Il design alle Olimpiadi di Tokyo 2020

Rendering del progetto

A ormai più di una settimana dalla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Tokyo 2020, dopo essere stati sommersi dalle tematiche più chiacchierate riguardanti questa dibattuta edizione dei giochi mondiali, come l’organizzazione volta al contenimento dei contagi, l’introduzione di nuovi sport prima d’ora non ufficialmente riconosciuti o il commosso addio alle competizioni olimpiche di Federica Pellegrini, vogliamo cercare di analizzare l’evento anche da altri punti di vista capaci di offrire preziosi spunti di riflessione. Oltre ad aver sviluppato, in un precedente articolo, una lettura delle Olimpiadi secondo i fenomeni di costume nel corso della storia, abbiamo ora deciso di prendere in considerazione un eterogeneo insieme di casi che, coinvolti nella Tokyo sportiva, appartengono alla pratica della progettazione a tutto tondo: dall’architettura al prodotto, dal graphic design al più avanzato sviluppo ingegneristico e tecnologico. Il ruolo del progetto è infatti di primaria importanza per la realizzazione e, soprattutto, per la buona riuscita di eventi di questa portata. Non stupisce quindi che molti degli esempi che saranno qui analizzati hanno mosso i primi passi non pochi anni fa, a conferma della grande attenzione che si dedica alla progettazione di ogni singolo aspetto che, anche se apparentemente marginale, risulta determinante per le sorti dell’evento.

Iniziamo parlando di quello che è il concreto punto di riferimento per la XXXII edizione delle Olimpiadi, il luogo fulcro delle attività sportive e centro attorno al quale, nel resto della città, si distribuiscono i numerosi edifici ospitanti le singole discipline. Stiamo parlando dello Stadio Nazionale di Tokyo, frutto dell’esperienza dell’architetto nipponico Kengo Kuma, che per l’occasione ha espresso attraverso il suo “fare architettura” quello che è uno degli aspetti nevralgici dei Giochi del secondo decennio degli anni 2000: la sostenibilità. Se da un lato si tratta di un tema certamente ridondante negli ultimi tempi, dall’altro non ci deve stupire che sia alla base della progettazione della struttura simbolo dell’evento: trovandosi quasi sempre al centro dell’attenzione mediatica nelle vesti di main stage, deve necessariamente riuscire a rappresentare e comunicare gli intenti e i messaggi di cui gli organizzatori e lo stato ospitante si fanno promotori, in questo caso la sensibilizzazione alla sostenibilità ambientale. Lo stadio, commissionato all’architetto dal governo giapponese ben 6 anni fa, ha visto la sua inaugurazione nel corso del 2018. Sia l’integrazione con l’ambiente circostante insieme all’implementazione della natura nell’architettura, sia l’efficienza energetica della struttura, sono gli aspetti progettuali sfruttati per aderire al massimo alla missione della sostenibilità. La facciata dello stadio, infatti, è stata costruita sfruttando il legno raccolto dalle 47 prefetture del Giappone e attorno a tutto l’edificio sono stati piantati più di 47.000 alberi di piccole e medie dimensioni, attribuendo così allo stadio l’appellativo di “living tree”. Kengo Kuma ha inoltre voluto sviluppare un sistema di ventilazione completamente naturale che, al pari di quelli artificiali, riesce adeguatamente a garantire un ricircolo d’aria per rinfrescare le tribune e il campo sportivo, senza però gravare sui consumi energetici. Si tratta quindi di un’ulteriore opera in linea con quanto lui stesso ha dichiarato: “Spero che lo stadio dimostri quanto determinante sia essere in armonia con l’ambiente”.

Sempre legati al tema della sostenibilità, anche se ad una scala decisamente inferiore, sono i vari progetti di product design che abbiamo visto scendere in campo, e non solo, in queste Olimpiadi. All’interno del contesto prettamente sportivo troviamo, per esempio, le medaglie ideate da Junichi Kawaishi, i podi per le premiazioni progettati da Tokolo Asao e le torce olimpiche realizzate da Tokujin Yoshioka, il cui comune denominatore è il riutilizzo di materiali di scarto, altrimenti classificabili solo come rifiuti. Le oltre 5.000 medaglie sono state ricavate dai metalli riciclati degli smartphone dismessi nel corso di 2 anni in Giappone, mentre il podio dalla texture geometrica, su cui primo, secondo e terzo classificato della disciplina in gara salgono per la premiazione, è ottenuto stampando in 3D della plastica raccolta tra i rifiuti. Anche per quanto riguarda le torce, viene ripreso lo stesso obiettivo progettuale dato che per il 30% sono composte da alluminio recuperato dagli alloggi temporanei eretti in seguito all’emergenza sismica del 2011. Elegante e preziosa a livello formale, la torcia rimanda al “sakura”, ovvero il fiore di ciliegio. In realtà non si tratta dell’unico oggetto creato per i Giochi a rimandare chiaramente al mondo e alla cultura nipponica con l’intento di valorizzarla e omaggiarla, dato che lo stesso calderone della cerimonia di apertura, progettato dal celebre studio di design Nendo, vuole rappresentare il sole e l’energia vitale che infonde agli esseri umani, unendo magistralmente l’arte manifatturiera giapponese alla tecnologia.

Fuori dal campo ma nelle camere del villaggio olimpico troviamo, invece, i famigerati letti di cartone protagonisti di una vera e propria ondata mediatica. Anche in questo caso la sostenibilità è al centro del progetto: soddisfare la richiesta di 18.000 letti è una vera impresa che, sfruttando materiali come il cartone per la struttura e il polietilene successivamente riciclabile per il materasso, è stata brillantemente affrontata dai progettisti. Ad attirare l’attenzione di tutti sarebbe stato, però, il motivo secondario dietro l’insolita scelta di usare del cartone per produrre i letti. È stato comunicato, infatti, che l’utilizzo di un materiale non estremamente resistente (fatto poi smentito da numerosi atleti che hanno provato i letti) fosse deputato a disincentivare gli atleti dall’avere rapporti extra-sportivi, il tutto volto al controllo e al contenimento della situazione pandemica all’interno dell’evento.

Anche dal punto di vista grafico e di comunicazione, le Olimpiadi necessitano di un lavoro attento ed efficace. Oltre al protagonismo del logo che accompagna ogni edizione, esistono però altri prodotti grafici fondamentali. È il caso dei pittogrammi, quelle piccole icone che raffigurano, talvolta con fedeli rappresentazioni, ma anche con forme più stilizzate, tutte le discipline sportive in gara alle Olimpiadi. Oggi usati soprattutto nelle grafiche televisive durante le trasmissioni in diretta delle gare, devono riuscire a comunicare istantaneamente e con chiarezza lo sport che rappresentano, rimanendo sempre coerenti allo stile grafico e illustrativo di ogni edizione. I pittogrammi furono per la prima volta introdotti proprio durante le Olimpiadi di Tokyo 1964 e da quel momento non furono più abbandonati, andando incontro a un quadriennale rinnovamento stilistico che quest’anno li ha portati a omaggiare quelli originali della Tokyo degli anni ’60, offrendone una loro attualizzazione grazie al lavoro del team diretto dal designer Masaaki Hiromura.

Diamo un’occhiata, infine, a una delle massime espressioni dell’innovazione tecnologica che abbiamo avuto l’occasione di conoscere durante queste giornate sportive. La tecnologia in questa occasione non poteva che manifestarsi strizzando l’occhio allo sport e presentandosi nelle vesti di qualcosa di unico e stravagante. Stiamo parlando di CUE, il robot cestista di casa Toyota che ha fatto la sua comparsa ai Giochi durante l’intervallo di una partita di basket. Il robot è un vero tiratore dalle lunghe distanze poiché programmato per mettere a segno anche tiri da tre punti e da metà campo. CUE impiega circa 15 secondi per effettuare un tiro ma è dotato di una precisione mai vista prima d’ora, tanto che l’esemplare di terza generazione CUE3 ha ottenuto il Guinness World Record per aver realizzato 2.020 tiri liberi consecutivi senza mai sbagliare.

Sebbene questo non sia altro che un piccolo assaggio dei numerosissimi progetti che sono attualmente coinvolti nelle Olimpiadi di Tokyo 2020 dove, ad ogni angolo, possiamo intercettare edifici, installazioni o prodotti che meritano la nostra attenzione, abbiamo per lo meno avuto l’occasione di osservarne una panoramica che ha chiaramente evidenziato lo spirito sostenibile di queste Olimpiadi, in aggiunta ad una giusta dose di progresso e innovazione che, insieme, saranno alla base del nostro futuro.