Il Banter è una cosa bella

24 novembre 2014, in una Milano sferzata dal freddo va in scena uno dei Derby meno esaltanti della storia calcistica meneghina. Assistiamo impotenti a un noioso 1-1 dove Mexès, Essien, Muntari, Fernando Torres, Nagatomo, Dodô, Kuzmanović, Obi e M’Vila sono solo alcuni degli improbabili ventidue (più cinque) eroi di un match simbolo di un periodo tragicomico che ha caratterizzato la Serie A dal 2010 al 2014: siamo immersi nella tanto amata (e odiata) Banter Era.

È facile definire quella che è stata la Banter Era: è un’epoca buia del campionato italiano, una sorta di comico Medioevo calcistico, caratterizzata da un’assoluta incapacità di società e Lega di stare al passo con un calcio sempre più ricco e commerciale (molto più di quanto non succeda ora). Ma cos’è il banter?

Il banter è un aspetto identitario dello sport e del tifo, spesso espresso attraverso lo sfottò verso le compagini avversarie, che sia per motivi puramente sportivi o per il più classico e italico campanilismo

Le prime tracce linguistiche del termine sono individuabili in Inghilterra, intorno al 1680, all’interno dello street slang londinese dove il suo utilizzo era legato a una dimensione ludica ma violenta, di ridicolizzazione dell’oggetto di banter. Questa caratteristica base si è mantenuta nel tempo, con una diminuzione progressiva dell’aggressività. Questa consuetudine sociale, con l’evolversi della società e il passare del tempo, ha trovato terreno fertile in un ambito culturale in cui la passione e l’identità sono fondamentali: lo sport.

I cori allo stadio o lo sfottò tra amici, ma anche i video su TikTok o le discussioni più superflue su X possono presentare aspetti riconducibili al Banter, che appaiono di poca rilevanza ma possono essere, in realtà, fondamentali per vivere al meglio la dimensione sociale dello sport. L’Italia, nello specifico, è un ecosistema in cui il campanilismo riguarda personalmente tutti: le situazioni di contrasto ironiche e dissacranti sono all’ordine del giorno e il banter diventa, quindi, un mezzo di amplificazione delle rivalità e permette, a ogni livello, di rendere i momenti di contrasto iconici e memorabili. 

Sono infiniti gli esempi di banter che potremmo raccontarvi, soprattutto a livello di cori (sugli spalti e non), ma vogliamo raccontarvi quelli che, secondo noi, sono alcuni tra i più incredibili della Serie A.

Conigli o tori? Sesta giornata del campionato 1979-80. In un turno caratterizzato da un’emozionante Inter-Catanzaro 0-0 e da una clamorosa doppietta di Giorgio Mastropasqua ai danni della Fiorentina (8 gol in 112 apparizioni in A), viene messo in atto uno degli esempi di banter più incredibili (e dimenticati) della storia del nostro campionato.

Sono le 15:00 di domenica 21 ottobre e, a Torino, si gioca il Derby della Mole. Un derby che risulta memorabile non tanto per il risultato (vinceranno i bianconeri per 2-1) ma per quello che accade prima del calcio di inizio: sul campo e tra gli spalti dello Stadio Comunale di Torino, compaiono dei conigli con indosso sciarpe granata

Uno dei conigli torinisti

Fu qualcosa di mai visto, né prima né dopo: portare dei conigli vivi allo stadio è un gesto che ha dell’assurdo, un’azione di ridicolizzazione ai limiti della realtà. Si tratta di un esempio di banter che è persino complesso da rintracciare, come se la memoria collettiva si fosse resettata per dimenticare un qualcosa di così al di fuori della norma.

Difficile dire quale fu la reazione, specialmente considerando che il paragone tifoso rivale-coniglio è una consuetudine: si tratta, infatti, di uno dei topoi più frequenti dello sfottò tra tifoserie. Possiamo solamente dire che è il tradurlo in un gesto così grottesco a renderlo qualcosa di geniale.

“Se famo 3 a 3 vengo sotto la curva”. Ampliando il campo semantico del significato di banter possiamo annoverare anche tutta una serie di gesti in risposta agli sfottò ricevuti. L’iconica corsa di Carlo Mazzone sotto la curva dell’Atalanta trova posto proprio qui: un’incredibile reazione dopo 90 minuti di sopportazione.

Derby Brescia-Atalanta del 30 settembre 2001, allo stadio Rigamonti va in scena una partita nervosa (come, d’altronde, la stragrande maggioranza dei derby) dove, nonostante il risultato pirotecnico di 3-3, il protagonista è un altro: il tecnico romano Mazzone. «Mi dava fastidio sentire già a fine primo tempo dalla curva dei bergamaschi i cori beceri che mi trafissero er core», racconterà l’ex allenatore delle Rondinelle che, al momentaneo 3-2 segnato da Roberto Baggio urla, direttamente ai tifosi bergamaschi: «Se pareggiamo, vengo sotto la curva», agitando il pugno al cielo. 

È proprio ciò che accadde: sotto lo sguardo attento di un giovane Pep Guardiola (era stato appena acquistato dal Brescia e si trovava in tribuna), un cross di Baggio allo scadere si trasforma in una conclusione e finisce, pigro, in fondo alla rete. Impazziscono i tifosi bresciani, impazzisce Mazzone. Corre e nessuno riesce a fermarlo, come se fosse una valanga di emozioni che ha come unico inesorabile obiettivo quello di schiantarsi contro la curva della Dea.

Espulsione, boato che celebra la sua uscita dal campo e cinque giornate di squalifica accumulate. Non male.

Mors tua vita mea, una storia in due atti. Stagione 2002-03, 31’ giornata di Serie B, va in scena un derby che, secondo molti, è il più sentito di tutto il calcio italiano: Genoa-Sampdoria. In una stagione che vedrà la Samp salire in A e il Genoa crollare in C (poi riammessa in B grazie al Caso Catania), i blucerchiati vincono 2-0. Durante il match la curva Sud (quella di fede doriana) espone uno striscione con il Baciccia (il simbolo della Sampdoria) e un’intestazione che recita: “Questo non è un arrivederci… è un addio”.

Lo striscione della Sud

I tifosi rossoblù non lo dimenticheranno. Vent’anni dopo la situazione si ribalta completamente: è ora la Sampdoria a trovarsi in gravi difficoltà amministrative e sportive, il Grifone vola in A e i blucerchiati sprofondano in B dopo un pesantissimo ultimo posto. 

Memori dell’addio di vent’anni prima, come si poteva celebrare il fallimento dei rivali? Con un funerale. Prima (e durante) la partita con il Bari che sancisce la promozione in A per il Grifone nell’ultima giornata di cadetteria, i tifosi genoani riempiono le strade della città con bare, preti, suore, croci, scheletri e chi più ne ha più ne metta. Genova diventa una sorta di via crucis del tifo blucerchiato

La cripta? Ovviamente Samp City, il negozio ufficiale della Sampdoria che, come tutte le vie di Genova, diventa teatro di una celebrazione che è la crème de la crème del banter: l’ultimo capitolo di una storia che (speriamo) possa dare nuova linfa vitale al banter in una delle rivalità più identitarie del calcio italiano. 

Siamo certi che i tifosi della Sampdoria, come anche tutti quelli delle altre squadre, abbiano imparato ad apprezzare la genialità intrinseca degli sfottò ricevuti. Di fatto, il banter, è competizione, proprio come quella in campo ma è, soprattutto, un aspetto fondamentale della dimensione ludica che è presente nello sport. È espressione della passione che proviamo e rende ogni singola partita un evento iconico e memorabile, arricchisce l’esperienza di tifo e permette di vivere momenti leggeri e coinvolgenti, facendoci sentire parte di una comunità solida e unita.