L’invasione dei Sonny Angel e di tutti gli accessori carini ma inutili

Da quando lo stile y2k e tutta l’estetica annessa è tornato di moda so di vivere nell’epoca giusta, e a maggior ragione adesso che sono tornati di moda portachiavi, giocattolini e statuette dall’estetica kawaii. Le bacheche di Pinterest sono di nuovo invase da borse decorate con pupazzetti e keychain, mentre su TikTok spopolano i video che mostrano come abbinare questi accessori e, soprattutto, dove acquistarli. Questo revival non riguarda solo la moda, ma anche il fascino degli oggetti che ci riportano indietro nel tempo, facendoci rivivere un mix di nostalgia e voglia di giocare. Pensando agli anni 2000 infatti, oltre a Britney e la vita bassa, non possiamo certo dimenticare gli scoubidou e i ciondoli di Winnie The Pooh da attaccare al cellulare, insieme ad una marea di scemenze che mamma ha fatto sparire chissa dove. 

Se la nostra generazione ha un punto debole, è sicuramente la nostalgia (e la capacità di farsi fregare da essa). Non stupisce che le aziende che scavano nei ricordi della nostra infanzia stiano facendo il botto. Tra i casi più lampanti c’è il fenomeno delle blind box e dei giocattoli da collezione: piccoli, carinissimi e tremendamente irresistibili. Oggi sono oggetti di culto per giovani adulti, amanti della cultura pop e non solo.

Tra i preferiti ci sono i Sonny Angel, quelle micro statue di angioletti con cappellini a tema (a seconda della collezione) che spuntano ovunque, attaccati ai telefoni o a decorare scaffali. Nascono in Giappone inizialmente pensati per portare gioia e felicità nelle case — con il concetto originale di un “piccolo fidanzato” portatile — ma presto sono diventati accessori super amati da tutti per la loro dolcezza. Resi famosi dalle unboxing di TikTok e Instagram sono stati avvistati sul comodino di Bella Hadid, sul telefono di Rosalía e Victoria Beckham e sono perfino stati i protagonisti di uno sketch del Saturday Night Live con Dua Lipa.

Ci sono poi i personaggi della Sanrio (Hello Kitty and friends), i Monchhichi, i Care Bears, i Coccolotti, Snoopy, Miffy, Doraemon, Bearbrick, Totoro, Sylvanian Families, e un’infinità di altri, tanto carini quanto qualcuno direbbe completamente inutili. 

Ma come siamo arrivati qui? La mania non è certo nata ieri. La sua origine si deve al Giappone, patria indiscussa di tutto ciò che è “piccolo e adorabile”. Fin dagli anni ‘60 hanno spopolato i gashapon: distributori automatici che, con una moneta, ti regalavano una capsula con dentro un giocattolo casuale, pensato per farti sentire un po’ come se stessi vincendo un premio. Il termine gashapon, infatti, deriva dall’unione di “gasha” (il suono della rotazione della manovella) e “pon” (il rumore della capsula che cade), e racchiude in sé tutta l’esperienza ludica.

L’idea, quindi, era di abbinare all’acquisto un’esperienza emotiva, tradotta con la sorpresa. Oggi quel concetto si è evoluto, perfezionato e globalizzato. Le blind box non sono altro che i gashapon 2.0, confezionati in scatoline irresistibili e arricchiti di personaggi provenienti da anime, cartoni o dalla cultura pop. E poi c’è la cultura kawaii: quel mix unico di dolcezza, minimalismo e fascino infantile che rende tutto immediatamente “da avere”. Non importa se hai 10, 20 o 30 anni: il richiamo di questi oggetti è universale. E il bello è proprio questo.

Il ritorno di accessori e gadget anni 2000, compresi fenomeni come le blind box e i Sonny Angel, fa parte di una più ampia riscoperta della moda e della cultura Y2K, un trend che la nostra generazione ha abbracciato con entusiasmo e che i social, TikTok in testa, hanno trasformato in un vero fenomeno globale. Il revival dello stile anni 2000 ha cominciato a muovere i primi passi intorno al 2017, quando pezzi iconici dell’epoca come la Saddle Bag di Dior sono tornati a sfilare sulle passerelle. È stato un momento chiave che ha segnato l’inizio di un’ondata nostalgica che, poi, durante la pandemia è letteralmente esplosa, aggrappandoci alla comfort zone di tempi più felici. In questo contesto sono tornati anche i cult come i Motorola Razr, i Tamagotchi e i ciondoli per cellulari.

Oggi questi oggetti non sono solo simboli nostalgici, ma veri e propri statement di stile. Nell’era dei social media, dove ogni dettaglio deve essere curato e personale, i portachiavi diventano accessori dal valore sentimentale, ma anche un’espressione estetica che va oltre il semplice ‘oh, che carino’. Attraverso la scelta di un personaggio o di un dettaglio specifico, raccontiamo chi siamo e cosa ci rappresenta. (Avete presente quei TikTok che mettono in guardia da chi sceglie Kuromi?).

Il successo di questa moda quindi non è affatto una sorpresa: aveva tutte le carte in regola per conquistarci, e così è stato. Ma non è solo una questione di nostalgia per gli anni 2000. Comprare questi pupazzetti, mettersi a collezionarli, significa qualcosa di più. Ci riporta a quel momento della nostra vita in cui per essere felici bastava davvero poco. È come tornare a quando aprivamo i pacchetti delle merendine e delle patatine con sorpresa o frugavamo nelle edicole in cerca di giocattoli. Oggi queste “scemenze” sono state reinventate per il mercato adulto, diventando veri pezzi da collezione. Non sono più solo “giochini”, ma simboli di una cultura che si muove tra il passato e il presente.

Forse la chiave per il nostro cuore (e per il nostro portafoglio) è proprio questa. 

Tutti dicono che per essere felici basta riscoprire le passioni dell’infanzia, e sicuramente collezionare questi pupazzetti è una delle vie più veloci per farlo. Insomma, ci fa brillare gli occhi come quando eravamo bambini, ma ci dà anche un sacco di stile appenderli ovunque. Cosa vogliamo di più?