“Da Levante a Ponente la mia Liguria” rappava Tedua nel 2017 in Odio Chiama Odio, una delle tracce contenute in quel mixtape – diventato un cult col passare degli anni – di quei “cristi dei figli di Zena” come direbbe Vaz Tè. Ogni appassionato di rap italiano lo sa: il mixtape in questione è Amici Miei, un vero e proprio inno alle strade di Genova con il sound di Wild Bandana e Drilliguria.
Ma nel 2025 lo stile genovese non è più relegato ai soli appassionati di rap che, quasi 10 anni fa, si innamorarono della scrittura e del flavour di Tedua, Izi, Bresh, Vaz Tè, Disme, Guesan, Nader Shah e ILL Rave. Oggi, infatti, complice la vittoria di Olly a Sanremo, il sound genovese è in tutte le playlist d’Italia.
La spontaneità genovese
A dire la verità la storia del rap genovese parte da molto prima di Drilliguria. Aelle, il primo magazine italiano a trattare con serietà l’hip hop italiano e internazionale, nasce proprio a Genova nel 1991. Ma anche la storia della musica genovese nasce ben prima di Drilliguria. I grandi cantautori della “scuola genovese” come Gino Paoli, Luigi Tenco e Fabrizio De André ne sono la testimonianza. Il docufilm di Claudio Cabona “La nuova scuola Genovese” racconta bene il rapporto tra la vecchia scuola di De André e la nuova scuola di Tedua svelando il filo rosso che le unisce, e che sembra unire ogni cosa che riguarda Genova: il rifiuto spontaneo della superficialità.
Perfino il pop di Olly è contaminato da quella spontaneità e quell’attenzione alle parole canonizzata dai protagonisti di Drilliguria e, ancor prima, dai grandi cantautori. Lo confermano l’emozione con cui il cantante di Balorda Nostalgia ha accolto la vittoria sul palco dell’Ariston, la stessa emozione che deve aver provato guardando i tifosi della Samp intonare quel “vorrei, vorrei, vorrei” che ci porteremo dietro a lungo. E se non fosse abbastanza chiaro, è lui stesso a fugare ogni dubbio quando – intervistato in prima serata sulla Rai da Cattelan – conclude un’ode alla libertà creativa di Zena con un convinto “genovese, fiero di essere genovese”.
Nell’altra curva del Marassi, sponda Genoa, c’è Bresh – altro protagonista di un ottimo Sanremo – che, di anno in anno, ha accresciuto la sua fan base in maniera esponenziale. Prima piccolo culto per i più raffinati ascoltatori di Drilliguria grazie alle splendide combo con Tedua, poi idolo indiscusso dei tifosi genoani con Guasto D’Amore, infine fenomeno nazional-popolare grazie al bellissimo brano (La Tana Del Granchio) e alla bellissima cover (Crêuza de mä) presentati nella Città dei Fiori. Se Olly è l’uomo-copertina, Bresh è la conferma che i sogni si possono realizzare: dallo Studio Ostile di Demo al palco più famoso d’Italia.
Ma non è finita qui perché – a parte il grande successo di Tedua degli ultimi anni e il ritorno imminente di Izi – l’emergente più interessante del rap italiano nel 2025 è, guarda caso, un altro rapper di Genova che con le parole ci sa fare eccome: Sayf. Mamma tunisina, papà italiano e membro più in vista, insieme ad Helmi Sa7bi, del collettivo Genovarabe. Sayf ha tutto: una storia densa, un timbro particolare, una musicalità innata e, soprattutto, una penna che non lascia indifferenti.
Il paragone con Napoli
Considerando l’influenza culturale che Genova sta ottenendo attraverso la musica che sta producendo, il paragone con Napoli viene spontaneo. Del resto la coolness della città di Pino Daniele e Maradona nasce grazie alla musica dei vari Liberato, Nu Genea, Luchè, Co’ Sang, SLF e Geolier. Poi certo, c’è stato il cinema di Sorrentino e il successo di Gomorra e Mare Fuori. E non si può dimenticare lo scudetto del Napoli di Spalletti nel 2023. Ma l’impalcatura della “rinascita” si è costruita a partire dalla musica.
Di certo le similitudini tra le due città non mancano: entrambe città di mare aperte allo scambio culturale ma provviste di una forte personalità. Entrambe possono vantare una tradizione musicale che ha radici profonde e che si ripercuote in una nuova scena viva e affamata. Entrambe, Napoli e Genova, sono lontane per definizione dal mondo del marketing milanese. Ed è proprio questo aspetto a renderle perfette vittime dello storytelling che ha reso grande la Milano post-Expo. Il motivo è che Napoli e Genova sono portatrici di quell’aura racchiusa nella parola più abusata degli ultimi anni: autenticità.
Se il capoluogo campano sta venendo consumato dall’over-tourism e dall’emergenza abitativa è per via del processo di gentrificazione avviato qualche anno fa. La novità è che ciò che prima era un processo relegato ai quartieri delle città ora è diventato un fenomeno su larga scala che riguarda intere città. L’iter però è sempre lo stesso: l’autenticità e i costi bassi producono arte e cultura, queste attirano interesse e investimenti immobiliari che, a loro volta, portano allo sfruttamento e al deterioramento del luogo consumando, di fatto, quella magia di normalità che lo aveva reso speciale.
Il fatto che si inizino ad evidenziare gli aspetti negativi della rinascita di Napoli significa che si sta creando lo spazio per un nuovo, per quanto triste, consumo di città. Perciò, se nei prossimi mesi dovesse uscire un film o una serie di successo che racconta la città di Genova sarebbe molto facile trarre delle conclusioni. Se poi il Genoa o la Samp dovessero malauguratamente compiere il miracolo di vincere uno scudetto… beh allora tenetevi pronti. Vorrà dire che la coolness starà per mietere una nuova vittima. Nel frattempo, godiamoci la musica.