Chiacchiera tra addetti ai lavori intercettata un po’ di tempo fa, nella seconda metà dell’anno scorso: “Il 2024 sarà un problema per i festival, sono ben pochi gli headliner di peso in giro da poter mettere in cartellone. Pensa che per molti il massimo a cui aspirare saranno i Justice, pensa come siamo messi”. Ecco: nel suo piccolo, questa frase è rivelatoria. Gaspard Augé e Xavier de Rosnay, ovvero i Justice, hanno sempre scontato il fatto di essere francesi, di essere un duo, di fare elettronica: qualsiasi cosa tu faccia, anche la più clamorosa, sarai sempre visto come un epigono minore dei Daft Punk. E per tutta la carriera ti accompagnerà l’alone di essere un vice- qualcosa.
Da un lato questa situazione fa un po’ di mefistofelico piacere. A prima vista i due Justice non sono infatti dei mostri di simpatia: molto convinti, molto pieni di sé, molto consapevoli di aver avuto fin dall’inizio legami con la gente giusta negli ambiti giusti, cosa che ti facevano pesare senza timidezze. Soprattutto nel periodo della loro prima esplosione, seconda metà degli anni zero, se la sentivano insomma veramente molto calda. Ma in tutta onestà: chi non se la sarebbe sentita calda, al posto loro?
Se infatti per il grosso del pubblico erano dei Daft Punk minori, più giovani e più teppisti ma meno grandiosi e carismatici, per una nicchia inizialmente circoscritta e carbonara ma poi molto estesa di appassionati di elettronica e di dancefloor i Justice sono stati degli autentici gamechanger.
Aneddoto personale: da frequentatore assiduo del più importante festival di musica elettronica al mondo, almeno per quanto riguarda la capacità di anticipare i trend e di svelarti con un paio di anni di anticipo quello che poi va a dominare le playlist e i cartelloni degli altri festival, ovvero il Sónar di Barcellona, la prima apparizione dei Justice me la ricordo ancora. Accidenti se me la ricordo. Era la prima volta che al Sónar apparivano segni di fandom da gruppo rock, cosa fino a quel momento bandita: non solo fan con magliette d’ordinanza, ma anche striscioni, make up gotico-rock sulle facce che manco stessero per suonare i Kiss, gente che riproduceva l’iconica croce del loro album d’esordio in tutte le maniere possibili (comprese bare di cartapesta). Cose mai viste prima, mai!, per nessuno. Nessun altro progetto era riuscito fino a quel momento – e difficilmente è riuscito poi negli anni successivi – a crearsi questo tipo di seguito, in un festival del genere. Insomma: i Justice erano chiaramente qualcosa di diverso, a livello di impatto. E di fortissimo.
D’altro canto “Cross”, uscito nel 2007, era un perfetto upgrade cattivo, giovanilista e teppista della grande lezione del French Touch (quello da cui sono emersi appunto i Daft Punk, ma anche Etienne De Crecy, Cassius, Alex Gopher, perfino David Guetta prima che scoprisse la bellezza dei soldi, del lusso e dell’EDM e Bob Sinclar prima che scoprisse i privé e la Carrà); ma soprattutto, confermava quanto questo duo francese avesse veramente delle carte da giocarsi, non aveva cioè solo imbroccato per puro culo un remix. I Justice infatti si erano messi sulla mappa in maniera abbastanza bizzarra: succede che nel 2003 una radio minore parigina lancia un contest per remixare un brano dei Simian, i nostri due eroi Gaspard e Xavier all’epoca giovanissimi e senza esperienza ‘sto contest manco lo vincono ma arrivano solo secondi, tuttavia il loro lavoro è così detonante che diventa in breve tempo un culto sotterraneo irrefrenabile, sulla base del passaparola viene ristampato un anno dopo dalla International Deejay Gigolo di Dj Hell (che in quei primi anni 2000 dominava i dancefloor sotto l’insegna dell’electroclash), viene poi ulteriormente ristampato dalla Virgin due anni dopo e ci viene prodotto sopra un video di puro culto che vinse, anzi, trionfò agli MTV Europe Music Awards del 2006.
Insomma: quando nel 2007 i Justice arrivano al traguardo dell’album d’esordio sono in molti ad aspettarli al varco, e una buona parte di questi onestamente solo per dire “Ecco, visto, non sono niente di che, hanno solo imbroccato un remix…”. A denti stretti, anche i più neghittosi hanno dovuto però ammettere a release avvenuta che l’album era una forza della natura e lo era dall’inizio alla fine, dalla prima all’ultima traccia. I Justice dimostravano di essere un progetto perfetto: molto molto compiuto e maturo. L’attitudine musicale era infatti perfettamente coerente e calibrata rispetto all’immaginario e al modo di presentarsi, e questo è un grande segno. Un’attitudine rock imprigionata in geometrie digitali, un’arroganza strafottente stratificata su piani emotivi in realtà più complessi e problematici di quello che poteva sembrare a prima vista e ad ascolti superficiali (o in malafede: c’erano pure quelli, i Justice erano visti come dei “barbari rock” nei nobili campi dell’elettronica da molti puristi di quell’area, gli stessi che poi schifarono la decisione del Sónar di aprirsi episodicamente prima a Skrillex e poi addirittura a qualche nome di punta EDM).
Ok. 2007. Stiamo parlando di quindici anni fa. Cosa è arrivato dopo? Sono arrivati dei lavori mai altrettanto buoni (il grandioso ma un po’ pacchiano “Audio, Video, Disco” del 2011, il valido ma non geniale “Woman” del 2016), sono arrivati dei tour sempre un passo indietro rispetto all’eccellenza, come se gli stessi Justice si rendessero conto di essere sempre un gradino inferiore rispetto ai veri top del mercato. La sensazione però è che proprio il 2024 possa essere il loro anno: come detto all’inizio, la mancanza di headliner in giro li ha portati di forza nella Premier League dei nomi più grossi da mettere in cartellone, i primi segnali lanciati ad anticipare il loro nuovo album in arrivo (“Hyperdrama”, in uscita il 26 aprile) sono molto convincenti, a partire dal singolo coi Tame Impala – collaborazione di peso – che li mostra molto maturi, consapevoli e addirittura sofisticati, pur mantenendo il tremendismo loro marchio di fabbrica. Insomma: in questo anno solare, i pianeti si stanno allineando per farli trionfare, Gaspard e Xavier. Sono pronti e attrezzati per giocarsela bene?