I prati come non li conoscete: da status symbol a mito americano

“L’erba del vicino è sempre più verde” dice un saggio proverbio che mette in luce l’insoddisfazione che spesso ci si costruisce addosso autonomamente, soprattutto in un periodo storico in cui l’immagine di sé viene completamente sfalsata dall’ingente utilizzo dei social media, mezzi di comunicazione dove ad affiorare è solamente quell’1% di bello che accade nella propria vita. Dovete sapere, però, che tanto tempo prima di Instagram e TikTok, c’era un modo “analogico” negli Stati Uniti per dimostrare il proprio benessere sociale ed economico, che non riguardava per nulla l’ostentazione di orologi o vestiti firmati attraverso foto scattate dal proprio telefono. Potrebbe sembrare strano, ma si trattava dei giardini davanti alle case, degli spazi vuoti caratterizzati esclusivamente da fili d’erba perfettamente tagliati, alle cui spalle si nasconde una storia che affonda le sue radici all’epoca della colonizzazione dell’America e che arriva fino ad oggi, ormai indissolubilmente legata alla portata culturale di un’intera nazione. Il verde di ogni abitazione è diventato nel tempo una vera e propria vetrina, attraverso la quale mostrarsi agli occhi dei propri vicini nel migliore dei modi, confermandosi più rilevante della casa stessa o dell’automobile parcheggiata davanti al garage: gli americani hanno fatto del proprio prato domestico un vero status symbol.

Per capire da dove arriva questa usanza statunitense, però, dobbiamo fare qualche passo indietro nel tempo e spostarci in Europa. Ormai siamo abituati a vederla in ogni dove, ma l’erba dei prati, come tutte le specie vegetali, nasce e si sviluppa prevalentemente in determinate aree geografiche in funzione di numerosi fattori ambientali, primo fra tutti il clima. Ebbene, dovete sapere che le grandi distese di erba sono originarie del vecchio continente e dell’Africa settentrionale, in quanto aree caratterizzate da più alte temperature di quelle presenti nel Nord America. É dunque in Francia e in Inghilterra che, a partire dal 1500, si iniziano a controllare metodicamente la piantumazione e la crescita di erba per la realizzazione dei primi giardini. Tralasciando un primo utilizzo militare, che prevedeva la presenza di prati nelle aree limitrofe alle mura di castelli, per lasciare libera la visuale ai soldati incaricati della difesa della fortificazione, il prato diventa subito un simbolo di ricchezza e di potere. Erano soprattutto gli alti costi di manutenzione a renderli praticabili esclusivamente alla fascia più alta della società, quella composta dall’aristocrazia, in quanto la cura dell’erba necessitava di manodopera, un tempo esclusivamente soddisfatta dalla presenza di numerosi braccianti.

Con la colonizzazione dell’America, però, iniziano ad essere esportati dall’Europa e portati oltreoceano anche i semi dell’erba per i prati, oltre che l’idea stessa del giardino quale libera e spaziosa distesa di verde di cui godere stando all’aperto. É così che, in breve, il mito del giardino spopola anche tra le alte sfere americane, venendo foraggiato soprattutto dall’influenza di un paese come la Scozia. Questa nazione, infatti, ha da sempre visto sul suo territorio poche foreste, a vantaggio della presenza di vaste distese erbose, facendo sì che il concetto del prato appartenesse già allo stile di vita della popolazione e, insieme, che si sviluppassero sport proprio da giocare su questo terreno. Quello più noto fu sicuramente il golf, lo sport per eccellenza che necessita di sterminati prati e che, una volta importato nel Nord America, andò incontro a un successo senza precedenti, diventando alla fine del 1800 un must per molti benestanti degli Stati Uniti e del Canada. Il boom arriva poi con la Rivoluzione Industriale di metà Ottocento quando, grazie all’industrializzazione e all’urbanizzazione, da un lato iniziano ad essere sviluppati macchinari e tecnologie per la manutenzione dei prati e dall’altro si assiste alla veloce crescita di zone residenziali e produttive, che inducono a una riflessione sul ruolo del verde nelle città. É proprio in questo momento che in USA nasce il parco per come oggi lo conosciamo, ovvero quell’area di verde pubblico comprendente prati, alberi, cespugli e specchi d’acqua: anche la più piccola cittadina americana si dota di almeno un parco attorno al quale articolarsi, ma anche le grandi metropoli vedono l’ascesa di questo luogo naturale, come dimostra la città americana per eccellenza, New York City, con il suo celeberrimo Central Park, progettato proprio negli anni ’50 del XIX secolo da Frederick Law Olmsted.

A fronte di tali evoluzioni, si assiste a quella che potremmo definire una democratizzazione del prato poiché, dall’essere appannaggio esclusivamente dei più ricchi, passa all’essere desiderato e ottenibile anche dalla fascia media della popolazione. É verso la fine del 1800, dunque, che, al veloce ampliamento delle città con nuovi quartieri residenziali, si accompagna anche una sempre maggiore presenza di piccoli prati annessi ad ogni casa, venendo a formare quel paesaggio cittadino che tutti ormai riconduciamo agli USA: ai due lati della strada, oltre i marciapiedi, si affacciano le singole villette con il proprio curatissimo prato, un vialetto che porta all’ingresso dell’abitazione e, ovviamente, l’assenza assoluta di recinzioni. Se siete andati negli Stati Uniti, o avete anche solo prestato attenzione a qualche film hollywoodiano, allora vi sarete sicuramente accorti che le case non hanno staccionate, muretti o reti che ne delimitano la proprietà, proprio perché, sin dall’introduzione dei prati privati affacciati sulla strada, si è voluto che questi contribuissero non solo al benessere della singola famiglia, ma anche all’immagine dell’intera comunità del quartiere. Il giardinaggio diventa un’opera volta anche all’interesse dei propri vicini e non è un caso che nei film americani la manutenzione del prato sia quel classico lavoretto estivo a cui si dedicano molti giovani.

L’intero immaginario appena descritto è da ricondursi soprattutto al caso di una cittadina che fece da esempio e modello in questi termini. Nell’immediato secondo dopoguerra, Abraham Levitt, insieme ai suoi figli, ha un’intuizione che lo spinge a ideare l’archetipo della casa per l’americano medio, un modello abitativo che avrebbe risposto al meglio ai bisogni e ai desideri della popolazione all’indomani della fine del grande conflitto. Nasce così la prima Levittown, situata a Long Island. Successivamente questo tipo di sobborgo viene replicato in giro per gli USA arrivando a registrare, tra il 1952 e il 1958, più di 17.000 abitazioni vendute. Caratteristica principale delle case? Ognuna aveva il suo piccolo giardino immacolato e senza recinzioni.

Nel giro di qualche decennio, quindi, il prato passa dall’essere un esclusivo segno distintivo delle classi più abbienti, all’essere un fattore alla base della cultura americana e profondamente radicato in quell’immaginario. La dilagante diffusione dei giardini privati, infine, venne anche alimentata dallo sviluppo tecnologico figlio della seconda metà del 1800. Nel corso degli anni, infatti, si susseguirono numerose innovazioni che vanno dall’introduzione del tagliaerba, prima esclusivamente meccanico e poi motorizzato, fino alla realizzazione di impianti idrici per i quartieri. In questo modo, ogni persona era messa nelle condizioni di dotarsi facilmente degli strumenti sufficienti per curare impeccabilmente il proprio prato, tanto che il tagliaerba diventa un bene altamente richiesto e, di conseguenza, altrettanto pubblicizzato. E non potevano mancare, per ultimi, i diserbanti che, a fronte di effetti dannosi a livello ambientale, consentivano agli abitanti americani di vedere concretizzato il sogno del loro piccolo Eden.

Nonostante la storia che vi abbiamo raccontato abbia fatto il suo corso ormai in tempi relativamente lontani, ancora oggi è possibile vedere chiaramente quanto questa tendenza sia ancora viva ed estremamente attiva: il mito del giardino perfetto si è definitivamente radicato nell’immaginario di un’intera nazione.