esportata negli Stati Uniti contribuendo significativamente a promuovere la cultura kawaii in tutto il mondo.

Il primo elemento che balza all’occhio nel momento in cui vediamo la sua raffigurazione è il suo aspetto estremamente carino, semplice e capace di trasmettere un senso immediato di disarmante dolcezza. Si dice che la principale fonte d’ispirazione dietro a essa sia il maneki neko, mentre il nome derivi dal libro “Attraverso lo specchio” di Lewis Carrol, in cui Alice gioca con un gatto chiamato Kitty.

Fu l’intenzione di creare un contatto con il pubblico e una comunicazione sociale che portò invece l’azienda a rivolgersi alla forma più universale d’approccio, ossia il saluto, accostando il nome “Kitty” con “Hi”, diventato poi “Hello Kitty”.

Attenzione però: se pensate che quel nasino, quei baffi e quelle orecchie indichino che Hello Kitty sia un felino, vi sbagliate. Come riporta l’antropologa Christine R. Yano, quando curò la mostra “Hello! Exploring the Supercute World of Hello Kitty” al Japanese American National Museum, fu infatti la stessa Sanrio a correggere un testo in cui il personaggio veniva descritto come un gatto, sottolineando che si tratta semplicemente di una figura inventata paragonabile a una ragazzina, a un’amica o a un’antropomorfizzazione sulla falsariga di Mickey Mouse, quindi tecnicamente né umana né gatta. Un altro dettaglio che forse vi sarà sfuggito, oltre al fatto che non viene mai raffigurata a quattro zampe, è che Hello Kitty non ha la bocca. Anzi, sarebbe meglio dire che non è mai disegnata con la bocca (fatta eccezione per alcuni cartoni animati), questo per far sì che coloro che la guardano possano proiettare su di lei i propri sentimenti.

Al di là di queste caratteristiche estetiche legate alla sua origine, Hello Kitty è stata successivamente al centro di un’operazione di storytelling da parte della stessa Sanrio, che racconta tutta una serie di informazioni biografiche su di lei e sull’universo fantastico in cui vive assieme a MyMelody, i Little Twin Stars, Keroppi e Tuxedo Sam. Si chiama Kitty White, è nata il 1 novembre a Londra, è figlia di George e Mary, sorella gemella di Mimmy, ama le torte di mele, ha circa 8 anni e addirittura possiede un gatto di nome Charmmy Kitty.

Nonostante ciò, il popolo del web si è presto sbizzarrito con una teoria più vicina alla mera fake news che a una leggenda metropolitana, in cui vengono narrate strane simbologie di carattere satanista, probabilmente spinte anche dal macabro “Caso Hello Kitty” avvenuto nel 1999 a Hong Kong.

Detto questo, è arrivato il momento di parlare di come nel tempo il personaggio si sia evoluto e abbia raggiunto un impatto senza precedenti, malgrado la sua ideatrice non ottenne mai la giusta ricompensa. Sebbene vada ricordato che Hello Kitty nasce esclusivamente come personaggio destinato al merchandising, l’azienda che detiene il suo copyright tentò infatti nel tempo di creare attorno a lei un vero e proprio media franchise con serie tv, film, manga, videogiochi e improbabili crossover come quelli con Gundam, Sailor Moon, Naruto, Doraemon, Sonic, L’Attacco dei Giganti e Pac-Man.

Dal punto di vista commerciale, invece, ha saputo diversificare il suo target originariamente destinato alla fascia preadolescenziale femminile con prodotti per adulti di ogni sesso, talvolta assumendo per esempio alcuni restyling grafici in chiave punk o metal (vedi la versione ispirata ai Kiss) e alternando articoli di massa a rari oggetti da collezione. Non è sbagliato dire che di Hello Kitty esista praticamente qualsiasi genere di merce, la maggior parte della quale su licenza (si stimano oltre 50.000 prodotti l’anno): cancelleria, accessori di ogni tipo, abbigliamento, sex toys, carta igienica, trucchi, elettrodomestici, vino, tavolette del water, gioielli, chitarre, abiti da sposa, lingerie e addirittura esistono café, ristoranti, ospedali e parchi tematici a lei dedicati.

Grande fortuna la troverà anche nel mondo della moda, come dimostra la recente capsule collection lanciata insieme a Nike, alla quale si aggiungono collaborazioni con brand del calibro di PUMA, Converse, Dr. Martens, UNIQLO, Skechers, GCDS, Anti Social Social Club, BAPE, Stüssy, UNDERCOVER, ASICS, Reebok, Balenciaga e Crocs.

Non solo, anche nel settore dell’arte e del design siglerà alcune importanti partnership, come quelle con Medicom Toy, fragment design, Kidrobot, Takashi Murakami, James Jarvis e Tom Sachs.

Tra le varie curiosità che meritano di essere annoverate segnaliamo inoltre il fatto che dal 1983 è stata scelta come ambasciatrice dell’UNICEF e che viene citata in opere cult della cultura popolare come “I Simpson”, “Futurama”, “The Big Bang Theory”, “Grey’s Anatomy”, “Gossip Girl”, “South Park” e in un brano di Avril Lavigne.

Si potrebbe riassumere quanto sia amata con un singolo accaduto, che nel 2000 vede prendere d’assalto un McDonald’s di Shangai in cui all’interno del celebre Happy Meal venivano regalati alcuni giocattoli di Hello Kitty, scatenando una vera e propria rivolta che culminò con l’ospedalizzazione di sette persone. Ad ogni modo, è anche giusto far presente come Hello Kitty sia una delle grafiche più iconiche sulla Terra insieme a Pikachu e Barbie, il che la rende un’immagine riconosciuta da oltre l’80% dei giovani adulti in America, nonché un oggetto di culto per celebrities come Mariah Carey, Britney Spears, Paris Hilton, Katy Perry e Lady Gaga.

Attualmente la piccola Kitty Chan, come è conosciuta in Giappone, rappresenta un brand dal valore di 7 miliardi di dollari, venduto in più di settanta Paesi nel mondo. Questo soltanto per merito del suo aspetto carino e rassicurante, simbolo di un inaspettato legame tra Oriente e Occidente che andò a creare un’immensa rilevanza socio-economica attraverso l’estetica.