Se ci si fermasse un secondo a calcolare la quantità di tempo trascorso incollati davanti a serie tv e servizi di streaming, probabilmente si rimarrebbe sconvolti dal numero di zeri presenti nel conto delle ore. Non che non ci si diverta un mondo nel farlo, anzi; si ride, si piange, ci si sente sulle spine, arrabbiati, in ansia, pieni di gioia, incredibilmente abbattuti. Ogni show guardato dall’inizio alla fine – siamo tutti un po’ compulsivi da questo punto di vista, le serie tv vanno portate a termine – arricchisce, insegna qualcosa. Basti pensare alla genuina imbranataggine di Chuck, all’elegante genialità e astuzia di White Collar, al brutale cinismo di House of Cards, alle ormai innumerevoli avventure supereroistiche che affollano i palinsesti di Netflix, Disney +, The CW e chi più ne ha più ne metta; per farla breve, quella di oggi è una generazione di “addicted seriali”. In un certo senso, parte da qui la storia di “High” di Young Thug, ma ci arriveremo.
In questi show infatti non si trovano solo grandi storie, grandi dialoghi, ottime regie e fotografie, si trovano anche e soprattutto colonne sonore in grado di plasmare buona parte dei gusti musicali dello spettatore. La capacità di saper abbinare la canzone giusta alla scena giusta non è affatto scontata, e non sono pochi gli show che hanno sofferto di soundtrack eccessivamente evocative o terribilmente anticlimatiche. Quando però le combinazioni sono perfette, si scatena una magia che eleva lo spettacolo di ciascuna scena in maniera esponenziale. Una banale scazzottata diventa lo scontro della vita, un semplice dialogo diventa una lezione di vita, un piano sequenza si trasforma in una finestra introspettiva poderosa, tanto per il personaggio quanto per lo spettatore. Chuck, Scrubs, How I Met Your Mother, Black Lightning o Luke Cage sono alcuni esempi perfetti di quanto appena detto: le prime tre, grazie a un sapiente mix di pop, indie rock e rock classico, hanno fatto breccia nel cuore di milioni di spettatori, dando vita a storie indelebili e per certi versi seminali nel mondo della tv. Le ultime due hanno invece sfruttato il rap – in particolare i classici della New York dei ’90, nel caso di Luke Cage – per immergere lo spettatore nel contesto storico, sociale e culturale in cui sono ambientate.
Un’altra serie che ha fatto della colonna sonora perfetta uno dei suoi punti di forza è stata Californication: lo show, con protagonista l’ex-agente Moulder di X-Files a.k.a. David Duchovny, racconta la storia di uno scrittore tanto talentuoso quanto incasinato, perennemente combattuto tra i tentativi di ricostruire la propria famiglia e le serie di disastri inanellati, che finiscono per distruggere sempre più la famiglia stessa. Un meraviglioso cocktail di cinismo, speranza, disillusione, amore, droghe e sesso sfrenato: il personaggio è ovviamente ispirato a Bukowski ed è al contempo fonte d’ispirazione per uno dei più grandi successi degli ultimi anni, quel Bojack Horseman ormai diventato fenomeno culturale di massa. Il brano più iconico della colonna sonora di Californication è “Rocket Man” di Elton John: la canzone accompagna infatti alcuni dei momenti più importanti ed emozionanti dell’intera serie, stagione dopo stagione, siano essi positivi o negativi. Un pezzo dalle atmosfere sognanti e allo stesso tempo malinconiche, carico di speranza e amarezza, una sorta di meraviglioso paradosso lirico e musicale. La perfezione con cui “Rocket Man” si adatta a tutte le scene di Californication in cui compare è da stropicciarsi gli occhi: non si riesce a capire se gli autori abbiano scritto le scene in virtù della traccia, oppure se l’artista inglese l’abbia realizzata pensando proprio a ciò che accade sullo schermo.
Per tantissimi fan, negli anni Californication è diventata religione, il suo protagonista una sorta di guru spirituale e “Rocket Man” una delle più belle canzoni mai create nella storia non di un genere musicale, ma del genere umano; quest’ultima osservazione è probabilmente valida a prescindere dallo show. Ecco perché un paio di mesi fa, quando Noisey USA scrisse di un leak legato a un remix di Rocket Man a cura di Young Thug, molti ascoltatori affrontarono una sorta di esperienza di premorte. C’era letteralmente la luce in fondo al tunnel, e quella luce era un treno pronto a travolgerli a piena velocità, con Young Thug in cabina di guida. C’erano i brividi, si sudava freddo, il terrore si stava impadronendo di ogni anfratto delle loro menti: cosa ne sarebbe stato di quella gemma perfetta che risponde al nome di “Rocket Man”? A quale scempio, a quale orrore avrebbero dovuto assistere? Che fossero o meno fan di Young Thug, ritenevano l’originale qualcosa di troppo perfetto per permettere a qualunque comune mortale di metterci le mani sopra. Mai pregiudizio si rivelò più sbagliato.
Una volta ignorati i leak, l’annuncio ufficiale del brano arrivò con la tracklist di “On The Rvn”, EP di Young Thug del 2018, nel quale Elton John figurava tra i featuring. Ormai era ufficiale. I fan dovettero preparare una scorta di tachipirine e cardioaspirine, giusto per scrupolo, e trovare infine la forza di mettere in play la traccia. Niente “Rocket Man RMX”, però; Young Thug probabilmente la pensava come tanti, sapeva che il titolo originale fosse simbolo di perfezione per antonomasia e non andasse toccato. Nasce così “High“.
Alla fine del primo ascolto molti erano letteralmente in lacrime, emozionati come bambini la mattina di Natale. Young Thug aveva confezionato qualcosa che probabilmente andava oltre le capacità umane. Con un rispetto quasi religioso dell’originale, ne aveva fatte proprie le atmosfere, reinterpretandole in chiave più luminosa e positiva, eliminando le note più malinconiche in favore della leggerezza tipica della sua figura. Non aveva solo rappato, aveva cantato, per giunta in maniera impeccabile. “Rocket Man”, nelle sue mani, era passato da un racconto di incertezza e speranza ad una storia di successo personale, la storia di Thug. Una rapida ricerca sul web basta per scoprire che la stima artistica tra i due artisti va ben oltre quanto si possa immaginare: Elton John ha infatti ribadito più volte di essere fan di Young Thug e ciò ha portato i due ad incontrarsi. Dall’incontro è nata l’idea del remix, con l’icona inglese a girare il materiale originale – voci e strumentale – al team di Thug; dopo diversi anni di lavorazione, è stata proprio l’incredibile accoglienza ricevuta dal leak a spingere l’artista di Atlanta a pubblicare ufficialmente il brano.
Dio benedica quindi le serie tv, Californication, “Rocket Man”, Elton John, Young Thug, “High” e, soprattutto, i leak. Se siete figli di questa generazione, è difficile immaginare l’originale senza pensare al remix: già, il pezzo di Thug è davvero così bello. Non ce ne voglia mr. John, il Rocket Man originale.