Per l’immenso piacere dei fan, J. Cole è tornato. Il suo disco “The Off-Season” è solo il primo che ci aspetta quest’anno e non potevamo essere più felici. Gli ascolti sono alle stelle, così tanti che Hits Daily Double riporta che i numeri attesi nella prima settimana possono portarlo ad essere il disco con il più grande debutto del 2021. “La off-season simboleggia il lavoro necessario per arrivare alla massima altezza”, ha affermato J. Cole in una recente intervista. Ed è decisamente quello che ci aspettiamo.
Per ascoltare e comprendere il disco dall’inizio alla fine, ci vuole del tempo. I temi che J. Cole ci propone sono molteplici e si incrociano l’uno con l’altro per tessere una narrativa forte e incisiva, quella a cui il rapper ci ha abituato. C’è un aspetto, però, che coglie subito la nostra attenzione e sono i sample, le voci, gli ospiti che intervengono nel bel mezzo delle strofe senza alcuna premessa. J. Cole ha condito “The Off-Season” con una grande quantità di riferimenti che ci teniamo a farvi comprendere.
Nella prima traccia del disco J. Cole parte in quarta enfatizzando il gioco del rap, le sue strade, il percorso che ha intrapreso con orgoglio e dedizione, perché – per rendere omaggio a Nas – “sleep is the cousin of death”. Ci sono diversi aspetti che caratterizzano questo brano, e possiamo comprenderli innanzitutto soffermandoci sul titolo, “9 5 . s o u t h” fa riferimento alla più importante autostrada della East Coast, che collega New York a Fayetteville, città in cui J. Cole è cresciuto. Avendo firmato presto per Roc Nation, Cole era solito farsi quella tratta avanti e indietro per raggiungere NY. Non a caso la produzione è realizzata con un sample di “U Don’t Know” di Jay-Z e una delle voci ospiti è quella di Cam’ron, nato e cresciuto proprio nella stessa città di Jay. Nella outro, invece, le voci che ci urlano “Represent your shit, motherfucker” sono prese dal brano “Put Yo Hood Up” di Lil Jon e The East Side Boyz e mettono decisamente la ciliegina sulla torta.
In “m y . l i f e” J. Cole fa esattamente quanto consigliato da Lil Jon nella traccia precedente: porta in alto il suo quartiere. Gli ospiti del brano sono infatti 21 e Morray, artista cresciuto nella stessa Fayetteville raccontata da J. Cole, nel North Carolina. In questo brano, un riferimento per niente velato lo troviamo proprio nella sua voce, il ritornello che Morray canta è una reinterpretazione di quello cantato da Pharoahe Monch in “The Life” di Styles P. “My life is all I have / My rhymes, my pen, my pad”. Cole vi si appoggia per rafforzare il racconto di cosa è riuscito a fare con la sua unica vita tra le mani, niente scorciatoie, solo le sue rime e la sua penna.
Anche nei brani successivi J. Cole si avvale delle parole di altri per far arrivare più forte il messaggio. “a p p l y i n g . p r e s s u r e” si conclude infatti con alcune frasi tratte da uno dei più importanti discorsi di Martin Luther King, mentre “p u n c h i n ’ . t h e . c l o c k“ inizia e finisce prendendo in prestito le parole del cestista Damian Lillard per spiegare quanto sia importante coltivare il proprio talento.
In “p r i d e . i s . t h e . d e v i l”, brano in cui ospita Lil Baby, J. Cole si rivolge direttamente – come suggerito dal titolo – al suo orgoglio, raffigurandolo come il diavolo nato dalla sofferenza di un’infanzia vissuta nella povertà. In un certo senso, Cole è impotente di fronte ad esso, non può decidere. Un riferimento simile lo troviamo nel titolo del brano dal quale nasce la produzione, “Can’t Decide” di Aminé. T-Minus si è occupato della realizzazione di entrambi i beat.
Il disco procede accogliendo altrettante voci. In “l e t . g o . m y . h a n d” J. Cole lascia concludere il brano alla fedele preghiera di Diddy, mentre l’intro di “i n t e r l u d e” è caratterizzata da un sample del co-producer Tommy Parker – con tanto di propria voce – realizzato appositamente per il brano di Cole.
Anche “t h e . c l i m b . b a c k” contiene un paio di aspetti interessanti che necessitano di essere citati. Nel brano J. Cole tratta temi forti e attuali, denunciando le troppe morti in America per colpi di arma da fuoco e facendo un confronto con i caduti della seconda guerra mondiale. Il brano inizia con una lezione, le prime frasi sono infatti tratte dall’audiolibro ”The Tao of Leadership” di John Heider, una guida per creare una leadership che sia in armonia con le leggi universali. “Are you doin’ this work to facilitate growth or to become famous? Which is more important? Getting or letting go?”. Il sample utilizzato, derivante dal brano “I’m So In Love With You” di Brief Encounter, va invece in netto contrasto con i temi forti trattati nel singolo.
Nella penultima traccia, “c l o s e“, J. Cole fa anche in questo caso una scelta non casuale. Il rapper di Fayetteville, nel ricordare il rapporto con la droga dei suoi vecchi amici, uno dei quali apparentemente rimasto ucciso, sceglie di rendere omaggio al compianto MF DOOM prendendo in prestito il sample da lui usato in “Valerian Root”, derivante dal brano “Do It Again” dei New Birth.
Cole però non poteva chiudere il disco senza rassicurarci. In “h u n g e r . o n . h i l l s i d e“, il rapper parla della fedeltà verso sé stesso, che non potrà mai svanire o ignorare. Per queste ultime strofe siamo dovuti andare a cercare molto più indietro nel tempo, perché J. Cole ha scelto di utilizzare il sample di un pezzo blues anni ’70. L’autore è Junior Parker e il brano, che potrete godervi, è intitolato “I Wonder Where Our Love Has Gone“.