I mercati locali si stanno gentrificando 

Nel turbine di commercializzazione metodica sono finiti anche i mercati: andare a comprare vestiti usati per pochi euro non è più autentico ma anzi viene raccontato attraverso parole come “restyling”, “esperienza” e “community”.

Parole che ormai circondano quasi tutte le attività proposte (specialmente con target Gen-Z) e che sottintendono un processo di gentrificazione più o meno palese. La nascita recente di sempre più tour organizzati alla scoperta dei mercati più famosi d’Italia è la versione rionale del “sogno americano”: tu paghi per essere portato in giro per un mercato libero e pubblico a scavare nella bancarelle “migliori” per trovare affari che la guida stessa aiuterà a individuare.

Vedere quindi che mercati storici e autentici come quello di Porta Portese subiranno un restyling che prevede banchi uniformi e tavolini per i food truck fa strano.

Qui il dubbio perenne: rinnovare è giusto, ripopolare anche ma snaturare e sovraffollare lo sono altrettanto? Chiunque sia stato in un mercato di recente avrà sicuramente colto dei cambiamenti. Dalla clientela più giovane che li popola fino alla merce offerta che ha abbassato la qualità, non ha più gli stessi standard di prima e ha prezzi più alti (forse proprio in reazione alle ultime generazioni di thrifter che avevano reso pratica comune l’acquisto a poco sul mercato e la rivendita su Vinted in shop curati).

Per i business locali potrebbe essere un vantaggio nel breve termine ma in altri ambiti la gentrificazione ha già dimostrato i risvolti negativi della commercializzazione dell’autenticità.