I rapper continuano a morire in Svezia

È di pochi giorni fa la notizia dell’omicidio del rapper svedese C.Gambino. L’artista ventiseienne è stato freddato mentre si trovava parcheggiato nella sua auto nella città di Guthemburg. Questa morte non ha, purtroppo, sorpreso nessuno. Il legame tra criminalità e rap in Svezia è molto forte e non è la prima volta, negli ultimi anni, che la cronaca nera e la musica si sono sovrapposte. Nel 2021 aveva avuto un enorme clamore il sequestro e l’esecuzione del rapper Einar, di soli 19 anni. Ma, al di là del rap, sono le condizioni in cui versa la società svedese ad attirare l’attenzione. Dal 2013 ad oggi, il numero di sparatorie dall’esito mortale è più che raddoppiato. Nel 2022 a Stoccolma il tasso di omicidi da armi da fuoco su base pro capite è circa 30 volte quello di Londra. Sempre nel 2022 si è toccata la cifra record di sessantuno scontri a fuoco letali nel paese, un numero più di sei volte superiore a quello di tutti gli altri stati scandinavi messi insieme. Secondo i dati più recenti forniti dalle Nazioni Unite, la Svezia si trova al secondo posto nella classifica dei Paesi europei con il più alto tasso di mortalità per arma da fuoco pro capite, dietro solo all’Albania. Questi numeri certificano una situazione che non ha precedenti nella storia dello stato scandinavo. Ad essere messa in crisi, oltre che la sicurezza e la pace dei cittadini svedesi, è l’immagine di social-democrazia pacifica ed avanzata che la Svezia ha sempre voluto dare di sé all’estero. 

Dal termine della Seconda Guerra mondiale in poi, lo stato scandinavo è stato unanimemente considerato un’oasi di pace e benessere sociale in Europa. Il welfare state svedese ha rappresentato in questa fase un modello per i partiti progressisti di tutto il mondo. L’idea che la Svezia avesse una società ricca ma senza diseguaglianze sociali marcate si è quindi consolidata nell’immaginario collettivo. A garantire la tenuta della social-democrazia svedese per più di un cinquantennio è stato il suo, pressoché totale, isolazionismo. Al riparo da agenti esterni, la Svezia ha potuto svilupparsi economicamente, ottenendo risultati in termini di arricchimento pro-capite e di capillarità del servizio pubblico con pochi eguali al mondo. Il successo di questo modello va però commisurato ad uno stato di piccole dimensioni in cui le condizioni di partenza dei suoi cittadini erano assai omogenee. Nel momento in cui la Svezia si è espansa demograficamente con l’avvento dell’immigrazione di massa a partire dagli anni Novanta, quello stesso sistema è gradualmente collassato mostrando tutte le sue debolezze. La prima comunità migrante ad aver testato i limiti del modello svedese è stata quella proveniente dalla Jugoslavia in via di dissoluzione. La risposta dello stato scandinavo è stata, sostanzialmente, segregazionista. Sul modello francese delle banlieu, interi quartieri sono stati costruiti in aree isolate a ridosso delle città più importanti. Queste zone sono poi state abbandonate dal governo che si è limitato a fornire i servizi essenziali ma non ha fornito alle comunità gli strumenti necessari per accedere al benessere economico garantito agli svedesi. Tale disparità nelle opportunità ha ampliato di anno in anno la forbice tra i più ricchi e i più poveri, favorendo la diffusione di fenomeni criminali. 

La progressiva crescita dell’immigrazione è andata quindi di pari passo con il degradarsi del sistema del welfare state svedese, sempre meno in grado di rispondere ai bisogni dei nuovi arrivati. Dal 2016 l’arrivo in Svezia di cittadini stranieri è grandemente aumentato con una media di 120.000 migranti accolti ogni anno. Le comunità più numerose sono state quelle provenienti dal medio Oriente, dal nord Africa e dai paesi Africa orientale. Oggi la somma delle persone nate all’estero ma residenti in Svezia e delle persone nate in Svezia con almeno un genitore nato all’estero supera il 20% della popolazione totale svedese. È in questi gruppi etnici, marginalizzati dalla società e reclusi in quartieri dormitorio, che la criminalità è diventata un fenomeno endemico. La corsa all’oro della malavita svedese è, soprattutto, la corsa al controllo dell’importazione e dello smercio di sostanze stupefacenti. Infatti, nonostante il contenuto numero di abitanti, la Svezia è uno dei Paesi europei dove veicola il quantitativo maggiore di cocaina. Questa peculiarità, spiegata in maniera dettagliata dalla serie Netflix Snabba Cash, è dovuta al potere d’acquisto di una classe media ricca e numerosa, che ha semplice accesso alla sostanza. È per rispondere a questo bisogno, che nascono e prosperano le gang in Svezia. Questi gruppi sono strutturati su più livelli e hanno uno stretto legame con le organizzazioni criminali del proprio paese d’origine. Le gang più potenti, secondo i dati forniti dalla polizia svedese, sarebbero la Foxstroot curda, la Södertäljenätverket assiro-siriana, la Black Cobra, di cui fanno parte persone di origine araba, curdo-irachena e iraniana. I luoghi in cui prolifera la criminalità sono i cosiddetti “utsatta”, ossia le zone che la polizia svedese identifica come “aree vulnerabili”. Questi ospitano solo il 5% della popolazione del Paese, ma sono collegate alle violenze più gravi. In questi territori il tasso disoccupazione è di molto superiore alla media nazionale e la percentuale di persone che rischiano di superare la soglia di povertà è più del doppio del dato nazionale. In aumento, secondo le autorità svedesi, è il reclutamento dei giovani cresciuti in queste aree da parte delle gang. Se nel 2012 meno di un quarto (23,6%) dei sospettati di omicidio e lesioni colpose da armi da fuoco aveva un’età compresa tra i 15 e i 20 anni, nel 2022 la percentuale si avvicinerà alla metà (45,1%), secondo i dati del Consiglio nazionale svedese per la prevenzione del crimine. 

È con il successo internazionale della drill, attorno al 2019, che in Svezia si è iniziato a parlare del legame sempre più stretto tra rap e gang. Molti rapper di questa generazione provengono infatti dai famigerati “utsatta” di cui abbiamo parlato in precedenza. È comune che i primi successi di questi artisti siano arrivati attraverso video amatoriali conosciuti in Svezia come “freeslaktish”, ossia dei classici street video che richiedono poco più di un cellulare, girati in auto o in un cortile affollato di amici. Uno dei precursori di questa nuova scena è stato sicuramente Yasin, uno dei rapper più controversi del Paese. Proveniente dal famoso e famigerato quartiere di Rinkeby, nella periferia di Stoccolma, il rapper svedese-somalo è stato tra i primi a portare in Svezia un immaginario esplicitamente gangsta. Insieme ad una generazione di artisti come Jaffar Byn, 1.Cuz, 23 e Dree Low, Yasin fotografa la condizione della Svezia contemporanea meglio di molti dati e statistiche. I brani di questi artisti mettono a nudo una realtà che molti svedesi non vogliono vedere e, anche per questo, sono spesso utilizzati dai partiti e dai politici di estrema destra come arma di propaganda xenofoba e razzista. L’esasperazione del gangsta rap sta però mietendo vittime tra gli artisti, generando un fenomeno simile a quello avvenuto negli Stati Uniti alla fine degli anni Novanta. Yasin, affiliato alla gang svedese-somala Shottaz, è stato condannato per il sequestro di Einar nel 2021 – non è stato, invece, considerato responsabile del suo omicidio. I fatti della settimana scorsa dimostrano che, purtroppo, la scena rap svedese non è riuscita ad arginare questa deriva violenta. Una segnale preoccupante, soprattutto se associato al clima politico della Svezia, dove i partiti di estrema destra sono in ascesa, e tutto fa pensare che i tempi che una distensione del clima pesante che si respira nel Paese sia ancora molto lontana.